Lecco Pride, giù dal palco: 'includiamo anche la disabilità', l'invito della mamma di un ragazzino con autistimo
Per una mamma che è salita con la propria figlia sul palco, per contribuire, attraverso il proprio vissuto, ad alimentare il dibattito, ce ne è un'altra che nella stessa piazza avrebbe voluto far sentire la propria voce o comunque che venisse dato spazio ad un'altra "diversità" che non ha trovato il proprio portabandiera al Lecco Pride 2024: la disabilità.
"Ho molto apprezzato i discorsi tradotti nella lingua dei segni e gli altri accorgimenti presi dagli organizzatori. E mi è piaciuto, nel complesso, anche l'evento in se', a cui avevo già partecipato gli altri anni. Dal palco, poi, si è parlato di tutto, anche di Israele e Palestina - e mi sta bene, non ho nulla da ridire - ma mi è davvero dispiaciuto non si sia fatto un accenno sui diritti dei disabili" spiega Amanda, la mamma di F., (quasi) diciottenne lecchese, autistico non verbale, amante delle feste tanto da essersi particolarmente divertito a sfilare per la sua città in scia ai carri del Pride. "Probabilmente tale mancanza è semplicemente dovuta al fatto che gli organizzatori non hanno agganci in questo mondo o che, semplicemente, nessuno si sia fatto avanti per voler trattare anche questo tema. Mi rendo conto benissimo che spesso i famigliari di ragazzi disabili, specie se con autismo, si "vergognano" o comunque non vogliono esporsi. Ma sono anche consapevole del fatto che se non facciamo mai niente, resteremo sempre indietro 100 anni e quindi è giusto, anche in occasioni come il Pride, portare il nostro contribuito, nell'interesse dei nostri figli. Io per il prossimo anno sono anche disponibile a fare la mia parte, a raccontare la mia esperienza con F.. Per lui e per i ragazzi come lui farei qualsiasi cosa e andrei a parlare ovunque. Credo che solo così, esponendoci, possiamo anche aiutare quelle famiglie che dopo la diagnosi di autismo ancora pensano di non poter far più nulla, di doversi chiudere in casa. Io al Pride andavo già da ragazza a Milano, quando ancora era il Gay Pride. Non amo gli eccessi che rischiano di trasformare le rivendicazioni in circo, ma concordo con quello che gli organizzatori chiedono. F., a cui piace stare in mezzo alla gente, è sempre venuto con me, anche perché è una manifestazione assolutamente pacifica. Abbiamo avuto ben più problemi, per esempio, alle iniziative del calcio... Anche la stessa CGIL – continua mamma Amanda - era al Pride con un banchetto per raccogliere firme sulla sanità, ma in una piazza del genere si sarebbe potuto anche dire qualcosa sulle persone che, potendo usufruire della 104 – in quanto accudiscono famigliari disabili – restano poi fuori dal mondo del lavoro. Pensiamoci per il prossimo anno, da parte mia la disponibilità c'è”.
"Ho molto apprezzato i discorsi tradotti nella lingua dei segni e gli altri accorgimenti presi dagli organizzatori. E mi è piaciuto, nel complesso, anche l'evento in se', a cui avevo già partecipato gli altri anni. Dal palco, poi, si è parlato di tutto, anche di Israele e Palestina - e mi sta bene, non ho nulla da ridire - ma mi è davvero dispiaciuto non si sia fatto un accenno sui diritti dei disabili" spiega Amanda, la mamma di F., (quasi) diciottenne lecchese, autistico non verbale, amante delle feste tanto da essersi particolarmente divertito a sfilare per la sua città in scia ai carri del Pride. "Probabilmente tale mancanza è semplicemente dovuta al fatto che gli organizzatori non hanno agganci in questo mondo o che, semplicemente, nessuno si sia fatto avanti per voler trattare anche questo tema. Mi rendo conto benissimo che spesso i famigliari di ragazzi disabili, specie se con autismo, si "vergognano" o comunque non vogliono esporsi. Ma sono anche consapevole del fatto che se non facciamo mai niente, resteremo sempre indietro 100 anni e quindi è giusto, anche in occasioni come il Pride, portare il nostro contribuito, nell'interesse dei nostri figli. Io per il prossimo anno sono anche disponibile a fare la mia parte, a raccontare la mia esperienza con F.. Per lui e per i ragazzi come lui farei qualsiasi cosa e andrei a parlare ovunque. Credo che solo così, esponendoci, possiamo anche aiutare quelle famiglie che dopo la diagnosi di autismo ancora pensano di non poter far più nulla, di doversi chiudere in casa. Io al Pride andavo già da ragazza a Milano, quando ancora era il Gay Pride. Non amo gli eccessi che rischiano di trasformare le rivendicazioni in circo, ma concordo con quello che gli organizzatori chiedono. F., a cui piace stare in mezzo alla gente, è sempre venuto con me, anche perché è una manifestazione assolutamente pacifica. Abbiamo avuto ben più problemi, per esempio, alle iniziative del calcio... Anche la stessa CGIL – continua mamma Amanda - era al Pride con un banchetto per raccogliere firme sulla sanità, ma in una piazza del genere si sarebbe potuto anche dire qualcosa sulle persone che, potendo usufruire della 104 – in quanto accudiscono famigliari disabili – restano poi fuori dal mondo del lavoro. Pensiamoci per il prossimo anno, da parte mia la disponibilità c'è”.