Lecco, l'addio a padre e figlio morti insieme: 'ora suonano davanti a Dio'

Le due bare una vicina all'altra, ai piedi dell'altare, con il Gesù Bambino che richiama il recente Natale, incarnazione di Colui che è Padre e Figlio. Questa l'immagine dinnanzi agli occhi dei tanti che, questo pomeriggio, hanno preso posto tra le panche della Basilica di San Nicolò per tributare l'ultimo saluto a Renato e Francesco Porcu, padre e figlio a loro volta, mancati praticamente insieme nei giorni scorsi.
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Qualcuno, in relazione alle loro morti - annunciata da tanta sofferenza per il primo, improvvisa nel sonno per il secondo - ha parlato di scherzo del destino, di coincidenza, di un “qualcosa” avvertito dall'uno o dall'altro: “parole molto limitate” per don Bortolo Uberti, “incapaci di dare una risposta a qualcosa che ha un nome forte: il dolore. Il dolore di una donna che perde figlio e marito; il dolore di un uomo che perde fratello e padre; il dolore di tanti che perdono due persone a cui hanno voluto bene”. 
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Impossibile, per il Prevosto, trovare una ragione ad una doppia perdita che ha generato un così grande vuoto, dove mettere però “una speranza che guarda all'eternità” ha aggiunto, rifacendosi alle Scritture per affidare la spirito di papà Renato, 88 anni e il suo Francesco, che di anni ne aveva solo 61, nelle mani del Signore, chiedendogli al contempo di tenere per mano anche chi resta e dunque la signora Rosanna con Enrico e la sua famiglia.
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“Il ricordo, l'affetto, la preghiera, devono aiutarvi a sentire che loro vivono in voi” ha detto dunque alla vedova, stretta all'altro figlio e ai loro cari, chiedendo a chi ha voluto bene a Renato e Francesco di rimanere loro uniti nella solidarietà, per dimostrare con un gesto, con un pensiero, di esserci, contribuendo a lenire un dolore effettivamente troppo grande. 
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E sempre rifacendosi alle Letture proposte, monsignor Uberti ha immaginato Renato e Francesco impegnati “ancora a suonare insieme, davanti a Dio, nella vita eterna che è armonia di pace”, ricordando così come i due, di due generazioni diverse, operaio per lunghi anni alla Leuci il primo, bancario il secondo da poco arrivato anch'egli al traguardo della pensione, fossero uniti dalla grande passione per la musica. La filarmonica lo strumento del papà, la batteria quella del figlio.
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E come nella lettera di Paolo ai Corinzi, “vorrei pensare che in Paradiso ci siano squilli di tromba che trasformano la nostra vita, perché la nostra vita – ha proseguito il Prevosto – continua, in modo diverso ma continua”.
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