Calolzio: cinque giorni nel 'deserto' della Terra Santa. L'esperienza di Fabio Mastroberardino
Ciò che più lo ha impressionato è il deserto, il senso di abbandono, il "vuoto" scavato in un angolo di mondo da una guerra che, forse, solo ora sta raggiungendo una fase di tregua, con la liberazione dei primi ostaggi teoricamente prevista a breve. Fabio Mastroberardino è tornato in Terra Santa. Lo ha fatto nel periodo a cavallo tra la fine del 2024 e l'inizio del nuovo anno, in un periodo che solitamente - o almeno così è stato fino al 2023 - brulica di pellegrini in cammino tra i luoghi per eccellenza della fede cristiana, per visitare i quali sono necessarie ore di attesa in coda.
"Che cosa fanno ora? Resistono…" ci ha raccontato Mastroberardino, che questa volta ha potuto fermarsi in Terra Santa solo per cinque notti e dunque non ha avuto modo di rendersi ancora operativo tra manutenzioni e altri lavori manuali, limitandosi a vivere un'esperienza di preghiera, fermandosi soprattutto a Gerusalemme.
"Ho sofferto molto, specialmente nel vedere l'assoluta assenza di pellegrini cristiani. Gli unici presenti alla Basilica della Natività di Betlemme eravamo io e don Paolo (Zago, parroco di Gorgonzola e guida ufficiale sul posto, con cui aveva già viaggiato in precedenza, ndr), ma non è andata diversamente in quella del Santo Sepolcro di Gerusalemme. È stato davvero impressionante, ma del resto a causa della guerra nessun cristiano frequenta più quei luoghi. E quelli che ci vivono sono allo stremo, soprattutto nelle zone che fondavano la loro economia sull'attività delle strutture ricettive, sui servizi di trasporto e sugli esercizi commerciali destinati ai visitatori. Per dare un'idea più chiara della situazione, è come se andando in pellegrinaggio a Roma si entrasse nella Basilica di San Pietro in Vaticano e la si trovasse completamente vuota".
Il Natale, insomma, non si è sentito. Ed è una novità che ha fatto paura alla popolazione del posto, vittima di una crisi umanitaria, sociale ed economica che, oltre a rendere precario il presente, rischia di complicare non poco - se non di cancellare del tutto - il futuro di tanti bambini e giovani di oggi.
"La situazione è grave, chiaramente sentono sulla loro pelle le conseguenze di ciò che sta succedendo e rimangono molto più "chiuse" nel loro piccolo mondo, pur essendo in buoni rapporti con tutto il territorio circostante grazie all'asilo e alle altre attività di cui si fanno carico" ha proseguito il calolziese tornando a fare riferimento alle suore del convento citato in precedenza, da lui ben conosciuto, trovatesi a vivere in una condizione purtroppo comune a tanti. "Ascoltare le loro sensazioni sul momento attuale è stato un passaggio forte per me. La speranza, chiaramente, è che la guerra finisca presto" ha aggiunto, citando anche la testimonianza di Ronny, un palestinese cristiano titolare a Betlemme di un negozio di arte sacra aperto dal nonno nel lontano 1927, che non aveva mai visto tanto vuoto quanto quest'anno, neanche con il Covid o le guerre del passato.
E come nell'agosto 2023 - quando dichiarava che riteneva fondamentale "cercare di conoscere ciò che sta alla base del conflitto tra Palestina e Israele, ma sospendendo poi il giudizio, senza schierarsi" - anche oggi Mastroberardino ha un suo pensiero ben preciso su quello che sta accadendo nella martoriata Terra Santa: "Mi sono interrogato molto, anche sulla base di ciò che ho avuto modo di osservare con i miei occhi: può suonare strano, ma contemporaneamente ti sembra di poter dare ragione agli uni e agli altri, è difficile arrivare a un giudizio definitivo con se stessi. A Gerusalemme, per esempio, camminando tra i luoghi della comunità ebraica, era inevitabile provare vicinanza e compassione per la sofferenza delle persone raccolte in preghiera davanti alle fotografie di israeliani ancora in ostaggio. Al contempo - e me ne sono reso conto ancora di più sentendone parlare direttamente - il popolo palestinese è in preda a infinite ingiustizie e sofferenze. La mia idea non è cambiata granché rispetto a un anno e mezzo fa: non è semplice schierarsi, perché a un israeliano che sostiene di non essersi cercato l'attacco del 7 ottobre risponde un palestinese con argomentazioni altrettanto valide sul grande dolore della propria gente, dolore di oggi come del passato, prima del conflitto attuale. A Betlemme, per esempio, mi sono imbattuto in una grande manifestazione pubblica dell'OLP (l'Organizzazione per la Liberazione della Palestina di Abū Māzen, ndr) di contrasto alle linee più estremiste, un gesto a mio avviso molto positivo di cui però non mi sembra si parli sui media. E tengo anche a precisare che a Gerusalemme non ho avuto nessuna percezione di pericolo, con arabi, musulmani e ebrei insieme a condividere le stesse strade".
"La volontà comune che mi è parso chiaramente di percepire - ha concluso Mastroberardino - è che la gente comune (israeliani, palestinesi, musulmani ebrei o cristiani che siano) vuole davvero che finisca tutto, o che almeno si raggiunga presto una vera tregua".
E lo sa bene il consigliere comunale di Calolziocorte, architetto di professione e già coordinatore provinciale di Fratelli d'Italia, che nelle estati di tre e due anni fa - giusto un paio di mesi prima dell'attacco di Hamas a Israele e del conseguente scoppio della sanguinosa guerra tuttora in atto - era già stato in Terra Santa e, oltre a visitare i noti luoghi di pellegrinaggio, ha trascorso diversi giorni nel convento "Hortus Conclusus" - sito esattamente di fronte a Hortaz, paese di circa 5.000 abitanti a poca distanza da Betlemme, in territorio palestinese - rimboccandosi le maniche da factotum, in maniera totalmente volontaria, nell'aiutare le quattro suore cristiane lì presenti nelle loro opere di bene, legate soprattutto alla gestione di un ambulatorio medico e di un asilo per bambini all'interno della comunità musulmana.
"Che cosa fanno ora? Resistono…" ci ha raccontato Mastroberardino, che questa volta ha potuto fermarsi in Terra Santa solo per cinque notti e dunque non ha avuto modo di rendersi ancora operativo tra manutenzioni e altri lavori manuali, limitandosi a vivere un'esperienza di preghiera, fermandosi soprattutto a Gerusalemme.
"Ho sofferto molto, specialmente nel vedere l'assoluta assenza di pellegrini cristiani. Gli unici presenti alla Basilica della Natività di Betlemme eravamo io e don Paolo (Zago, parroco di Gorgonzola e guida ufficiale sul posto, con cui aveva già viaggiato in precedenza, ndr), ma non è andata diversamente in quella del Santo Sepolcro di Gerusalemme. È stato davvero impressionante, ma del resto a causa della guerra nessun cristiano frequenta più quei luoghi. E quelli che ci vivono sono allo stremo, soprattutto nelle zone che fondavano la loro economia sull'attività delle strutture ricettive, sui servizi di trasporto e sugli esercizi commerciali destinati ai visitatori. Per dare un'idea più chiara della situazione, è come se andando in pellegrinaggio a Roma si entrasse nella Basilica di San Pietro in Vaticano e la si trovasse completamente vuota".
Il Natale, insomma, non si è sentito. Ed è una novità che ha fatto paura alla popolazione del posto, vittima di una crisi umanitaria, sociale ed economica che, oltre a rendere precario il presente, rischia di complicare non poco - se non di cancellare del tutto - il futuro di tanti bambini e giovani di oggi.
"La situazione è grave, chiaramente sentono sulla loro pelle le conseguenze di ciò che sta succedendo e rimangono molto più "chiuse" nel loro piccolo mondo, pur essendo in buoni rapporti con tutto il territorio circostante grazie all'asilo e alle altre attività di cui si fanno carico" ha proseguito il calolziese tornando a fare riferimento alle suore del convento citato in precedenza, da lui ben conosciuto, trovatesi a vivere in una condizione purtroppo comune a tanti. "Ascoltare le loro sensazioni sul momento attuale è stato un passaggio forte per me. La speranza, chiaramente, è che la guerra finisca presto" ha aggiunto, citando anche la testimonianza di Ronny, un palestinese cristiano titolare a Betlemme di un negozio di arte sacra aperto dal nonno nel lontano 1927, che non aveva mai visto tanto vuoto quanto quest'anno, neanche con il Covid o le guerre del passato.
E come nell'agosto 2023 - quando dichiarava che riteneva fondamentale "cercare di conoscere ciò che sta alla base del conflitto tra Palestina e Israele, ma sospendendo poi il giudizio, senza schierarsi" - anche oggi Mastroberardino ha un suo pensiero ben preciso su quello che sta accadendo nella martoriata Terra Santa: "Mi sono interrogato molto, anche sulla base di ciò che ho avuto modo di osservare con i miei occhi: può suonare strano, ma contemporaneamente ti sembra di poter dare ragione agli uni e agli altri, è difficile arrivare a un giudizio definitivo con se stessi. A Gerusalemme, per esempio, camminando tra i luoghi della comunità ebraica, era inevitabile provare vicinanza e compassione per la sofferenza delle persone raccolte in preghiera davanti alle fotografie di israeliani ancora in ostaggio. Al contempo - e me ne sono reso conto ancora di più sentendone parlare direttamente - il popolo palestinese è in preda a infinite ingiustizie e sofferenze. La mia idea non è cambiata granché rispetto a un anno e mezzo fa: non è semplice schierarsi, perché a un israeliano che sostiene di non essersi cercato l'attacco del 7 ottobre risponde un palestinese con argomentazioni altrettanto valide sul grande dolore della propria gente, dolore di oggi come del passato, prima del conflitto attuale. A Betlemme, per esempio, mi sono imbattuto in una grande manifestazione pubblica dell'OLP (l'Organizzazione per la Liberazione della Palestina di Abū Māzen, ndr) di contrasto alle linee più estremiste, un gesto a mio avviso molto positivo di cui però non mi sembra si parli sui media. E tengo anche a precisare che a Gerusalemme non ho avuto nessuna percezione di pericolo, con arabi, musulmani e ebrei insieme a condividere le stesse strade".
"La volontà comune che mi è parso chiaramente di percepire - ha concluso Mastroberardino - è che la gente comune (israeliani, palestinesi, musulmani ebrei o cristiani che siano) vuole davvero che finisca tutto, o che almeno si raggiunga presto una vera tregua".
B.P.