Ecco come dovrebbe essere 'contenuto' il cinghiale

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Spett.le Redazione,
replico al veemente, quanto stereotipato grido d’allarme lanciato sul tema della presenza in sovrannumero dei cinghiali. Anzitutto, a beneficio di tutti, si ricordi che la specie è stata oggetto di introduzione di soggetti provenienti, in particolare, dall’est europeo a fini venatori, pratica avviata decenni fa e proseguita, almeno, fino ad inizio anni ‘90. Poi, è stata progressivamente sostituita da immissioni fatte con cinghiali di allevamento nazionale. Si ricordi, anche, che la prolificità delle femmine è legata, soprattutto, alla disponibilità di cibo, e a quale velocità questi animali possono aumentare di peso. C’è una soglia di peso sotto la quale una femmina non può partecipare alla riproduzione. Se una femmina trova ovunque cibo da mangiare, di natura antropica in particolare, farà molto in fretta a raggiungere quella soglia di peso; e parteciperà alla riproduzione a sei o sette mesi, anziché a un anno e mezzo o due anni e mezzo come in natura. Poiché il metodo di contenimento sino ad oggi impiegato è la caccia, si ricordi, infine, che l’aumentata riproduzione è causata dall’uomo, in quanto l’abbattimento delle femmine alfa porta nel branco a relazioni sociali disordinate con estri non coordinati e moltiplicazione incontrollata. I grandi predatori, il lupo in particolare, assente, o meglio quasi estinto, dagli anni ‘70 al 2000 circa, non ha potuto controllare la crescita dei cinghiali, come di altri ungulati, pur avendo in essi la preda selvatica di elezione, in particolare nei piccoli, nei giovani e in quelli anziani o fisicamente malmessi. Quale soluzione, dunque? Il controllo di fertilità potrebbe, almeno potenzialmente, fornire una valida alternativa di gestione. Contrariamente ai vaccini contraccettivi degli anni ’90, quelli di ultima generazione causano infertilità per almeno 3-5 anni dopo la somministrazione di una singola dose. Quindi, se fosse interesse della politica intervenire seriamente sulla questione, i provvedimenti varati sarebbero ben diversi dall’intensificazione della caccia. Coinciderebbero coi controlli della popolazione mediante farmaci anti-fecondativi, con la creazione di corridoi ecologici per limitare il rischio di collisioni e con l’intensificazione dell’uso delle recinzioni elettriche per la prevenzione dei danni. Azioni di cui, oggi, nulla si registra.
Cristina Panzeri
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