Lecco: a 50 anni esatti dall'impresa, al via le celebrazioni per ricordare l'ascesa dei Ragni sul Cerro Torre
Mostre, incontri, proiezioni: partite nel giorno esatto del cinquantesimo anniversario dell’arrivo in vetta – il 13 gennaio – le celebrazioni per ricordare l’impresa alpinistica dei Ragni lecchesi che nel 1974 conquistarono il Cerro Torre, la guglia patagonica entrata nella leggenda, un autentico mito nella storia dell’alpinismo di tutti i tempi. Una montagna sulla quale è ormai assodato siano proprio stati i lecchesi i primi ad arrivare in vetta.In un doppio incontro alla Sala Ticozzi è stato presentato il programma delle iniziative che nel corso dell’anno terrà desta l’’attenzione della città su quel traguardo che cinquant’anni fa fu sentito come collettivo non soltanto per i componenti della spedizione, non solo per i Ragni e per l’alpinismo lecchese, ma per l’intera città. Ed è una condivisione di emozioni e di intenti che si ripropone proprio in occasione delle celebrazioni dell’anniversario con la collaborazione di enti pubblici e associazioni alpinistiche, come ha sottolineato Laura Ferrari, la figlia di Casimiro, il grande alpinista che fu a capo di quella spedizione: «Di questa unità d’intenti, Casimiro sarebbe contento».Della spedizione lecchese, guidata appunto da Ferrari, facevano parte Gigi Alippi, Daniele Chiappa, Mariolinio Conti, Pino Negri, Pierlorenzo Acquistapace, Claudio Corti, Giuseppe Lafranconi, Mimmo Lanzetta, Sandro Liati, Ernesto Panzeri e Angelo Zoia. Partiti nel mese di dicembre 1973, la vigilia di Natale attaccarono la torre per arrivare in cima appunto il 13 gennaio 1974. A toccare il cielo furono Ferrari,Conti, Chiappa e Negri. Gli altri dovettero rinunciare. Per la prima volta nella storia dei “ragni”, infatti, si decise che la scarsità di vivere non consentiva a tutti i componenti del gruppo di tentare l’assalto finale. In otto, dunque, furono costretti a rinunciare.
Di tutto questo si è parlato nel corso dell’incontro in Sala Ticozzi con Giorgio Spreafico, giornalista, e Serafino Ripamonti, “ragno” e scrittore. Si è parlato di una montagna surreale che si fatica addirittura a pensare vera, una montagna “apparsa” quasi all’improvviso agli occhi degli alpinisti e diventata subito un sogno, una montagna che ha poi riservato, come si sa, tragedie, tentativi di assalto falliti, le rivalità tra gruppi alpinistici polemiche con Cesare Maestri, il forte alpinista trentino che per tutta la vita ha sostenuto di essere stato il primo ad arrivare in vetta nel 1959, nel corso di quella spedizione finita tragicamente con la morte del compagno di cordata Toni Egger durante la discesa. Un racconto, quello di Maestri, oggi ritenuto inplausibile.
I lecchesi, al Torre, ci erano già stati guidati da Carlo Mauri dovendo e furono costretti ad abbandonare la sfida. Nel tentativo del 1970, con Mauri c’era anche Casimiro Ferrari che quattro anni dopo sarebbe riuscito nell’impresa. Un’impresa sulla quale Ferrari aveva scommesso tutto se stesso. Inizialmente, infatti, l’obiettivo dei “ragni” per celebrare il centenario del Cai lecchese era il Fitz Roy, un’altra cima patagonica che sembrava più a portata di mano di un Cerro Torre ancora giudicato una montagna impossibile e che lo stesso Ferrari aveva precedentemente definito un «amore platonico». Ma Ferrari spinse perché si tentasse l’impossibile, vincendo la scommessa.
Spreafico e Ripamonti hanno parlato dei retroscena e hanno raccontato la salita fino al pupazzo di neve con il maglione rosso dei ragni lasciato in vetta. E a portare la loro testimonianza sono saliti sul palco anche Pino Ravà e Roby Chiappa, che facevano parte della spedizione di Mauri del 970; Giuseppe Lafranconi, uno degli alpinisti che nel 1974 furono costretti a rinunciare; Felice Anghileri, l’allora presidente dei “Ragni”.
La scintilla delle celebrazioni è partita dalla stessa figlia di Ferrari: «Tutto è cominciato l’anno scorso ai Resinelli in una chiacchierata con Mariolino Conti che diceva fosse necessario fare qualcosa per celebrare il cinquantesimo di quell’impresa». E c’è stato un momento di commozione, constatando come Mariolino, che sarebbe stato l’ultimo rimasto dei quattro arrivati in vetta (essendo gli altri tre deceduti nel corso di questo mezzo secolo trascorso), non fosse presente alla serata, ma che nel novembre scorso non è rientrato da una breve passeggiata nei boschi sopra casa in Valtellina: ufficialmente è disperso.
Il via alle iniziative è stato dato lunedì scorso con l’accensione della videoproiezione su Palazzo delle paure in piazza XX Settembre delle immagini della spedizione mentre nel corso della presentazione alla “Ticozzi” è stato anche proiettato “Cerro Torre Dance”, un assemblaggio di diapositive realizzato da Daniele Chiappa.
Il prossimo appuntamento sarà il 9 febbraio con un convegno dedicato alla figura di padre Alberto Maria De Agostini, esploratore e alpinista, geografo e cartografo di quella famiglia De Agostini il cui nome è appunto associati a cartine, atlanti ed enciclopedie. A De Agostini sarà dedicata anche una mostra che sarà inaugurata lo stesso 9 febbraio e resterà poi aperta un mese.
Nel mese di marzo è invece in programma un progetto per le scuole: il giornalista Giorgio Spreafico parlerà ai ragazzi di “Lecco, la montagna impossibile e la passione dell’andare oltre”.
A maggio si terrà un convegno sull’alpinismo esplorativo in Patagonia ieri e oggi, mentre nel corso dell’estate si terranno proiezioni, incontri e mostre tra Lecco, Abbadia, Mandello, Ballabio e i Piani Resinelli. I quattro Comuni che amministrano proprio la località ai piedi della Grigna, sono peraltro accomunati perché località di provenienza degli alpinisti del Torre. E allora nel corso dell’anno è prevista l’esposizione di gigantografie nelle strade a ricordare quella conquista.
Il ciclo di iniziative si concluderà l’11 dicembre a Villa Ronchetti a Galbiate, sede della Comunità montana, capofila del comitato organizzatore e rappresentata ieri da Marina Callegari che ha portato il suo saluto, assieme al sindaco lecchese Mauro Gattinoni, alla presidente provinciale Alessandra Hofmann, al consigliere regionale Giacomo Zamperini.
Di tutto questo si è parlato nel corso dell’incontro in Sala Ticozzi con Giorgio Spreafico, giornalista, e Serafino Ripamonti, “ragno” e scrittore. Si è parlato di una montagna surreale che si fatica addirittura a pensare vera, una montagna “apparsa” quasi all’improvviso agli occhi degli alpinisti e diventata subito un sogno, una montagna che ha poi riservato, come si sa, tragedie, tentativi di assalto falliti, le rivalità tra gruppi alpinistici polemiche con Cesare Maestri, il forte alpinista trentino che per tutta la vita ha sostenuto di essere stato il primo ad arrivare in vetta nel 1959, nel corso di quella spedizione finita tragicamente con la morte del compagno di cordata Toni Egger durante la discesa. Un racconto, quello di Maestri, oggi ritenuto inplausibile.
I lecchesi, al Torre, ci erano già stati guidati da Carlo Mauri dovendo e furono costretti ad abbandonare la sfida. Nel tentativo del 1970, con Mauri c’era anche Casimiro Ferrari che quattro anni dopo sarebbe riuscito nell’impresa. Un’impresa sulla quale Ferrari aveva scommesso tutto se stesso. Inizialmente, infatti, l’obiettivo dei “ragni” per celebrare il centenario del Cai lecchese era il Fitz Roy, un’altra cima patagonica che sembrava più a portata di mano di un Cerro Torre ancora giudicato una montagna impossibile e che lo stesso Ferrari aveva precedentemente definito un «amore platonico». Ma Ferrari spinse perché si tentasse l’impossibile, vincendo la scommessa.
Spreafico e Ripamonti hanno parlato dei retroscena e hanno raccontato la salita fino al pupazzo di neve con il maglione rosso dei ragni lasciato in vetta. E a portare la loro testimonianza sono saliti sul palco anche Pino Ravà e Roby Chiappa, che facevano parte della spedizione di Mauri del 970; Giuseppe Lafranconi, uno degli alpinisti che nel 1974 furono costretti a rinunciare; Felice Anghileri, l’allora presidente dei “Ragni”.
La scintilla delle celebrazioni è partita dalla stessa figlia di Ferrari: «Tutto è cominciato l’anno scorso ai Resinelli in una chiacchierata con Mariolino Conti che diceva fosse necessario fare qualcosa per celebrare il cinquantesimo di quell’impresa». E c’è stato un momento di commozione, constatando come Mariolino, che sarebbe stato l’ultimo rimasto dei quattro arrivati in vetta (essendo gli altri tre deceduti nel corso di questo mezzo secolo trascorso), non fosse presente alla serata, ma che nel novembre scorso non è rientrato da una breve passeggiata nei boschi sopra casa in Valtellina: ufficialmente è disperso.
Il via alle iniziative è stato dato lunedì scorso con l’accensione della videoproiezione su Palazzo delle paure in piazza XX Settembre delle immagini della spedizione mentre nel corso della presentazione alla “Ticozzi” è stato anche proiettato “Cerro Torre Dance”, un assemblaggio di diapositive realizzato da Daniele Chiappa.
Il prossimo appuntamento sarà il 9 febbraio con un convegno dedicato alla figura di padre Alberto Maria De Agostini, esploratore e alpinista, geografo e cartografo di quella famiglia De Agostini il cui nome è appunto associati a cartine, atlanti ed enciclopedie. A De Agostini sarà dedicata anche una mostra che sarà inaugurata lo stesso 9 febbraio e resterà poi aperta un mese.
A maggio si terrà un convegno sull’alpinismo esplorativo in Patagonia ieri e oggi, mentre nel corso dell’estate si terranno proiezioni, incontri e mostre tra Lecco, Abbadia, Mandello, Ballabio e i Piani Resinelli. I quattro Comuni che amministrano proprio la località ai piedi della Grigna, sono peraltro accomunati perché località di provenienza degli alpinisti del Torre. E allora nel corso dell’anno è prevista l’esposizione di gigantografie nelle strade a ricordare quella conquista.
Il ciclo di iniziative si concluderà l’11 dicembre a Villa Ronchetti a Galbiate, sede della Comunità montana, capofila del comitato organizzatore e rappresentata ieri da Marina Callegari che ha portato il suo saluto, assieme al sindaco lecchese Mauro Gattinoni, alla presidente provinciale Alessandra Hofmann, al consigliere regionale Giacomo Zamperini.
D.C.