Lecco: da oggi c'è 'via Ugo Merlini'. 'Per gli alpini non esiste l’impossibile'
Intitolata al “presidentissimo” degli alpini Ugo Merlini una strada cittadina. Per la precisione, è stato rinominato il tratto di via Cantarelli tra la via XI Febbraio e l’incrocio con le vie Tubi e Pascoli, proprio dove sorge lo stadio comunale.
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La cerimonia si è tenuta questo pomeriggio – 15 febbraio – con la partecipazione di un folto numero di penne nere, di molti gruppi alpini non solo della provincia, di tanti sindaci del territorio e l’accompagnamento musicale da parte della fanfara degli alpini di Asso.
Ugo Merlini, nato nel 1919 e morto in un tragico incidente stradale in Engadina nel 1971, era un alpino sopravvissuto alla campagna di Russia dove pure era stato ferito nella celebre battaglia di Nikolaewka e nel dopoguerra aveva guidato dal 1945 al 1965 la sezione lecchese dell’Associazione alpini per poi diventare presidente nazionale, ricoprendo la carica dal 1961 fino appunto alla morte nel 1971. La figura dell’uomo e della penna nera era già stata ricordata la scorsa settimana in una serata a più voci tenutasi alla Sala Ticozzi.
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Oggi pomeriggio, invece, si è tenuta la cerimonia ufficiale dell’intitolazione, con lo scoprimento della targa toponomastica a conclusione di un iter che era stato avviato nel corso del mandato amministrativo del precedente sindaco Virginio Brivio, in collaborazione con l’allora presidente degli alpini lecchesi Marco Magni, arrivando a oggi con il primo cittadino Mauro Gattinoni e il numero uno delle penne nere Emiliano Invernizzi.
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La manifestazione è stata aperta presentando una sintetica biografia di Merlini da parte del giornalista Gigi Riva.
Ha poi preso la parola il sindaco Gattinoni che ha parlato di una responsabilità storica ed etica della città quella di dedicare uno spazio a Merlini, riconoscendo in tal mondo non solo le caratteristiche di un singolo, ma quanto abbia fatto per la comunità ed è un tributo che la città rende a tutte le penne nere per la disponibilità incondizionata che dimostrano in occasione delle situazioni di emergenza, per l’impegno della protezione civile, per la cura del territorio con la manutenzione dei sentieri, per il patrimonio valoriale, culturale e spirituale e basti pensare ai canti alpini che tutti conosciamo, ma anche per la simpatia e la bellezza delle relazioni schiette.
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Scoprire la targa toponomastica – ha poi proseguito il primo cittadino - «non è solo indicare una strada, ma anche indicare una via che è quella dell’unità e della generosità, dell’impresa coraggiosa di sognare in grande».
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Da parte sua, il consigliere provinciale Antonio Pasquini ha parlato di Ugo Merlini come di una figura di spicco non solo per gli alpini lecchesi, ringraziando l’Ana per la presenza costante sul nostro territorio, in caso di disastri naturali o per tutto quanto hanno fatto durante il periodo della pandemia di covid: con il loro spirito di sacrificio, con il loro altruismo, con il senso dell’amicizia, «gli alpini rappresentano l’Italia migliore. Avete dimostrato di esserci sempre senza mai chiedere nulla in cambio. Grazie, dunque, per aiutarci a rinnovare ogni giorno il senso della Patria».
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La figlia di Ugo Merlini, Luisa, accompagnata tra tre giovanissimi pronipoti del “presidentissimo”, ha quindi ringraziato a nome dei famigliari l’amministrazione comunale e tutti gli alpini per la decisione di intitolare una strada alla memoria del padre. Tra i famigliari, tra l’altro, era anche presente Marco Merlini, fratello di Ugo.
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La cerimonia ufficiale è proseguita con l’intervento del colonnello Riccardo Venturini, comandante del V Reggimento Alpini, quello che comprende il battaglione Morbegno del quale fu un ufficiale proprio Ugo Merlini «che noi alpini in armi ricordiamo come figura importante da non dimenticare e far conoscere ai giovani. Ogni giorno, esorto i miei alpini a vivere il presente, ma anche a non trascurare quelle tradizioni che non subiscono il variare delle stagioni come quelle dei valori alpini».
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Il presidente dell’Ana lecchese Invernizzi ha quindi parlato dell’intitolazione della strada come di un’occasione per studiare la figura di Merlini che rappresenta quegli alpini che combatterono nella seconda guerra mondiale e quando tornarono a casa si misero a ricostruire l’Italia: in famiglia, nella società civile, sul lavoro, nell’economia, nella stessa Associazione alpini. E oggi dobbiamo ricostruire nuovamente l’Italia, seguendo il loro insegnamento. Perché «dobbiamo porre un argine alla battaglia in corso nella società civile».
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Sul palco è poi salito il presidente nazionale dell’Ana, Sebastiano Favero: «Oggi è un bel giorno, importante per tutti noi: una strada viene dedicata a uno dei nostri, a uno di noi, uno che ha avuto la forza e il coraggio prima di tornare a baita, e cioè a casa come siamo soliti dire noi, dalla Russia. Con quello che ha significato. Voglio ricordare un episodio del 1995 quando accompagnavo sui quei luoghi l’allora presidente dell’Ana Nardo Caprioli: lo vidi inginocchiarsi e piangere sulla collina di Varvarovka. Quelli che sono tornati non si sono fermati, ma hanno testimoniato la loro sofferenza e hanno fatto quello che andava fatto in quel momento e cioè la Resistenza con le “Fiamme Verdi”. Finita la guerra, si riprese il lavoro, si pensò alla ricostruzione». Quella generazione di alpini «ci hanno lasciato valori di solidarietà», ricordandoci «che per gli alpini non esiste l’impossibile e questo è il segreto degli alpini. Quindi, avanti senza paura. Siamo uomini in grado di dare ed è un valore che vogliamo trasmettere ai giovani».
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La parte dei discorsi ufficiali è stata chiusa dal prefetto Sergio Pomponio: «Gli alpini non invecchiano mai. Il loro senso della Patria e delle tradizioni è un senso di appartenenza immortale. Merlini riuscì, nell’immediato dopoguerra, a riorganizzare una realtà che era dispersa, avendo avuto anche il merito di riuscire a far emergere le particolarità dei gruppi e dei singoli. Un merito riconosciutogli da tutti gli alpini e non solo da quelli lecchesi. E’ una storia bella degli anni Sessanta, è una storia d’Italia. Credo che nessuno, nemmeno fuori d’Italia, possa vantare una tradizione come la vostra che nasce dal cuore del Paese e al cuore del Paese torna».
Si è poi proceduto allo scoprimento della targa da parte di Luisa Merlini e del presidente Invernizzi e la benedizione da parte del prevosto monsignor Bortolo Uberti.
La cronaca della giornata fa registrare anche un partecipante alla manifestazione colto da malore, immediatamente soccorso da un medico presente e poi portato in ambulanza all’ospedale.
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La cerimonia si è tenuta questo pomeriggio – 15 febbraio – con la partecipazione di un folto numero di penne nere, di molti gruppi alpini non solo della provincia, di tanti sindaci del territorio e l’accompagnamento musicale da parte della fanfara degli alpini di Asso.
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Oggi pomeriggio, invece, si è tenuta la cerimonia ufficiale dell’intitolazione, con lo scoprimento della targa toponomastica a conclusione di un iter che era stato avviato nel corso del mandato amministrativo del precedente sindaco Virginio Brivio, in collaborazione con l’allora presidente degli alpini lecchesi Marco Magni, arrivando a oggi con il primo cittadino Mauro Gattinoni e il numero uno delle penne nere Emiliano Invernizzi.
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La manifestazione è stata aperta presentando una sintetica biografia di Merlini da parte del giornalista Gigi Riva.
Ha poi preso la parola il sindaco Gattinoni che ha parlato di una responsabilità storica ed etica della città quella di dedicare uno spazio a Merlini, riconoscendo in tal mondo non solo le caratteristiche di un singolo, ma quanto abbia fatto per la comunità ed è un tributo che la città rende a tutte le penne nere per la disponibilità incondizionata che dimostrano in occasione delle situazioni di emergenza, per l’impegno della protezione civile, per la cura del territorio con la manutenzione dei sentieri, per il patrimonio valoriale, culturale e spirituale e basti pensare ai canti alpini che tutti conosciamo, ma anche per la simpatia e la bellezza delle relazioni schiette.
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Scoprire la targa toponomastica – ha poi proseguito il primo cittadino - «non è solo indicare una strada, ma anche indicare una via che è quella dell’unità e della generosità, dell’impresa coraggiosa di sognare in grande».
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Antonio Pasquini
Da parte sua, il consigliere provinciale Antonio Pasquini ha parlato di Ugo Merlini come di una figura di spicco non solo per gli alpini lecchesi, ringraziando l’Ana per la presenza costante sul nostro territorio, in caso di disastri naturali o per tutto quanto hanno fatto durante il periodo della pandemia di covid: con il loro spirito di sacrificio, con il loro altruismo, con il senso dell’amicizia, «gli alpini rappresentano l’Italia migliore. Avete dimostrato di esserci sempre senza mai chiedere nulla in cambio. Grazie, dunque, per aiutarci a rinnovare ogni giorno il senso della Patria».
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La figlia Luisa Merlini con i pronipoti di Ugo
La figlia di Ugo Merlini, Luisa, accompagnata tra tre giovanissimi pronipoti del “presidentissimo”, ha quindi ringraziato a nome dei famigliari l’amministrazione comunale e tutti gli alpini per la decisione di intitolare una strada alla memoria del padre. Tra i famigliari, tra l’altro, era anche presente Marco Merlini, fratello di Ugo.
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Il Colonnello Riccado Venturini
La cerimonia ufficiale è proseguita con l’intervento del colonnello Riccardo Venturini, comandante del V Reggimento Alpini, quello che comprende il battaglione Morbegno del quale fu un ufficiale proprio Ugo Merlini «che noi alpini in armi ricordiamo come figura importante da non dimenticare e far conoscere ai giovani. Ogni giorno, esorto i miei alpini a vivere il presente, ma anche a non trascurare quelle tradizioni che non subiscono il variare delle stagioni come quelle dei valori alpini».
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Emiliano Invernizzi
Il presidente dell’Ana lecchese Invernizzi ha quindi parlato dell’intitolazione della strada come di un’occasione per studiare la figura di Merlini che rappresenta quegli alpini che combatterono nella seconda guerra mondiale e quando tornarono a casa si misero a ricostruire l’Italia: in famiglia, nella società civile, sul lavoro, nell’economia, nella stessa Associazione alpini. E oggi dobbiamo ricostruire nuovamente l’Italia, seguendo il loro insegnamento. Perché «dobbiamo porre un argine alla battaglia in corso nella società civile».
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Sebastiano Favero
Sul palco è poi salito il presidente nazionale dell’Ana, Sebastiano Favero: «Oggi è un bel giorno, importante per tutti noi: una strada viene dedicata a uno dei nostri, a uno di noi, uno che ha avuto la forza e il coraggio prima di tornare a baita, e cioè a casa come siamo soliti dire noi, dalla Russia. Con quello che ha significato. Voglio ricordare un episodio del 1995 quando accompagnavo sui quei luoghi l’allora presidente dell’Ana Nardo Caprioli: lo vidi inginocchiarsi e piangere sulla collina di Varvarovka. Quelli che sono tornati non si sono fermati, ma hanno testimoniato la loro sofferenza e hanno fatto quello che andava fatto in quel momento e cioè la Resistenza con le “Fiamme Verdi”. Finita la guerra, si riprese il lavoro, si pensò alla ricostruzione». Quella generazione di alpini «ci hanno lasciato valori di solidarietà», ricordandoci «che per gli alpini non esiste l’impossibile e questo è il segreto degli alpini. Quindi, avanti senza paura. Siamo uomini in grado di dare ed è un valore che vogliamo trasmettere ai giovani».
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Sergio Pomponio
La parte dei discorsi ufficiali è stata chiusa dal prefetto Sergio Pomponio: «Gli alpini non invecchiano mai. Il loro senso della Patria e delle tradizioni è un senso di appartenenza immortale. Merlini riuscì, nell’immediato dopoguerra, a riorganizzare una realtà che era dispersa, avendo avuto anche il merito di riuscire a far emergere le particolarità dei gruppi e dei singoli. Un merito riconosciutogli da tutti gli alpini e non solo da quelli lecchesi. E’ una storia bella degli anni Sessanta, è una storia d’Italia. Credo che nessuno, nemmeno fuori d’Italia, possa vantare una tradizione come la vostra che nasce dal cuore del Paese e al cuore del Paese torna».
La cronaca della giornata fa registrare anche un partecipante alla manifestazione colto da malore, immediatamente soccorso da un medico presente e poi portato in ambulanza all’ospedale.
D.C.