Lecco, don Bortolo: 'Jenny, un guscio fragile in mezzo al mare'. E scuote comunità e giovani, 'la vita non è un reel'

Don Bortolo Uberti non ha sprecato l'occasione. Con un linguaggio semplice, attraverso una suggestione tratta dalle Letture, nel corso del rito funebre officiato in Basilica, ha proposto un'omelia che merita di essere letta integralmente a qualsiasi età, anche da chi non conosceva Jennifer Alcani.
Un'omelia che, nel cercare di portare consolazione a famigliari e amici della tredicenne, diventa poi manifesto per l'intera comunità e monito per una generazione.  

Di seguito la trascrizione:

Da questa pagina di Vangelo ho raccolto l'immagine della barca in mezzo al mare. Penso a Jenny come a una barca con il vento contrario. Un piccolo guscio, fragile, vulnerabile nel mare in tempesta. Perché probabilmente era così Jennifer, anche se all'apparenza era forte, era esuberante, era piena di vita. Ma la penso come un guscio nella tempesta, una barca con il vento contrario. E se siamo qui è perché la rotta della vita di Jennifer non ha raggiunto quel porto che lei sognava. Quella rotta si è improvvisamente interrotta, il guscio si è spezzato. E noi non riusciamo a farcene una ragione. Non c'è un perché alla vita che si spezza, ad una barca che affonda appena sta per prendere il largo. Ma siamo qui innanzi tutto a chiedere a Dio, che è amico, amico vero di tutti, a Gesù che è fratello e compagno di viaggio di ciascuno, di dire a Jennifer quelle parole che diceva ai suoi discepoli, “non avere paura, coraggio”. E questa parola è rivolta alla mamma, al papà, ai famigliari, agli amici, a tutti noi: coraggio, non abbiate paura. In questo momento Dio prende Jennifer per mano la fa approdare al porto. Non a quello che lei immaginava, ma al porto di una vita che non ha fine, eterna. Siamo qui perché sulla barca di Dio, Jenny viva per sempre. E vogliamo pensarla, sentirla, così sulla barca di Dio, viva per sempre. La mettiamo oggi, nelle sue mani, perché la coccoli, la custodisca, le stia vicino. Perché davvero possa navigare nei cieli eterni.
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Ma questa pagina di Vangelo parla a ciascuno di noi, perché ci dice che su quella barca non si naviga da soli, si è insieme. E allora in questo momento il pensiero va in modo speciale ai genitori, a coloro che volevano bene a Jenny, perché continuino a essere uniti, a sostenersi reciprocamente, da soli non si può sostenere un dramma così. Bisogna che cresca l'amicizia vera, la solidarietà fraterna. Bisogna che ci si voglia bene. Ci si senta uniti. Certamente niente e nessuno colmerà il vuoto che Jenny lascia nei vostri cuori. Quel vuoto rimane. Ci dovete fare i conti, ma non dovete sentirvi soli. 

E questa vicenda di Jenny, la sua vita, il suo volto, è una parola che parla a tutti: parla alla nostra città, ad ogni comunità. Oggi sentiamo vero quel proverbio che dice “per educare un figlio ci vuole un villaggio”. Ed è così. E necessario tessere reti di relazioni, sinergie, alleanze educative. Jenny ci dice che una famiglia da sola non può bastare. Bisogna che tra le famiglie, si crei condivisione. Che  tra le famiglie, la scuola, le istituzioni, le comunità cristiane si crei un'alleanza, per essere vicini, accompagnare questi ragazzi, queste giovani generazioni. La società tutta, insieme, deve poter dire a ogni ragazzo “io per te ci sono”, “noi ci siamo, siamo disposti ad ascoltarvi, ad accompagnarvi, a sostenervi nelle vostre inquietudini, nelle vostre domande, nei vostri sogni, nelle attese più grandi che avete nel cuore. E' urgente una alleanza educativa, che faccia percepire la verità di questa parola a ogni ragazzo, ogni adolescente, ogni giovane: “non sei solo su quella barca, ci siamo, ci sono”.
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E poi questa pagina di Vangelo, la vita di Jenny, è una parola rivolta a tutti i ragazzi, ai giovani. Non vi rimanga soltanto il ricordo di Jenny, rimanga qualcosa in più: la sua vita diventi un messaggio per ciascuno di voi. La sua vita vi ponga una domanda grande: ho consapevolezza che la vita è un dono meraviglioso ma è estremamente fragile? E' qualcosa di affascinante, di grande, ma basta poco perché si infranga, si spezzi. All'età di Jenny, all'età dei giovani qui presenti, la vita sembra immortale, vi sentite forti. La vita non è un video sui social, non è un reel che alla fine in pochi secondi ricomincia sempre da capo. La vita non conosce la scritta game over.  La vita è unica, la dovete custodire. La dovete rendere meravigliosa. Dovete farne un capolavoro. E per questo dovete chiedervi “ma io questa cosa qui perché la faccio?”, “io questa cosa qui per chi la faccio?”, “per chi spendo la mia vita?”, “come cerco la felicità?”. La felicità non sta nell'apparenza, nel consenso, nei follower o nei like. La vita, vera, non è lì. La vita vera è quando navigate insieme verso un porto che sognate e faticate per raggiungere questo porto e affrontate le avversità, il vento contrario. Bisogna imparare a distinguere il reale dal virtuale. La felicità non sta nella trasgressione ma nel costruire affetti veri e sinceri, profondi. A costruire amicizie solo fondamentali, importanti, che siano amicizie che facciano crescere, che insegnano il bello, il buone, il vero. 

Sarebbe troppo facile dire che Jenny è stata sfortunata. Poteva andare diversamente ma io chiedo a tutti i ragazzi di non pensare “lei è stata sfortunata, io non lo sarò”, “a me andrà bene”. Non pensatelo, fareste un torno a Jenny. Vogliamo navigare insieme, vogliamo stare sulla stessa barca insieme, anche nei momenti burrascosi, come questo. Ma vogliamo avere la certezza che Jenny lascia a ciascuno di noi un compito, quello di vivere anche per lei. Sarebbe bello che ognuno di voi dica “Jenny io vivrò per te, un pezzetto della mia vita sarà tuo, quello che farò lo farò anche nel tuo nome”. E allora questo momento diventa una promessa, questo ricordo diventa un progetto di vita. Allora davvero Jennifer non se ne va, continuerà a essere qui e voi la sentirete vicina, vi accompagnerà ogni giorno.
A.M.
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