Lecco: scavando davanti al Grassi riemerge la 'Fiumicella'. "Le cose da salvare però sono altre"
Eccola lì, la fiumicella, La storica derivazione del Gerenzone che faceva funzionare decine di opifici da Laorca fino alla foce sul lago. Eccola lì. Se scavi in alcuni punti precisi della città, sei destinato a trovarla. E infatti, eccola lì: spuntata in via Resinelli dove in queste settimane si sta posando la rete per il teleriscaldamento.
Dice che ci passava per caso, Paolo Colombo, il presidente di “Officina Gerenzone”, l’associazione avviata nel 2018 ma costituitasi ufficialmente quest’anno con il compito proprio di salvaguardare l’attualità nelle sue varie forme e la memoria del torrente che è stato la spina dorsale dell’industrializzazione lecchese. E passando per caso, l’occhio è caduto su quei resti della vecchia condotta emersi con il cantiere. Ha così deciso di darne notizia sul profilo Facebook dell’associazione: «La storia la puoi dimenticare e di questo a Lecco ne abbiamo fatto una virtù, ma non la puoi cancellare, tracce e brandelli restano tra noi e ogni tanto tornano a galla a ricordarci da dove veniamo. Dagli scavi per la posa del teleriscaldamento cittadino, davanti al liceo Grassi, è emersa la condotta interrata della “Fiumicella”, il canale costruito e ampliato nei secoli per deviare l’acqua del Gerenzone a monte del rione di San Giovanni: oltre 40 le officine che trasformavano l’energia della sua acqua in forza motrice. Il tratto emerso portava acqua alle officine, ai filatoi e ancor prima ai mulini del vecchio borgo di Lecco che aveva nell’attuale via Bovara il suo baricentro. Il colore delle pareti della condotta non lascia dubbi: è la cara e vecchia “Fiumicella”».
Quello di Colombo è stato solo un messaggio d’affetto, un’annotazione storica: «C’è chi ha commentato chiedendo di fermare i lavori. Naturalmente non è il caso. Se c’era qualcosa da fare andava fatto una volta. La fiumicella è interrata da decenni ed è ancora lì: in via Bovara, su per corso Matteotti, Castello, San Giovanni…. Se si scava lungo il suo tracciato, viene fuori. Basta guardare le vecchie mappe della città, il settecentesco Catasto Teresiano, ma anche quelle precedenti: il corso della Fiumicella si vede benissimo. Ma le cose da salvare oggi sono altre: per esempio, c’è la condotta d’acqua della “Badoni” che derivava proprio dalla Fiumicella e che è si vede bene dal ponte sulla ferrovia di via Grassi. Magari sì, quella condotta potrebbe essere recuperata».
Ovviamente, però, lo sguardo è rivolto a quanto resta degli impianti a monte: la diga del Paradone a Malavedo, le chiuse, le altre derivazioni, tutto quanto realizzato nel primo tratto del Gerenzone nel corso dei secoli e che sono sopravvissute pur con le inevitabili manomissioni e ristrutturazioni.
Da parte sua, l’Officina Gerenzona si prende cura dei luoghi: li ripulisce e li tiene in ordine, ma soprattutto spinge perché il Comune metta a punto un progetto di recupero. Poco più di un anno fa, nell’aprile 2023 in occasione della presentazione del documentario “Gente di fiume” lo stesso sindaco Mauro Gattinoni aveva promesso un impegno per salvaguardare, anche vincolandoli nel piano regolatore, alcuni degli angoli più preziosi così da rivitalizzarli e farne luogo di richiamo.
Già, negli ultimi decenni – quelli della deindustrializzazione – la città ha perso tutte le occasioni per conservare alcuni tra vestigia e impianti della Lecco industriale d’una volta. Rimangono ora le ultime testimonianze tra Laorca e Malavedo incardinate proprio sul corso del Gerenzone.
Gli impianti della diga e della Fiumicella sono in disuso da almeno una quarantina d’anni, il vecchio consorzio istituito negli anni Ottante dell’Ottocento proprio tra le aziende per l’utilizzo dell’acqua del torrente ormai non c’è più. E ciò comporta anche qualche problema: per intervenire – spiega lo stesso Colombo – occorre infatti destreggiarsi tra una serie di diritti di proprietà che non si sa bene a chi siano in mano e altre parti demaniali. Per fare chiarezza si dovrebbe risalire proprio ai proprietari prima della costituzione del consorzio ma è impossibile.
Dice che ci passava per caso, Paolo Colombo, il presidente di “Officina Gerenzone”, l’associazione avviata nel 2018 ma costituitasi ufficialmente quest’anno con il compito proprio di salvaguardare l’attualità nelle sue varie forme e la memoria del torrente che è stato la spina dorsale dell’industrializzazione lecchese. E passando per caso, l’occhio è caduto su quei resti della vecchia condotta emersi con il cantiere. Ha così deciso di darne notizia sul profilo Facebook dell’associazione: «La storia la puoi dimenticare e di questo a Lecco ne abbiamo fatto una virtù, ma non la puoi cancellare, tracce e brandelli restano tra noi e ogni tanto tornano a galla a ricordarci da dove veniamo. Dagli scavi per la posa del teleriscaldamento cittadino, davanti al liceo Grassi, è emersa la condotta interrata della “Fiumicella”, il canale costruito e ampliato nei secoli per deviare l’acqua del Gerenzone a monte del rione di San Giovanni: oltre 40 le officine che trasformavano l’energia della sua acqua in forza motrice. Il tratto emerso portava acqua alle officine, ai filatoi e ancor prima ai mulini del vecchio borgo di Lecco che aveva nell’attuale via Bovara il suo baricentro. Il colore delle pareti della condotta non lascia dubbi: è la cara e vecchia “Fiumicella”».
Quello di Colombo è stato solo un messaggio d’affetto, un’annotazione storica: «C’è chi ha commentato chiedendo di fermare i lavori. Naturalmente non è il caso. Se c’era qualcosa da fare andava fatto una volta. La fiumicella è interrata da decenni ed è ancora lì: in via Bovara, su per corso Matteotti, Castello, San Giovanni…. Se si scava lungo il suo tracciato, viene fuori. Basta guardare le vecchie mappe della città, il settecentesco Catasto Teresiano, ma anche quelle precedenti: il corso della Fiumicella si vede benissimo. Ma le cose da salvare oggi sono altre: per esempio, c’è la condotta d’acqua della “Badoni” che derivava proprio dalla Fiumicella e che è si vede bene dal ponte sulla ferrovia di via Grassi. Magari sì, quella condotta potrebbe essere recuperata».
Ovviamente, però, lo sguardo è rivolto a quanto resta degli impianti a monte: la diga del Paradone a Malavedo, le chiuse, le altre derivazioni, tutto quanto realizzato nel primo tratto del Gerenzone nel corso dei secoli e che sono sopravvissute pur con le inevitabili manomissioni e ristrutturazioni.
Da parte sua, l’Officina Gerenzona si prende cura dei luoghi: li ripulisce e li tiene in ordine, ma soprattutto spinge perché il Comune metta a punto un progetto di recupero. Poco più di un anno fa, nell’aprile 2023 in occasione della presentazione del documentario “Gente di fiume” lo stesso sindaco Mauro Gattinoni aveva promesso un impegno per salvaguardare, anche vincolandoli nel piano regolatore, alcuni degli angoli più preziosi così da rivitalizzarli e farne luogo di richiamo.
Già, negli ultimi decenni – quelli della deindustrializzazione – la città ha perso tutte le occasioni per conservare alcuni tra vestigia e impianti della Lecco industriale d’una volta. Rimangono ora le ultime testimonianze tra Laorca e Malavedo incardinate proprio sul corso del Gerenzone.
Gli impianti della diga e della Fiumicella sono in disuso da almeno una quarantina d’anni, il vecchio consorzio istituito negli anni Ottante dell’Ottocento proprio tra le aziende per l’utilizzo dell’acqua del torrente ormai non c’è più. E ciò comporta anche qualche problema: per intervenire – spiega lo stesso Colombo – occorre infatti destreggiarsi tra una serie di diritti di proprietà che non si sa bene a chi siano in mano e altre parti demaniali. Per fare chiarezza si dovrebbe risalire proprio ai proprietari prima della costituzione del consorzio ma è impossibile.
D.C.