Lecco: Basilica gremita per i funerali di Giulio Boscagli. Il Cardinal Scola: 'La fede era il caposaldo della sua vita'
La discrezione, la straordinaria apertura al dialogo e l'instancabile operosità, la passione per la sua città e per la cultura, la carità e soprattutto l'incrollabile fede. Sono alcuni dei tratti di Giulio Boscagli emersi dall'intensa ed emozionata omelia del Cardinale Angelo Scola, intervenuto questa mattina alle esequie dell'ex primo cittadino di Lecco e assessore regionale scomparso lunedì all'età di 75 anni.
Era gremita la Basilica di San Nicolò: tra i primi banchi la sua numerosa famiglia e una folta schiera di autorità civili (tra gli altri il presidente di Regione Lombardia Attilio Fontana con Raffaele Cattaneo della Giunta, diversi sindaci in fascia tricolore, tra cui quello "di casa" Mauro Gattinoni, la presidente della Provincia Alessandra Hofmann e il Prefetto Sergio Pomponio), alle loro spalle tanti amici e volti più o meno noti di una comunità e di un territorio, "gente consapevole che la vita di un uomo si giudica anche dalle sue opere", come ha esordito quel Cardinale che alla fine della celebrazione Anna Maria Formigoni, moglie di Giulio, ha ringraziato citandolo di nuovo solo come "Angelo", proprio come in quella prima fase della loro esistenza vissuta nel solco di Gioventù Studentesca prima e CL poi.
"La morte apre alla vita eterna, che non è un infinito doppione del tempo presente ma qualcosa di completamente nuovo" ha affermato Scola facendo riferimento a una frase di Papa Ratzinger. "Giulio ora è entrato in questo stadio. Lo affidiamo alle braccia del Padre nella convinzione che la morte apre alla vita per sempre, quella eterna, a qualcosa di nuovo che lascia trasparire la nostra definitiva e piena personalità. Lì vivremo in una casa dalle numerose porte aperte, dove la Trinità accoglie tutti quanti non si sono opposti alla sua misericordia".
Il Cardinale ha quindi tracciato un intenso profilo dell'uomo, del Giulio "che ha dedicato tutto se stesso alla sequela di Cristo nella comunità della Chiesa". "Le sue opere sono sempre state marcate da questo sigillo: in oratorio da bambino, poi alle scuole superiori, nella nascente Gioventù Studentesca di don Luigi Giussani con don Spirito Colombo, e dopo la laurea come uno dei responsabili di Comunione e Liberazione. Giulio rischiò molto accettando di assumersi quel compito nell'unità della transizione attraverso cui il movimento stava tentando di rinnovare una presenza cristiana inaugurando un processo nuovo, tuttora non concluso. Per lui arrivò poi il momento di entrare nell'agone politico. Era un uomo mite e creativo, aperto quasi per natura al dialogo con chiunque, anche con chi non la pensava come lui. Ed era appassionato alla realtà di Lecco, la cui trasformazione ha potuto vivere dal di dentro come sindaco. Senza dubbio, poi, dobbiamo parlare della fede come di un caposaldo della sua vita, sorgente creativa del suo pensare, agire, parlare, scrivere, convivere. Una fede ancorata alla verità, rivelata ma soprattutto praticata, insieme ad Anna Maria, nella sua concretezza. Basti pensare alla sua famiglia e alle sue tante azioni di carità e intesa civile".
"Ora tutti noi - ha concluso il Cardinale, dopo una riflessione sul brano dell'Apocalisse che ha scandito la celebrazione - abbiamo l'impegno di portare avanti il suo compito, per far sì che la sua presenza non si dilegui e sia ancora reale, dobbiamo continuare quel cammino ecclesiale, sociale e civile. Giulio, il gran numero delle persone qui presenti dice la gratitudine per il bene, che hai fatto in tanti modi ma sempre con discrezione, con la tua instancabile operosità".
"Perché un uomo è grande?" si è invece chiesto nel chiudere la celebrazione il Prevosto di Lecco Monsignor Davide Milani, sull'altare insieme a diversi altri sacerdoti del territorio. "Noi abbiamo bisogno di persone che realizzano opere buone, che lasciano segni permanenti di bene, un bene da donare. A volte si definiscono buone solo le opere che creano spettacolo. Noi invece abbiamo bisogno di uomini e donne che si assumono responsabilità, che dimostrano che anche la politica può essere buona, che riconoscono che occorre una comunità amica di tutti, che è necessario proporre una direzione da seguire. A volte gli uomini definiscono grandi coloro che ottengono potere e poi lavorano solo per averne altro. Perché Giulio è stato grande? Forse per i suoi studi, per le riflessioni? Noi abbiamo bisogno di uomini e donne che fondano il giudizio sulla verità, che si facciano strumenti della presenza di Dio. E persone come Giulio lasciano trasparire la loro appartenenza a Cristo, senza compromessi. Uomini come lui sono grandi perché fanno splendere la grandezza in cui sperano, la tenerezza che accarezzano, la bellezza. Uomini come lui sono grandi perché hanno Dio come compagnia di una vita intera".
La celebrazione, prima del trasferimento del feretro in corteo al Cimitero Monumentale, è stata chiusa con il racconto della parte più privata di Giulio Boscagli, affidato alle parole commosse della moglie e del figlio Giacomo (
QUI L'ARTICOLO).
Era gremita la Basilica di San Nicolò: tra i primi banchi la sua numerosa famiglia e una folta schiera di autorità civili (tra gli altri il presidente di Regione Lombardia Attilio Fontana con Raffaele Cattaneo della Giunta, diversi sindaci in fascia tricolore, tra cui quello "di casa" Mauro Gattinoni, la presidente della Provincia Alessandra Hofmann e il Prefetto Sergio Pomponio), alle loro spalle tanti amici e volti più o meno noti di una comunità e di un territorio, "gente consapevole che la vita di un uomo si giudica anche dalle sue opere", come ha esordito quel Cardinale che alla fine della celebrazione Anna Maria Formigoni, moglie di Giulio, ha ringraziato citandolo di nuovo solo come "Angelo", proprio come in quella prima fase della loro esistenza vissuta nel solco di Gioventù Studentesca prima e CL poi.
"La morte apre alla vita eterna, che non è un infinito doppione del tempo presente ma qualcosa di completamente nuovo" ha affermato Scola facendo riferimento a una frase di Papa Ratzinger. "Giulio ora è entrato in questo stadio. Lo affidiamo alle braccia del Padre nella convinzione che la morte apre alla vita per sempre, quella eterna, a qualcosa di nuovo che lascia trasparire la nostra definitiva e piena personalità. Lì vivremo in una casa dalle numerose porte aperte, dove la Trinità accoglie tutti quanti non si sono opposti alla sua misericordia".
Il Cardinale ha quindi tracciato un intenso profilo dell'uomo, del Giulio "che ha dedicato tutto se stesso alla sequela di Cristo nella comunità della Chiesa". "Le sue opere sono sempre state marcate da questo sigillo: in oratorio da bambino, poi alle scuole superiori, nella nascente Gioventù Studentesca di don Luigi Giussani con don Spirito Colombo, e dopo la laurea come uno dei responsabili di Comunione e Liberazione. Giulio rischiò molto accettando di assumersi quel compito nell'unità della transizione attraverso cui il movimento stava tentando di rinnovare una presenza cristiana inaugurando un processo nuovo, tuttora non concluso. Per lui arrivò poi il momento di entrare nell'agone politico. Era un uomo mite e creativo, aperto quasi per natura al dialogo con chiunque, anche con chi non la pensava come lui. Ed era appassionato alla realtà di Lecco, la cui trasformazione ha potuto vivere dal di dentro come sindaco. Senza dubbio, poi, dobbiamo parlare della fede come di un caposaldo della sua vita, sorgente creativa del suo pensare, agire, parlare, scrivere, convivere. Una fede ancorata alla verità, rivelata ma soprattutto praticata, insieme ad Anna Maria, nella sua concretezza. Basti pensare alla sua famiglia e alle sue tante azioni di carità e intesa civile".
"Ora tutti noi - ha concluso il Cardinale, dopo una riflessione sul brano dell'Apocalisse che ha scandito la celebrazione - abbiamo l'impegno di portare avanti il suo compito, per far sì che la sua presenza non si dilegui e sia ancora reale, dobbiamo continuare quel cammino ecclesiale, sociale e civile. Giulio, il gran numero delle persone qui presenti dice la gratitudine per il bene, che hai fatto in tanti modi ma sempre con discrezione, con la tua instancabile operosità".
"Perché un uomo è grande?" si è invece chiesto nel chiudere la celebrazione il Prevosto di Lecco Monsignor Davide Milani, sull'altare insieme a diversi altri sacerdoti del territorio. "Noi abbiamo bisogno di persone che realizzano opere buone, che lasciano segni permanenti di bene, un bene da donare. A volte si definiscono buone solo le opere che creano spettacolo. Noi invece abbiamo bisogno di uomini e donne che si assumono responsabilità, che dimostrano che anche la politica può essere buona, che riconoscono che occorre una comunità amica di tutti, che è necessario proporre una direzione da seguire. A volte gli uomini definiscono grandi coloro che ottengono potere e poi lavorano solo per averne altro. Perché Giulio è stato grande? Forse per i suoi studi, per le riflessioni? Noi abbiamo bisogno di uomini e donne che fondano il giudizio sulla verità, che si facciano strumenti della presenza di Dio. E persone come Giulio lasciano trasparire la loro appartenenza a Cristo, senza compromessi. Uomini come lui sono grandi perché fanno splendere la grandezza in cui sperano, la tenerezza che accarezzano, la bellezza. Uomini come lui sono grandi perché hanno Dio come compagnia di una vita intera".
B.P.