50 anni dopo il Cerro Torre: le immagini dell'impresa proiettate in centro
Accesa la settimana del cinquantesimo anniversario della conquista del Cerro Torre da parte di una spedizione dei “Ragni della Grignetta”. Era il pomeriggio del 13 gennaio quando quattro dei maglioni rossi partecipanti all’impresa hanno raggiunto la vetta di quella che era stata definita la “montagna impossibile”, una montagna leggendaria, la montagna di una vita, attorno alle quali si sono anche scatenate lotte furibonde e polemiche veementi, una montagna che ha segnato la storia dell’alpinismo mondiale.
Ancora per molto tempo, dopo quel 13 gennaio, non era chiaro se la spedizione lecchese, salita lungo la parete Ovest, potesse infatti essere considerata la prima ad arrivare in cima al “grido di pietra”. C’era da fare i conti con la tragica spedizione di Cesare Maestri del 1959: durante la discesa precipitò e morì l’alpinista austriaco Toni Egger che aveva con sé le fotografie che documentavano la conquista della vetta; così sosteneva Maestri. Ma è ormai acclarato che Maestri ed Egger in cima non sono arrivati. E che quindi i veri conquistatori siano proprio i Ragni lecchesi.
Questa settimana, dunque, la città ricorda quell’impresa, forse l’ultima grande impresa dell’alpinismo lecchese, quanto meno l’ultima che abbia coinvolto l’intera città, anche chi non pratica la montagna, un impresa che rappresentò un momento importante per l’alpinismo lecchese ed ebbe anche ricadute sociali, come ricorda Laura Ferrari, la figlia di quel Casimiro Ferrari che fu il capo di quella spedizione e finì con l’essere chiamato re della Patagonia per i suoi legami con quell’angolo di Argentina dove decise di vivere i suoi ultimi anni di vita. Non c’è più Casimiro Ferrari, morto nel 2001. E non ci sono più Pino Negri, egli pure morto nel 2001, e Daniele Chiappa, morto nel 2008. Erano del gruppo dei quattro che piantò in vetta al Torre il gagliardetto dei “Ragni”. Il quarto è Mariolino Conti, che sarebbe il sopravvissuto, ma disperso sui monti valtellinesi dal mese di novembre dell’anno scorso: uscito per una breve escursione non è più rientrato. E le ricerche sono state vane.
Ed è proprio per coinvolgere l’intera città che da stasera fino a domenica sulla facciata di Palazzo delle paure in piazza XX Settembre sono proiettate alcune delle immagini di quella spedizione, definita «un’impresa visionaria in anticipo sui tempi».
Il via alla proiezione è stato dato senza squilli di tromba, quasi in maniera informale, senza discorsi, ma in piazza erano presenti molte delle anime dell’alpinismo lecchese, segno che il “Cerro Torre” ancora è occasione di unione per la città, un aspetto sottolineato come di buon auspicio da parte di Marta Cassin, la nipote del grande Riccardo Cassin, la quale è tra i promotori dell’iniziativa, proprio assieme a Laura Ferrari.
La settimana proseguirà sabato – giorno dell’anniversario – alla sala Ticozzi dove sarà proiettata la versione restaurata e aggiornata di “Cerro Torre Dance”, il video creato da Daniele Chiappa per raccontare la meravigliosa avventura sulla Ovest.Visti i limitati posti disponibili nella sala e al fine di consentire a tutti di partecipare all’evento è prevista una doppia proiezione. La prima alle ore 17, su invito, riservata alle autorità e alla stampa, con la presentazione del programma completo delle iniziative. La seconda alle ore 20.45 a ingresso libero, aperta a tutta la cittadinanza.
Le due iniziative – le immagini in piazza XX Settembre e l’appuntamento in sala Ticozzi – sono le prime di una serie che nel corso dell’anno terrà desta l’attenzione su una pagina di storia tra le più magiche non della città e dell’alpinismo non solo lecchese.
Ancora per molto tempo, dopo quel 13 gennaio, non era chiaro se la spedizione lecchese, salita lungo la parete Ovest, potesse infatti essere considerata la prima ad arrivare in cima al “grido di pietra”. C’era da fare i conti con la tragica spedizione di Cesare Maestri del 1959: durante la discesa precipitò e morì l’alpinista austriaco Toni Egger che aveva con sé le fotografie che documentavano la conquista della vetta; così sosteneva Maestri. Ma è ormai acclarato che Maestri ed Egger in cima non sono arrivati. E che quindi i veri conquistatori siano proprio i Ragni lecchesi.
Questa settimana, dunque, la città ricorda quell’impresa, forse l’ultima grande impresa dell’alpinismo lecchese, quanto meno l’ultima che abbia coinvolto l’intera città, anche chi non pratica la montagna, un impresa che rappresentò un momento importante per l’alpinismo lecchese ed ebbe anche ricadute sociali, come ricorda Laura Ferrari, la figlia di quel Casimiro Ferrari che fu il capo di quella spedizione e finì con l’essere chiamato re della Patagonia per i suoi legami con quell’angolo di Argentina dove decise di vivere i suoi ultimi anni di vita. Non c’è più Casimiro Ferrari, morto nel 2001. E non ci sono più Pino Negri, egli pure morto nel 2001, e Daniele Chiappa, morto nel 2008. Erano del gruppo dei quattro che piantò in vetta al Torre il gagliardetto dei “Ragni”. Il quarto è Mariolino Conti, che sarebbe il sopravvissuto, ma disperso sui monti valtellinesi dal mese di novembre dell’anno scorso: uscito per una breve escursione non è più rientrato. E le ricerche sono state vane.
Ed è proprio per coinvolgere l’intera città che da stasera fino a domenica sulla facciata di Palazzo delle paure in piazza XX Settembre sono proiettate alcune delle immagini di quella spedizione, definita «un’impresa visionaria in anticipo sui tempi».
Il via alla proiezione è stato dato senza squilli di tromba, quasi in maniera informale, senza discorsi, ma in piazza erano presenti molte delle anime dell’alpinismo lecchese, segno che il “Cerro Torre” ancora è occasione di unione per la città, un aspetto sottolineato come di buon auspicio da parte di Marta Cassin, la nipote del grande Riccardo Cassin, la quale è tra i promotori dell’iniziativa, proprio assieme a Laura Ferrari.
Le due iniziative – le immagini in piazza XX Settembre e l’appuntamento in sala Ticozzi – sono le prime di una serie che nel corso dell’anno terrà desta l’attenzione su una pagina di storia tra le più magiche non della città e dell’alpinismo non solo lecchese.
D.C.