Morte di Boscagli, il ricordo di Filippo: 'Il Giulio' era uomo di fede, viveva la politica come un aspetto della sua vocazione. Ciò lo portava a una coerenza assoluta

Classe 1980, Filippo Boscagli era un bambino quando lo zio Giulio governava la città. Da quasi vent'anni siede a sua volta in consiglio comunale, oggi quale capogruppo di Fratelli d'Italia, in un ideale passaggio di testimone, tutto interno alla loro numerosa famiglia. 
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Filippo e Giulio Boscagli

E' stato il tuo esempio? E' stato lui a stimolarti?
Da bambino ricordo lo zio Sindaco, cosa che ha fatto si che per me in casa la politica attiva, l’amministrazione della città, fosse tema piuttosto normale. E già dal liceo prima come Presidente della Consulta degli Studenti poi in università come Consigliere Universitario Nazionale al Ministero, lui guardava con simpatia questi tentativi per poi chiedermi di entrare nella politica “dei grandi”, a partire dalla prima esperienza in Consiglio del 2006 sostenendomi fino ad oggi. Lui è stato l’esempio, lo stimolo, il consiglio ma soprattutto la compagnia dei miei 18 anni di politica lecchese, forse ha anche  aspettato che la mia esperienza diventasse matura e maggiorenne per andare….

Giulio ha sempre condiviso le tue scelte, fino all'ultima di aderire a Fratelli d'Italia?
Certo. Non c’è stato un solo momento in cui non ci sia stato un serio confronto sulle scelte importanti. Ma per lui era lo stesso quando oltre 10 anni fa ha deciso di mettersi in secondo piano, pur avendo posti di rilievo assicurati, e sostenere nuove generazioni e amici che potevano crescere. Per lui la politica era inscindibile dal rapporto con gli amici e con chi rappresentava, riteneva che la responsabilità personale del proprio ruolo in politica può essere feconda solo se accompagnata e sostenuta da una comunità di persone. Questo in lui era palese, così come la politica quale più alta forma di carità, non ha mai fatto una sola scelta che fosse per sé stesso, al punto da ritirarsi volontariamente, cosa rarissima se non unica in politica.

C'è stato un tema su cui siete andati in frizione?
Sui grandi temi e le grandi scelte davvero mai, solo tanto dialogo. Ogni tanto sfotteva me e i miei amici se vedendoci fiacchi rispetto ai suoi standard altissimi commentava “vedo che avete deciso di smettere di fare politica…”. Ma con lo zio c’era una affinità culturale, derivante dall’essere cattolici popolari, entrambi umanisti appassionati di storia e geopolitica, pur io con formazione da giurista e lui da matematico. Poi è mio zio, e la storia un po’ particolare della nostra famiglia ci accomuna in tante cose di vissuto e caratteriali.

Qual è il ricordo di Giulio, non per forza politico, che porterai sempre nel cuore? E l'insegnamento che ti lascia in eredità?
Ce ne sarebbero tantissimi, a partire dal suo attaccamento alla città in cui di ogni evento, persona e luogo era in grado di raccontarti ogni sorta di aneddoto (“andavamo in vacanza in Malnago quando la strada non era asfaltata...”) indisponendosi per chi sottovalutava il valore della storia locale. Però con grande semplicità, se devo esser sincero, come episodi a cui sono legato ci sono i Natali con i 20/25 Boscagli, o gli anniversari dei nonni festeggiati ogni settembre fino al 2005 in cui lo zio faceva le veci del nonno leggendo sue lettere strappalacrime perché lui si emozionava troppo…
“Il Giulio” era gigante di umanità e gentilezza, uomo di grandissima cultura ma soprattutto “il Giulio” era un uomo di fede. Un uomo profondamente cristiano che viveva la politica come un aspetto della sua vocazione e questo lo portava ad una coerenza assoluta con i propri ideali, fino ad esser disposti a rinunce e sacrifici o addirittura al ritiro dalla scena pubblica. L’eredità dello zio è questa e vale per i politici chiamati per un certo tempo a gestire il potere, sia per ognuno chiamato a rispondere alla propria personale responsabilità in ogni ambito.
A.M.
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