Lecco e la sua storia: presentato il terzo e ultimo volume
Presentato il terzo e ultimo volume di “Lecco e la sua storia”, il grandioso progetto promosso dall’Associazione degli ex alunni del liceo classico “Manzoni” che per celebrare i propri cinquant’anni aveva appunto deciso di regalare alla città quella “Storia” che ancora mancava, affidandosi allo storico Angelo Borghi e cimentandosi in un’impresa durata anni e alla fine rivelatasi monumentale. Il primo volume, dalla preistoria al dominio visconteo, aveva visto la luce nel 2019; il secondo, dagli Sforza al dominio spagnolo, nel 2021; il terzo, dal domino spagnolo agli anni Cinquanta del Novecento, è appunto quello uscito ora e presentato ieri all’Officina Badoni.

Nell’introdurre l’incontro, il presidente degli ex alunni Glauco Cogliati ha appunto ricordato la genesi e l’evoluzione dell’iniziativa che, partendo da un progetto iniziale di un libro di duecento pagine, è arrivato a tre corposi tomi di complessive duemila pagine, delle quali ben 500 di bibliografia e indice dei nomi. Un impegno – ha aggiunto – reso possibile dal sostegno fondamentale arrivato dalla Fondazione comunitaria del Lecchese «che per noi è stata un’autentica mamma» e dalla grande passione, in particolare di Piergiorgio Mandelli, Cesare Furlani e Pietro Sala: «Senza di loro, nulla sarebbe accaduto». A progetto completato «non so se abbiamo fatto una tra le cose migliori di Lecco, ma senz’altro ci abbiamo messo tanta passione».
Da parte sua, Piergiorgio Mandelli ha ricordato un incontro con il cardinale Carlo Maria Martini che spiegava d’essersi fatto prete perché era una cosa bella, utile e difficile e ciò dovrebbe essere la bussola ogni volta che ci si trova di fronte a una scelta importante: «E quando come ex alunni ci siamo interrogati sull’opportunità di questo progetto, ci siamo appunto chiesti se fosse bello, utile e difficile. E le risposte sono state tre sì».

Ha poi spiegato come questo terzo volume sia dedicato alla memoria di don Giovanni Ticozzi, una delle figure più significative del Novecento lecchese, che del liceo “Manzoni” fu preside dal 1941 fino al 19 gennaio 1958, quando un malore improvviso lo stroncava proprio nel suo ufficio di presidenza.

E se a introdurre il primo volume era stato l’ex alunno Angelo Scola (cardinale, già patriarca di Venezia e arcivescovo di Milano) e il secondo dall’ex alunno Andrea Vitali (il celebre scrittore bellanese), per questo terzo volume si è voluto ricorrere proprio alle parole di don Ticozzi. Non è dunque un’introduzione, ma una postfazione con due brani tratti da “Frammenti di vita”, il volume pubblicato nel 1959 a un anno dalla morte del sacerdote e ristampato nel 2008 in forma anastatica proprio dalla stessa associazione degli ex alunni. Uno dei brani è la testimonianza del sacerdote sugli arresti degli operai lecchesi da parte dei nazifascisti per gli scioperi del 7 marzo 1944: «Ricordo molto bene quel triste giorno in cui, recandomi alla mia scuola, ho visto passare, legati assieme come malfattori e sorvegliati da brutti ceffi armati, i nostri operai, destinati alla deportazione e alla morte! E uno di loro, vedendomi mi rivolse questa frase in dialetto: “El ved, don Gioàn, come sem consciaa?”».

La presidente della Fondazione comunitaria del Lecchese Maria Grazia Nasazzi (ricordando peraltro come l’impegno dati già dalla presidenza di Romano Negri) ha sottolineato come questa “Storia di Lecco” sia frutto di una grande collaborazione, di grande professionalità e appunto anche di tanta passione «ed è un lavoro che ci insegna come occorra scavare e andare fino in fondo, perché la storia ci dice molto di noi e l’oggi di Lecco vive di questa storia e la Fondazione è orgogliosa di far parte di questa storia».
Nel merito dell’opera, a corredo del grande lavoro di Borghi, il volume raccoglie anche i contributi di Paolo Bartesaghi, Edmondo Sala, Cesare Furlani, Adriana Baruffini e di un gruppo di studenti dello stesso liceo “Manzoni” coordinati dalla professoressa Laura Polo D’Ambrosio: si tratta di Carlotta Maggi Castagna, Marco Evangelista. Martina Viglienghi, Edoardo Spreafico, Tommaso Molteni, Francesco Peruzzi.

E’ quindi intervenuto l’editore Paolo Cattaneo che, tra le altre cose, ha annunciato un ambizioso progetto per il prossimo futuro che, pur senza entrare nei dettagli, vorrà essere l’occasione per fare un po’ di pace tra le associazioni culturali lecchesi che sono un po’ troppo divise tra loro: fare dunque qualcosa assieme, con gli storici che dovranno fare i critici e viceversa.

E’ stata poi la volta di Borghi che, rispondendo a una domanda di Mandelli, ha spiegato come, nel fare ricerca storica, siano ancora necessarie gli “arnesi” d’un tempo: internet aiuta per il 10%, qualche volta un po’ di più, ma le notizie si trovano pur sempre negli archivi: comunali, parrocchiali, statali. Per quanto ancora ci si scontri con problemi di organizzazione e burocrazia.

Per sintetizzare il libro, ha poi scelto di seguire le tracce di alcune figure femminili importanti della storia lecchese, citando peraltro la scrittrice Sibilla Aleramo e la sua storia d’amore con il poeta Salvatore Quasimodo che si sviluppò anche a Lecco. E ricordando le poetesse Antonia Pozzi (milanese ma legata alla casa di villeggiatura di Pasturo e alle montagne lecchesi) e Piera Badoni (una delle figlie del grande imprenditore Giuseppe Riccardo): «Nella loro opera c’erano già i temi che noi abbiamo poi vissuto negli anni Settanta con il movimento femminista, temi che sono poi arrivati fino a oggi. Ma nel Lecchese, antesignane di quel movimento furono nel Settecento Maria Gaetana Agnesi che soggiornava a Montevecchia e fu una grande matematica che mise a disposizione i suoi beni per i fondi di carità; la poetessa originaria di Barzio e che visse a Cereda dove morì di parto. L’una e l’altra furono bambine-prodigio».

Ne seguirono poi altre, più alla nostra portata: «Tante donne che aiutano i mariti sul lavoro, nel mandare avanti l’impresa quando sta per fallire o quando il marito si ammala. Per esempio, una ditta che esiste ancora, a Buenos Aires, la “Nacional”: era stata fondata da Ugo Spreafico, originario di San Giovanni che era uno dei tanti nostri emigrati in Argentina e che ha avuto qualche infortunio: è stata appunto la moglie a mandare avanti l’azienda. A fine secolo vengono a Lecco e lui muore qui. Lei torna in Argentina ma ogni continua a mandare assegni per opere di beneficenza. E’ un esempio della ricchezza di questa città».

E per il periodo del fascismo come dimenticare quanto hanno fatto le donne, anche tante ragazzine? E il ricordo, in particolare, è andato a Francesca “Vera” Ciceri, arrestata e condannata ad anni di carcere, e a Giancarla Pessina che in tempo di guerra era solo una ragazzina, ma aveva un fratello partigiano e la madre fu alla guida della protesta che nel 1942 portò le donne a manifestare davanti al commissariato per il prezzo del pane.

Finita la guerra, spuntano altre figure, «donne che non si occupano più di semplice carità, ma fanno un salto di qualità»: le sorelle Zaira e Giaele Spreafico con “La Nostra Famiglia”: hanno fatto qualcosa che allora non era senso comune, come l’aiuto ai disabili, ai bambini malati. E poi c’erano gli orfanatrofi, uno dei quali fondato di donne provenienti da due famiglie facoltose, Riva e Gilardi, figlie di industriali che hanno impiegato la loro dote per gli orfani. Ed è venuta poi la Casa dei ragazzi di Albertina Negri, avviata su iniziativa di don Teresio Ferraroni che tanto ha fatto per Lecco. Era, all’origine, in una casa del senatore Pietro Amigoni, una persona di grande cuore. Come lui c’erano Ezio Vigorelli, avvocato, esule durante il fascismo e ritornato per combattere nella Resistenza in Val d’Ossola dove perse due figli e negli anni Cinquanta divenne ministro del lavoro e inventò gli Enti comunali di assistenza perché non ci fossero più elemosine e beneficenza bensì istituzioni pubbliche che funzionassero e che perciò la solidarietà fosse a carico dell’intera comunità. E con lui Enrico Falck…

La presentazione è stata conclusa da una sorta di dialogo poetico tra Antonia Pozzi e Piera Badoni curato da Gianfranco Scotti.
I relatori intervenuti sabato pomeriggio alla presentazione
Nell’introdurre l’incontro, il presidente degli ex alunni Glauco Cogliati ha appunto ricordato la genesi e l’evoluzione dell’iniziativa che, partendo da un progetto iniziale di un libro di duecento pagine, è arrivato a tre corposi tomi di complessive duemila pagine, delle quali ben 500 di bibliografia e indice dei nomi. Un impegno – ha aggiunto – reso possibile dal sostegno fondamentale arrivato dalla Fondazione comunitaria del Lecchese «che per noi è stata un’autentica mamma» e dalla grande passione, in particolare di Piergiorgio Mandelli, Cesare Furlani e Pietro Sala: «Senza di loro, nulla sarebbe accaduto». A progetto completato «non so se abbiamo fatto una tra le cose migliori di Lecco, ma senz’altro ci abbiamo messo tanta passione».

Pier Giorgio Mandelli
Ha poi spiegato come questo terzo volume sia dedicato alla memoria di don Giovanni Ticozzi, una delle figure più significative del Novecento lecchese, che del liceo “Manzoni” fu preside dal 1941 fino al 19 gennaio 1958, quando un malore improvviso lo stroncava proprio nel suo ufficio di presidenza.
E se a introdurre il primo volume era stato l’ex alunno Angelo Scola (cardinale, già patriarca di Venezia e arcivescovo di Milano) e il secondo dall’ex alunno Andrea Vitali (il celebre scrittore bellanese), per questo terzo volume si è voluto ricorrere proprio alle parole di don Ticozzi. Non è dunque un’introduzione, ma una postfazione con due brani tratti da “Frammenti di vita”, il volume pubblicato nel 1959 a un anno dalla morte del sacerdote e ristampato nel 2008 in forma anastatica proprio dalla stessa associazione degli ex alunni. Uno dei brani è la testimonianza del sacerdote sugli arresti degli operai lecchesi da parte dei nazifascisti per gli scioperi del 7 marzo 1944: «Ricordo molto bene quel triste giorno in cui, recandomi alla mia scuola, ho visto passare, legati assieme come malfattori e sorvegliati da brutti ceffi armati, i nostri operai, destinati alla deportazione e alla morte! E uno di loro, vedendomi mi rivolse questa frase in dialetto: “El ved, don Gioàn, come sem consciaa?”».
Maria Grazia Nasazzi
La presidente della Fondazione comunitaria del Lecchese Maria Grazia Nasazzi (ricordando peraltro come l’impegno dati già dalla presidenza di Romano Negri) ha sottolineato come questa “Storia di Lecco” sia frutto di una grande collaborazione, di grande professionalità e appunto anche di tanta passione «ed è un lavoro che ci insegna come occorra scavare e andare fino in fondo, perché la storia ci dice molto di noi e l’oggi di Lecco vive di questa storia e la Fondazione è orgogliosa di far parte di questa storia».
Nel merito dell’opera, a corredo del grande lavoro di Borghi, il volume raccoglie anche i contributi di Paolo Bartesaghi, Edmondo Sala, Cesare Furlani, Adriana Baruffini e di un gruppo di studenti dello stesso liceo “Manzoni” coordinati dalla professoressa Laura Polo D’Ambrosio: si tratta di Carlotta Maggi Castagna, Marco Evangelista. Martina Viglienghi, Edoardo Spreafico, Tommaso Molteni, Francesco Peruzzi.
Paolo Cattaneo
E’ quindi intervenuto l’editore Paolo Cattaneo che, tra le altre cose, ha annunciato un ambizioso progetto per il prossimo futuro che, pur senza entrare nei dettagli, vorrà essere l’occasione per fare un po’ di pace tra le associazioni culturali lecchesi che sono un po’ troppo divise tra loro: fare dunque qualcosa assieme, con gli storici che dovranno fare i critici e viceversa.
Angelo Borghi
E’ stata poi la volta di Borghi che, rispondendo a una domanda di Mandelli, ha spiegato come, nel fare ricerca storica, siano ancora necessarie gli “arnesi” d’un tempo: internet aiuta per il 10%, qualche volta un po’ di più, ma le notizie si trovano pur sempre negli archivi: comunali, parrocchiali, statali. Per quanto ancora ci si scontri con problemi di organizzazione e burocrazia.
Per sintetizzare il libro, ha poi scelto di seguire le tracce di alcune figure femminili importanti della storia lecchese, citando peraltro la scrittrice Sibilla Aleramo e la sua storia d’amore con il poeta Salvatore Quasimodo che si sviluppò anche a Lecco. E ricordando le poetesse Antonia Pozzi (milanese ma legata alla casa di villeggiatura di Pasturo e alle montagne lecchesi) e Piera Badoni (una delle figlie del grande imprenditore Giuseppe Riccardo): «Nella loro opera c’erano già i temi che noi abbiamo poi vissuto negli anni Settanta con il movimento femminista, temi che sono poi arrivati fino a oggi. Ma nel Lecchese, antesignane di quel movimento furono nel Settecento Maria Gaetana Agnesi che soggiornava a Montevecchia e fu una grande matematica che mise a disposizione i suoi beni per i fondi di carità; la poetessa originaria di Barzio e che visse a Cereda dove morì di parto. L’una e l’altra furono bambine-prodigio».
Gianfranco Scotti
Ne seguirono poi altre, più alla nostra portata: «Tante donne che aiutano i mariti sul lavoro, nel mandare avanti l’impresa quando sta per fallire o quando il marito si ammala. Per esempio, una ditta che esiste ancora, a Buenos Aires, la “Nacional”: era stata fondata da Ugo Spreafico, originario di San Giovanni che era uno dei tanti nostri emigrati in Argentina e che ha avuto qualche infortunio: è stata appunto la moglie a mandare avanti l’azienda. A fine secolo vengono a Lecco e lui muore qui. Lei torna in Argentina ma ogni continua a mandare assegni per opere di beneficenza. E’ un esempio della ricchezza di questa città».
E per il periodo del fascismo come dimenticare quanto hanno fatto le donne, anche tante ragazzine? E il ricordo, in particolare, è andato a Francesca “Vera” Ciceri, arrestata e condannata ad anni di carcere, e a Giancarla Pessina che in tempo di guerra era solo una ragazzina, ma aveva un fratello partigiano e la madre fu alla guida della protesta che nel 1942 portò le donne a manifestare davanti al commissariato per il prezzo del pane.
Glauco Cogliati
Finita la guerra, spuntano altre figure, «donne che non si occupano più di semplice carità, ma fanno un salto di qualità»: le sorelle Zaira e Giaele Spreafico con “La Nostra Famiglia”: hanno fatto qualcosa che allora non era senso comune, come l’aiuto ai disabili, ai bambini malati. E poi c’erano gli orfanatrofi, uno dei quali fondato di donne provenienti da due famiglie facoltose, Riva e Gilardi, figlie di industriali che hanno impiegato la loro dote per gli orfani. Ed è venuta poi la Casa dei ragazzi di Albertina Negri, avviata su iniziativa di don Teresio Ferraroni che tanto ha fatto per Lecco. Era, all’origine, in una casa del senatore Pietro Amigoni, una persona di grande cuore. Come lui c’erano Ezio Vigorelli, avvocato, esule durante il fascismo e ritornato per combattere nella Resistenza in Val d’Ossola dove perse due figli e negli anni Cinquanta divenne ministro del lavoro e inventò gli Enti comunali di assistenza perché non ci fossero più elemosine e beneficenza bensì istituzioni pubbliche che funzionassero e che perciò la solidarietà fosse a carico dell’intera comunità. E con lui Enrico Falck…
La presentazione è stata conclusa da una sorta di dialogo poetico tra Antonia Pozzi e Piera Badoni curato da Gianfranco Scotti.
D.C.