Giir di Mont… letteralmente/11: l’alpeggio “padre” di Solino, anch’esso resuscitato… grazie a un incendio!
Dopo circa quindici minuti di cammino, tutto in leggera discesa, giungiamo al penultimo alpeggio del nostro Giir di Mont… letteralmente. Posto in una zona relativamente impervia – di certo su un terreno molto ripido e privo dei grandi pascoli in grado di ospitare le bestie – l’alpe Piancalada è uno degli alpeggi più piccoli, quattordici baite alla pari di Solino.
Sulla conformazione morfologica del luogo gioca anche la solita filastrocca “Ól Giir di mónt”, che afferma: “Quìj che carghe in Piancalàde per pasà sü ‘j à da fa la cordàde, ‘j à da stà atènti sìre e matìin che nól ghè sé vie gió èl galìin.” (“Quelli che salgono in Piancalada [in estate a monticare le bestie] per andare su devono fare la cordata, devono stare attenti mattina e sera che le galline non cadano a valle.”). Non a caso – come spiegato nella scorsa uscita – Piancalada e Solino si erano sviluppati come “due alpeggi in uno”, in quanto complementari: la prima offriva la cascina e una maggiore disponibilità di acqua e in generale il nucleo abitativo era stato costruito lì; Solino invece, con il suo ampio pascolo, era diventato luogo di ricovero per il bestiame, e ancora oggi eredita la struttura di una lunga fila di soste. Nel 1956, qualche anno prima che Solino si avviasse verso una fase di (ri)nascita, Piancalada fu sostanzialmente abbandonata: nessuno saliva più a monticare le bestie e il mont era diventato deserto. E così rimase fino a… un grave incendio! Nella notte tra il 31 dicembre 1980 e il 1° gennaio 1981 un grande rogo – con origine nella zona della Creghencighe (poco sopra l’abitato di Premana) – raggiunse le baite di Piancalada e ne distrusse cinque. A partire dall’estate successiva, gli alpigiani iniziarono a ricostruire gli edifici bruciati e così – quasi per un paradosso – quell’incendio “di Capodanno”, invece di dare il colpo di grazia ad un alpeggio che sembrava morto, lo fece rivivere! A partire dai primi anni Ottanta, infatti, molte baite vennero risistemate e anche Piancalada divenne molto frequentata, vivendo così – alla pari di tutti gli altri alpeggi – un paio di decenni di splendore.
Le strofe della canzone del Grest del 1984 – composta congiuntamente dagli alpigiani di Piancalada e Solino – ci parlano proprio della “risurrezione” di questo alpeggio: “Chìcch’èl avrès mai dìc che tè resüscitaàve Piancalàde, Piancalàde, chìcch’èl avrès mai dìc che tè resüscitàve Piancalàde, Piancaladè del mio cuor.” (“Chi l’avrebbe mai detto che saresti resuscitata Piancalada, Piancalada, Piancalada, chi l’avrebbe mai detto che saresti resuscitata Piancalada, Piancalada del mio cuor.”). Tra le righe si fa riferimento anche ad un altro fatto storico particolarmente noto e tragico, che ci ricorda di… non passare nella zona di Piancalada e Solino in caso di temporale! “E quant ch’al fa stratémp am cór a ‘ndà a la ca gioscì sót a quìj lares che pö daa’ saetà.” (“E quando fa temporale corriamo a casa, lì sotto quei larici che possono anche essere colpiti dai fulmini.”) ci spiega, non a caso, la canzone del Grest del 1985 (sempre “condivisa” tra Piancalada e Solino). La notte del 17 luglio 1904 (pensate, lo stesso identico giorno in cui, ottantatré anni dopo, Solino fu devastato da un rogo), durante un violento temporale, un fulmine si abbatté nel bel mezzo di Piancalada, per poi scaricarsi all’interno di una delle baite, provocandone l’incendio. Gli alpigiani, dopo aver vuotato i piccoli pozzi disponibili, utilizzarono anche le tinozze piene di siero di latte per cercare di placare le fiamme. La mattina seguente ben ventisette capi di bestiame (tra mucche e capre) giacevano morti nelle stalle: una vera tragedia per l’epoca. La notizia fu portata a valle da due ragazze piangenti e il paese compatto si mosse per aiutare, in un così grave frangente, i poveri alpigiani. Le strofe del 1984 – come accennato - contengono anche un riferimento a questi eventi: “Chìcch’à vedüü ‘l saèt de quele nòc? Chìcch’à oidàa i tinéi cón gió la scóce? Ch’à pelàa él bés-c e pó ‘gli à fàc a tòch, ch’è corüü gió in paìis a dì la nòe?” (“Chi ha visto i fulmini di quella notte? Chi ha vuotato i secchi contenenti il siero di latte? Chi ha scuoiato le bestie e le ha fatte a pezzi, chi è corso in paese a dire la notizia?”).Le persone, però, erano tutte vive (anche se un uomo, presente quella sera, morì qualche mese dopo, probabilmente – si disse – per conseguenze legate a quegli eventi): gli alpigiani decisero così di erigere una chiesetta come segno di riconoscenza. La cappella fu realizzata nel 1912 in un’area ai piedi dell’alpeggio (gió al praa) e poi ampliata a più riprese (nel venticinquesimo e nel cinquantesimo della sua costruzione). Oggi l’importante simbolo cristiano si presenta come una sagoma bianca che si staglia sul bosco alle sue spalle, al suo interno sono presenti una statua bianca della Vergine immacolata e due piccole immagini di santi protettori, il tutto al riparo di un’inferriata che riporta la scritta “Ave Maria”. In occasione dell’ottantesimo dell’avvenimento (nel 1984, dunque) – anche per solennizzare la rinascita dell’alpeggio che avveniva proprio in quegli anni – la cappella fu nuovamente intonacata e abbellita.
Piancalada è stata pesantemente colpita anche dal nubifragio del giugno 2019, che ha provocato alcuni smottamenti nei prati che anticipano l’ingresso in alpeggio. Gli alpigiani però non sono stati con le mani in mano e hanno iniziato i lavori di messa in sicurezza, con la costruzione di un muro di contenimento e la realizzazione di una staccionata in legno per garantire un passaggio più sicuro in corrispondenza del tratto franato.Concludiamo la descrizione di Piancalada, riportando alcuni dei simboli più noti dei questo mont: ól fòo (un grandissimo faggio che fino a una decina di anni fa – quando fu tagliato per questioni di sicurezza – svettava di fronte alla cascina) e ol lares grant (da traduzione letterale, un grande larice, situato sulla strada che porta all’alpe Solino) sono due “alberi simbolo” di Piancalada. Mentre nei dintorni dell’alpeggio, tra i punti e le zone (spesso abbastanza impervi) più noti troviamo: la basòlte (una sporgenza rocciosa, dove all’interno di una nicchia si trova anche una piccola statua della Madonna, collocata da un alpigiano), i Quai da Paglio (gli sbalzi sopra l’alpeggio), il Prugatörio (un canalone). Gli alpigiani salivano inoltre süscì da Fòp a raccogliere il fieno selvatico e non erano rari gli incontri con ól Cioche, che si spingeva fino a lì con il suo gregge. Scendendo invece ai piedi di Piancalada, tra quelli che una volta erano pascoli e ora invece sono boschi si scorgono ancora i muri portanti di alcune vecchie soste per il bestiame. È interessante, infine, fare un salto alla vecchia cisterna dell’acqua, riserva di questo mont prima che venisse realizzato l’acquedotto.Prima di avviarci in direzione dell’ultimo alpeggio del nostro Giir di Mont… letteralmente, ricordiamo che anche Piancalada, dal 2020, è servita da una strada di accesso, che rappresenta una diramazione della VASP che da Premaniga raggiunge la zona sopra Solino. Un’ultima sosta, poi ripartiamo imboccando il sentiero che percorre la cöste di lâres e porta… all’alpe Deleguaggio.
Continua/12
Sulla conformazione morfologica del luogo gioca anche la solita filastrocca “Ól Giir di mónt”, che afferma: “Quìj che carghe in Piancalàde per pasà sü ‘j à da fa la cordàde, ‘j à da stà atènti sìre e matìin che nól ghè sé vie gió èl galìin.” (“Quelli che salgono in Piancalada [in estate a monticare le bestie] per andare su devono fare la cordata, devono stare attenti mattina e sera che le galline non cadano a valle.”). Non a caso – come spiegato nella scorsa uscita – Piancalada e Solino si erano sviluppati come “due alpeggi in uno”, in quanto complementari: la prima offriva la cascina e una maggiore disponibilità di acqua e in generale il nucleo abitativo era stato costruito lì; Solino invece, con il suo ampio pascolo, era diventato luogo di ricovero per il bestiame, e ancora oggi eredita la struttura di una lunga fila di soste. Nel 1956, qualche anno prima che Solino si avviasse verso una fase di (ri)nascita, Piancalada fu sostanzialmente abbandonata: nessuno saliva più a monticare le bestie e il mont era diventato deserto. E così rimase fino a… un grave incendio! Nella notte tra il 31 dicembre 1980 e il 1° gennaio 1981 un grande rogo – con origine nella zona della Creghencighe (poco sopra l’abitato di Premana) – raggiunse le baite di Piancalada e ne distrusse cinque. A partire dall’estate successiva, gli alpigiani iniziarono a ricostruire gli edifici bruciati e così – quasi per un paradosso – quell’incendio “di Capodanno”, invece di dare il colpo di grazia ad un alpeggio che sembrava morto, lo fece rivivere! A partire dai primi anni Ottanta, infatti, molte baite vennero risistemate e anche Piancalada divenne molto frequentata, vivendo così – alla pari di tutti gli altri alpeggi – un paio di decenni di splendore.
Piancalada è stata pesantemente colpita anche dal nubifragio del giugno 2019, che ha provocato alcuni smottamenti nei prati che anticipano l’ingresso in alpeggio. Gli alpigiani però non sono stati con le mani in mano e hanno iniziato i lavori di messa in sicurezza, con la costruzione di un muro di contenimento e la realizzazione di una staccionata in legno per garantire un passaggio più sicuro in corrispondenza del tratto franato.Concludiamo la descrizione di Piancalada, riportando alcuni dei simboli più noti dei questo mont: ól fòo (un grandissimo faggio che fino a una decina di anni fa – quando fu tagliato per questioni di sicurezza – svettava di fronte alla cascina) e ol lares grant (da traduzione letterale, un grande larice, situato sulla strada che porta all’alpe Solino) sono due “alberi simbolo” di Piancalada. Mentre nei dintorni dell’alpeggio, tra i punti e le zone (spesso abbastanza impervi) più noti troviamo: la basòlte (una sporgenza rocciosa, dove all’interno di una nicchia si trova anche una piccola statua della Madonna, collocata da un alpigiano), i Quai da Paglio (gli sbalzi sopra l’alpeggio), il Prugatörio (un canalone). Gli alpigiani salivano inoltre süscì da Fòp a raccogliere il fieno selvatico e non erano rari gli incontri con ól Cioche, che si spingeva fino a lì con il suo gregge. Scendendo invece ai piedi di Piancalada, tra quelli che una volta erano pascoli e ora invece sono boschi si scorgono ancora i muri portanti di alcune vecchie soste per il bestiame. È interessante, infine, fare un salto alla vecchia cisterna dell’acqua, riserva di questo mont prima che venisse realizzato l’acquedotto.Prima di avviarci in direzione dell’ultimo alpeggio del nostro Giir di Mont… letteralmente, ricordiamo che anche Piancalada, dal 2020, è servita da una strada di accesso, che rappresenta una diramazione della VASP che da Premaniga raggiunge la zona sopra Solino. Un’ultima sosta, poi ripartiamo imboccando il sentiero che percorre la cöste di lâres e porta… all’alpe Deleguaggio.
Continua/12
Rubrica a cura di Alessandro Tenderini