Giir di Mont... letteralmente/5: l'alpe Vegessa, un 'intruso' con prati verdissimi e il ristoro Peter

Lasciati alle spalle i Forni e Casarsa, raggiungiamo un bellissimo prato verde, che conta una decina di grandi baite (undici per la precisione), tutte di (relativamente) recente costruzione e “di pregevole fattura”. Ragionando un po’ sulla storia degli alpeggi che abbiamo conosciuto sinora, pare proprio che l’alpe Vegessa sia un intruso!
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E in parte è effettivamente così, perché questo mont (che secondo alcuni premanesi non rientra appieno nella schiera degli alpeggi!) ha una storia molto giovane, diversa dal “classico” sviluppo e priva, ad esempio, di eventi storici riconducibili agli anni della Resistenza. Semplicemente, fino agli anni Sessanta letteralmente non esisteva!
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La zona della Veğèse (così in dialetto premanese) era una bella radura attraversata dalla via militare Maria Teresa, sfruttata tanto dagli alpigiani dei Forni quanto da quelli di Casarsa per far pascolare le bestie. Il nome “Vegessa” trae origine proprio da questa storica strada ed è il sunto di “Vecchia via ad esse”, in quanto essa presentava due curve "a S" in un tratto poi sostituito da uno più lineare.
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Nei primi anni Sessanta, sulla scia di una rinnovata attenzione per gli alpeggi e grazie al ripristino della percorribilità dell’antica arteria militare (sia pure unicamente da parte di fuoristrada), in Vegessa fu realizzato dal Comune di Premana un modesto piano di lottizzazione che nel giro di cinque anni fu completamente usufruito con la costruzione di una decina di casette (quelle che vediamo ancora oggi).
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Il pioniere fu Giuliano Cedro, che ultimò la sua baita nel 1962 e che un anno dopo – sentendosi solo, in quanto unico alpigiano in quel momento – fece costruire la cappelletta con la Madonna che è ancora oggi presente.
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Lo seguì Alessandro Spazzadeschi “Peter”, che abbiamo già brevemente conosciuto nella nostra visita all’alpe Forni e di cui parleremo più nel dettaglio a breve. Tutte le case dell’alpe Vegessa furono costruite sostanzialmente in quel decennio, secondo canoni estetici abbastanza simili (sono praticamente tutte di colore bianco) e dettati dal sindaco dell’epoca, che in sostanza disse: “Se proprio volete costruire delle baite su questo pascolo, almeno fatele un po’ bene!”.
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Torniamo a questo punto a una figura storica dell’alpe Vegessa, oltre che dell’intera Valle dei Forni e di Premana. Trattasi del “Peter” – Alessandro Spazzadeschi all’anagrafe – che, come vi abbiamo raccontato nella quarta uscita di questa rubrica, il 1° giugno del 1979 assunse insieme alla moglie Silvana Gianola la gestione del Rifugio Cai Forni di Trona, situato al Forno Sotto.
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Forbiciaio di professione, nel periodo estivo Alessandro aveva iniziato a svolgere una sorta di secondo lavoro, trasportando con il fuoristrada i materiali che servivano agli alpigiani di Vegessa (ma anche dei Forni, di Casarsa e di Barconcelli) per ristrutturare – o costruire daccapo – le baite. Passando continuamente dal “Vitoriel”, quest’ultimo lo convinse ad assumere la gestione del rifugio, che mantenne fino al 1986 (quando furono i figli dello stesso Battista Griggi a convertire la struttura in una residenza personale). 
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A quel punto, il Peter e sua moglie – che avevano vissuto un’esperienza molto positiva in precedenza – decisero di trasferire l’attività in Vegessa, trasformando il pianoterra della propria baita in un bar. Niente più possibilità di pernottamento, dunque, ma comunque un ottimo servizio per tutti coloro che volevano fermarsi a bere qualcosa o a fare uno spuntino. Il Ristoro Peter dell’alpe Vegessa ha aperto i battenti nel 1987 e ha funzionato fino al 2004.
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In quel periodo, il Peter ha continuato a svolgere anche il suo “mestiere” di trasportatore, un ruolo importantissimo per i tantissimi alpigiani dei Forni, di Casarsa e di Barconcelli, che – spesso sprovvisti di fuoristrada (diversamente dal giorno d’oggi) – si affidavano a lui per gli oggetti più pesanti (le bombole del gas erano “un classico”), ma anche per avere il pane fresco alla mattina.
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Il Peter scendeva a Premana praticamente tutti i giorni e così riforniva in maniera continua la Valle dei Forni di ciò che necessitava; inoltre, spesso si recava all’alpe Varrone ad acquistare mascarpa e formaggi, che poi “smistava” presso il proprio ristoro, il quale era diventato un vero punto nevralgico della vallata. 
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Dal 2004 il Ristoro Peter è rimasto chiuso fino al 2018, quando Valter Spazzadeschi (figlio di Alessandro), insieme alla moglie Lucia Fazzini (figlia di Pietro, gestore del dopolavoro ENAL - CRAL rionale di Premana, dunque con una certa esperienza nell’ambito della ristorazione) e alla figlia Valeria hanno deciso di provare a rilanciare quella realtà.
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Dopo aver ampliato e riammodernato completamente il locale, il Ristoro Peter ha riaperto i battenti, godendo fin da subito di un grande successo che lo ha fatto entrare a pieno titolo nella cerchia dei più noti e frequentati dell’Alta Valle.
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Caratterizzato da una posizione decisamente strategica (è punto di passaggio per numerosi itinerari di varia difficoltà), si presta tanto per una colazione, un aperitivo o un gelato al pomeriggio, quanto per un bel pranzo in compagnia, ad esempio per festeggiare qualche occasione speciale.
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Grazie a un’ulteriore e recentissima ristrutturazione, infatti, la struttura è in grado di accogliere quasi cinquanta persone all’interno e almeno altre venti nei tavoloni di legno collocati sul prato esterno.
Le specialità del ristoro comprendono diversi piatti tipici di montagna e della cucina premanese.
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Inoltre, la caccia è una passione di famiglia, perciò le pietanze a base di selvaggina (cervo, cinghiale e capriolo) non mancano mai. In generale, la cucina è apprezzata per essere decisamente variegata, in quanto – ci ha spiegato Valter Spazzadeschi – “noi siamo un ristoro, non un rifugio d’alta quota; perciò, dobbiamo offrire piatti un po’ diversi e originali”. Il rifugio è aperto tutti i weekend da maggio a ottobre (salvo cattive condizioni meteo) e tutti i giorni il mese di agosto.
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Un bel pranzo dal Peter ci può proprio stare! E allora concediamoci questa pausa, anche perché la strada che ci attende è decisamente lunga… Ci muoveremo verso l’alpe Varrone - passando nella zona del Pè d’Artiin (una bellissima radura lunga la riva del Varrone, attrezzata per picnic e grigliate) – per poi iniziare la lunga scalata verso la Bocchetta di Larecc. Gambe in spalla!

Continua/6
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Rubrica a cura di Alessandro Tenderini
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