Malavedo: visita alle Trafilerie rievocando con la Banda il delitto del maestro Paleari
Un pomeriggio con il Corpo musicale Giuseppe Verdi di San Giovanni nell’insolita cornice delle Trafilerie di Malavedo. Molto partecipato l’appuntamento di ieri – sabato 18 – organizzato nelle iniziative della “Primavera festa”, in corso in questo fine settimana e giunta ormai alla ventunesima edizione.
Partita nel 2003 per vivacizzare il quartiere di Rancio, negli ultimi anni ha allargato i suoi confini seguendo il corso del Gerenzone, estendendosi prima a San Giovanni, adesso verso Malavedo e chissà che in futuro non arrivi a Laorca. La festa di quest’anno, tra l’altro, coincide con i festeggiamenti per i cento anni di un’altra banda musicale, la “Giovanni Brivio” di Rancio.
Che ad accompagnare la visita alla Trafilerie di Malavedo sia stata quella di San Giovanni è dovuto a un motivo ben preciso: all’interno dei capannoni più che secolari, infatti, è stata rievocata la figura di un maestro d’inizio Novecento, Angelo Paleari, raccontandone soprattutto la sua fine in circostanze tragiche: venne ucciso una sera di primavera del 1902. A raccontare la storia di quell’omicidio d’altri tempi è stata l’attrice Ancilla Oggioni con un breve monologo costruito sugli articoli dei giornali dell’epoca, ma anche sui “sussurri” che i componenti della banda musicale si sono tramandati di generazione in generazione arrivando in qualche modo a oggi.
La scelta delle Trafilerie di Malavedo quale teatro della rappresentazione non è stata casuale. Paleari, che pare fosse anche un compositore di pezzi bandistici apprezzati, aveva infatti realizzato un brano per quello che si chiamava Laminatoio di Malavedo, nel cui complesso si è poi insediata la Trafileria in attività ancora oggi. Un brano del quale si conosce l’esistenza, ma i cui spartiti sembrano essere andati definitivamente perduti, a meno che non compaiano in qualche bancarella specializzati o spuntino miracolosamente da qualche cantina. Intento della banda, come ha spiegato il suo presidente Angelo Rusconi, è quello di riscoprire l’opera del maestro Paleari, di recuperare tutti le composizioni possibili. Una è stata eseguita proprio nell’occasione della visita alle Trafilerie.
A introdurre i partecipanti al tour nell’atmosfera della vecchia fabbrica di Malavedo è stato l’ingegnere e storico locale Francesco D’Alessio che ha parlato delle lavorazioni che affondano le radici fino al XVI secolo. Fin dal Cinque e Seicento, infatti, in questo punto di Malavedo, dove il ponte della strada un tempo provinciale scavalca il Gerenzone, esisteva quella che si chiamava una fucina grossa e accanto una piccola officina che, passando varie proprietà e anche diverse “ragioni sociali” per dirla con termini attuali, sono arrivate fino al 1873 quando la fucina grossa divenne il Laminatoio di Malavedo su iniziative delle famiglie Redaelli, Bolis e Falck.
Con l’avvio dell’Acciaieria del Caleotto, quest'ultimo perde sempre più terreno, scontando la distanza dalle linee ferroviarie aperte proprio nella seconda metà dell’Ottocento e lungo le quali sono andate sorgendo nuove fabbriche o sono state trasferite quella che precedentemente operavano altrove.
Ed è quanto fanno anche Redaelli e Falck, mentre Bolis prenderà altre strade, abbandonando sostanzialmente i capannoni destinati a ospitare altre produzioni, come appunto lab trafileria. Nel 1929 subentra la famiglia Gianola che ne è tuttora la proprietaria.
Poi. È stata Oggioni a raccontare quella cronaca nera di oltre un secolo fa. Nel 1902, Angelo Paleari aveva 49 anni ed era appunto il maestro del corpo musicale di San Giovanni che si avviava già al centenario (l’anniversario sarebbe stato nel 1909).
La sera del 12 maggio, Paleari se n’era stato a mangiare polenta e luganega alla trattoria di Pomedo e se ne stava tornando verso casa lungo la strada provinciale, certo non molto trafficata. Fu alle 19.30 che alcuni passanti si imbatterono nel corpo ormai senza vita del maestro, a poca distanza dalla Trattoria Aldè. Gli venne riscontrata una profonda ferita alla testa e l’autopsia stabilì che la morte fosse dovuta a un violentissimo colpo inferto alla nuca di Paleari con un corpo contundente.
I giornali locali parlarono a lungo della vicenda. Ogni numero, in qualche modo, riusciva a dare qualche notizia sulla vicenda. Tanto più che poco dopo si verificò un analogo episodio: un certo Ercole Sangalli di Oggiono veniva colpito con tre coltellate all’inguine, per una questione di gelosia, da Lorenzo Goretti di Castiglione, che sospettava che volesse sottrargli la fidanzata approfittando della propria assenza per svolgere il servizio militare. Sangalli venne in un primo tempo medicato nella portineria di uno stabilimento e successivamente all’ospedale ma sarebbe morto tre giorni dopo.
Inevitabile per i giornalisti tracciare qualche parallelo fra le due vicende. Finché un giorno, le notizie sulla morte di Paleari sparirono dal giornale, nessuno ne parò più e fu meglio così. Però, suggerisce Oggioni, i vecchi della banda qualcosa sapevano, ma non la raccontavano chiara. Da ciò chi poté capire pare che anche per l’assassinio di Paleari ci fosse di mezzo una donna e che a colpire il maestro fosse stato un marito geloso. Ma alla fine le cose vennero messe a tacere e tutti furono contenti così.
Partita nel 2003 per vivacizzare il quartiere di Rancio, negli ultimi anni ha allargato i suoi confini seguendo il corso del Gerenzone, estendendosi prima a San Giovanni, adesso verso Malavedo e chissà che in futuro non arrivi a Laorca. La festa di quest’anno, tra l’altro, coincide con i festeggiamenti per i cento anni di un’altra banda musicale, la “Giovanni Brivio” di Rancio.
Che ad accompagnare la visita alla Trafilerie di Malavedo sia stata quella di San Giovanni è dovuto a un motivo ben preciso: all’interno dei capannoni più che secolari, infatti, è stata rievocata la figura di un maestro d’inizio Novecento, Angelo Paleari, raccontandone soprattutto la sua fine in circostanze tragiche: venne ucciso una sera di primavera del 1902. A raccontare la storia di quell’omicidio d’altri tempi è stata l’attrice Ancilla Oggioni con un breve monologo costruito sugli articoli dei giornali dell’epoca, ma anche sui “sussurri” che i componenti della banda musicale si sono tramandati di generazione in generazione arrivando in qualche modo a oggi.
La scelta delle Trafilerie di Malavedo quale teatro della rappresentazione non è stata casuale. Paleari, che pare fosse anche un compositore di pezzi bandistici apprezzati, aveva infatti realizzato un brano per quello che si chiamava Laminatoio di Malavedo, nel cui complesso si è poi insediata la Trafileria in attività ancora oggi. Un brano del quale si conosce l’esistenza, ma i cui spartiti sembrano essere andati definitivamente perduti, a meno che non compaiano in qualche bancarella specializzati o spuntino miracolosamente da qualche cantina. Intento della banda, come ha spiegato il suo presidente Angelo Rusconi, è quello di riscoprire l’opera del maestro Paleari, di recuperare tutti le composizioni possibili. Una è stata eseguita proprio nell’occasione della visita alle Trafilerie.
A introdurre i partecipanti al tour nell’atmosfera della vecchia fabbrica di Malavedo è stato l’ingegnere e storico locale Francesco D’Alessio che ha parlato delle lavorazioni che affondano le radici fino al XVI secolo. Fin dal Cinque e Seicento, infatti, in questo punto di Malavedo, dove il ponte della strada un tempo provinciale scavalca il Gerenzone, esisteva quella che si chiamava una fucina grossa e accanto una piccola officina che, passando varie proprietà e anche diverse “ragioni sociali” per dirla con termini attuali, sono arrivate fino al 1873 quando la fucina grossa divenne il Laminatoio di Malavedo su iniziative delle famiglie Redaelli, Bolis e Falck.
Con l’avvio dell’Acciaieria del Caleotto, quest'ultimo perde sempre più terreno, scontando la distanza dalle linee ferroviarie aperte proprio nella seconda metà dell’Ottocento e lungo le quali sono andate sorgendo nuove fabbriche o sono state trasferite quella che precedentemente operavano altrove.
Poi. È stata Oggioni a raccontare quella cronaca nera di oltre un secolo fa. Nel 1902, Angelo Paleari aveva 49 anni ed era appunto il maestro del corpo musicale di San Giovanni che si avviava già al centenario (l’anniversario sarebbe stato nel 1909).
La sera del 12 maggio, Paleari se n’era stato a mangiare polenta e luganega alla trattoria di Pomedo e se ne stava tornando verso casa lungo la strada provinciale, certo non molto trafficata. Fu alle 19.30 che alcuni passanti si imbatterono nel corpo ormai senza vita del maestro, a poca distanza dalla Trattoria Aldè. Gli venne riscontrata una profonda ferita alla testa e l’autopsia stabilì che la morte fosse dovuta a un violentissimo colpo inferto alla nuca di Paleari con un corpo contundente.
I giornali locali parlarono a lungo della vicenda. Ogni numero, in qualche modo, riusciva a dare qualche notizia sulla vicenda. Tanto più che poco dopo si verificò un analogo episodio: un certo Ercole Sangalli di Oggiono veniva colpito con tre coltellate all’inguine, per una questione di gelosia, da Lorenzo Goretti di Castiglione, che sospettava che volesse sottrargli la fidanzata approfittando della propria assenza per svolgere il servizio militare. Sangalli venne in un primo tempo medicato nella portineria di uno stabilimento e successivamente all’ospedale ma sarebbe morto tre giorni dopo.
Inevitabile per i giornalisti tracciare qualche parallelo fra le due vicende. Finché un giorno, le notizie sulla morte di Paleari sparirono dal giornale, nessuno ne parò più e fu meglio così. Però, suggerisce Oggioni, i vecchi della banda qualcosa sapevano, ma non la raccontavano chiara. Da ciò chi poté capire pare che anche per l’assassinio di Paleari ci fosse di mezzo una donna e che a colpire il maestro fosse stato un marito geloso. Ma alla fine le cose vennero messe a tacere e tutti furono contenti così.
D.C.