Lecco: la 'bellezza consumata' in mostra con il Capolavoro, esposta la Madonna di Castelluccio di Norcia

Accanto alla Pala Tezi del Perugino, alla mostra “Capolavoro per Lecco” intitolata “In grembo la speranza” e in corso a Palazzo delle paure fino al 2 marzo, ora c’è anche la statua della Madonna Adorante dello scultore Giovanni Antonio di Giordano: si trovava nella chiesa di Santa Maria Assunta di Castelluccio di Norcia, uno dei paesi distrutti dal terremoto dell’estate 2016 e ora in deposito a Spoleto in attesa di tornare nella sua sede originaria dopo i restauri.  
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La Madonna Adorante

Restauri possibili grazie all’impegno della nostra città: è stata infatti l’Associazione culturale “Madonna del Rosario”, legata alla comunità parrocchiale della basilica di San Nicolò, a farsi carico dell’opera. Dopo l’inaugurazione ufficiale della mostra avvenuta come consuetudine alla vigilia della festa patronale di San Nicolò, quando al centro dell’attenzione vi è stata la tavola del Perugino, ieri sera è stata invece presentata la statua di Giovanni Antonio da Giordano: una Madonna senza più il Bambino in  grembo, rubato nella seconda metà del secolo scorso, e senza nemmeno le mani, tolte in corso di restauro: la mano sinistra, infatti, è risultata falsa, eseguita nel 1984 da un falegname di Castelluccio; la mano destra risultava invece in una posizione anomala e va ricollocata ma non è ancora chiaro in quale maniera.
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Simona Piazza

Ma proprio queste mancanze hanno offerto lo spunto per riflessioni spirituali e artistiche da parte del curatore della mostra Alessandro Delpriori e del prevosto lecchese don Bortolo Uberti, intervenuti a questa “seconda inaugurazione” con l’assessore alla cultura Simona Piazza che ha sottolineato nuovamente come “Capolavoro per Lecco” non sia solo un percorso espositivo ma appunto un’occasione di riflessione per la città nel periodo natalizio.
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Umberto Colli e, sotto, Ilaria Bonacina

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All’incontro, in qualità di sponsor, hanno portato i loro saluti anche Ilaria Bonacina per la Camera di Commercio («Ci sarà sempre il nostro sostegno a iniziative culturali, ma questa manifestazione ha dimostrato in questi anni tanta autorevolezza») e Umberto Colli per il Crédit Agricole («Le banche non hanno solo responsabilità economiche, ma anche ambientali e sociali»).
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Mons. Bortolo Uberti

L’intervento di monsignor Uberti ha preso l’abbrivio proprio dall’assenza del Bambino e dalla mancanza delle mani: «Può sembrare un paradosso, ma è un paradosso interessante: ci parla in maniera efficace e potente della nostra contemporaneità, di quanto accade oggi nel mondo. Ci sembra di respirare un vuoto, ma è un vuoto che attende di essere riempito. Non vedo dunque assenze o mancanze, ma ospitalità, la possibilità del riempimento. Le mani non ci sono perché oggi noi non sappiamo come mettere le nostre mani nella realtà. Abbiamo visto la bellezza della Madonna del Perugino, questa sera vediamo un’altra bellezza: una bellezza consumata dalla storia, dalla devozione di un popolo e di una comunità che è appunto quella di Castelluccio, dai terremoti, dalle catastrofi. Solitamente, quando si dice che qualcosa è consumato si pensa a qualcosa di poco conto. E invece qui siamo di fronte a una bellezza accessibile a tutti. La bellezza del Perugino è perfetta che si resta un passo indietro. Con la Madonna di Giovanni Antonio di Giordano, è diverso: viene voglia di toccarla perché è una bellezza accessibile, una bellezza del popolo. E anche la parola restauro ci trae in inganno, perché si pensa a un tornare indietro, ma l’esercizio del restaurare è altro: non è un tornare indietro, ma ritrovare le sorgenti per andare avanti. E cioè restaurare una comunità come quella di Castelluccio di Norcia che non c’è più. O, meglio, c’è ma è stata trasferita altrove». E anche questo è un modo per «ritrovare la speranza dentro di noi, farla venire alla luce e metterla in comune con il territorio».
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Alessandro Delpriori

Da parte sua, Delpriori ha ricordato il terremoto del 2016, la sequenza sismica più alta dell’Italia moderna: sei gradi e mezzo di magnitudo e 52 secondi. Questa Madonna si trovava in una chiesa sorta proprio sulla faglia del terremoto. Castelluccio, come Amatrice e come Arquata del Tronto, è stata rasa al suolo. Si è cercato di salvare le opere d’arte, ma spesso al loro trasferimento la popolazione locale si opponeva perché quei quadri e quelle statue appartengono alla comunità.
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Come la Madonna Adorante, realizzata nel 1499 e pagata dalla comunità di Castelluccio a Giovanni Antonio di Giordano 120 fiorini che dovrebbero essere qualcosa come 150mila euro di oggi. Non poco, dunque. E’ una statua particolare, realizzata in listelli di legno uniti tra loro da chiodi di legno: una tecnica utilizzata a Firenze e non altrove negli anni Ottanta del Quattrocento». Il nostro «era uno scultore che col legno ci sapeva poco fare e quindi l’ha ricoperta di gesso e dipinta. Grazie a questa mostra è stato comunque possibile rivalutare Giovanni Antonio di Giordano, individuare altre sue opere». E aprire una finestra sulla Valnerina: «Fino agli anni Sessanta del Novecento, quando si parlava di Rinascimento si guardava solo a Firenze, a Roma, a Venezia. Poi Roberto Longhi e altri hanno cominciato a guardare ai centri periferici e trovare tesori. E la Valnerina è uno scrigno: vi passano la via Flaminia e la via Salaria, per andare dal Tirreno all’Adriatico tutti passavano da lì. Si è finalmente cominciato a studiare l’arte di quei luoghi, ma accanto agli esperti a studiarla c’erano anche i ladri: e così qualcuno si è preso il Bambino».madonna__2_.jpg (251 KB)
La statua della Madonna Adorante aveva un grosso significato devozionale, veniva portata in processione e vestita dalle donne del paese ed è proprio per questo utilizzo che la statua appare “consumata”.
La  mostra di Palazzo della paure consente dunque di mettere a confronto il Rinascimento da museo e cioè da contemplare nella Madonna del Perugino con il Rinascimento del popolo e cioè da vivere che è appunto la Madonna di Giovanni Antonio di Giordano.
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Le opere, come detto, saranno esposte fino al 2 marzo (il martedì dalle 10 alle 14; da mercoledì a domenica dalle 10 alle 18; fino al 6 gennaio, nella giornata di sabato la mostra chiuderà alle 19). Ingresso, 2 euro.
Info: www.capolavoroperlecco.it
D.C.
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