Resinelli: alla scoperta della miniera Anna, porte aperte grazie al festival Leggermente

Un viaggio nel tempo alla scoperta della storia mineraria dei Resinelli.
È proprio qui, ai piedi della Grigna meridonale, che ha avuto luogo nel pomeriggio di sabato 27 giugno il primo della serie di appuntamenti presentati da Confcommercio, Immagimondo e Les Cultures in occasione del festival "Leggermente".
Forse non tutti sanno che in questa zona fin dal XV secolo si estraevano minerali preziosi: l'altopiano infatti, sebbene si trovi nella verdissima, aspra e un po' selvaggia Val Calolden, in molti punti è brullo come un sasso.

Le prime miniere risalgono al 1600 circa, quando ebbe inizio la coltivazione della zona da parte dei signori Brusca e Pedrotti. In quegli anni infatti, durante il periodo invernale, quando non erano impegnati nei campi, per sopravvivere i contadini iniziarono a lavorare in miniera, dove estraevano soprattutto zinco e piombo. Successivamente, con la fine della Seconda Guerra Mondiale e l'abbassamento dei prezzi dei minerali, iniziò la decadenza delle miniere, fino alla loro chiusura, e quindi la fine dell'attività di estrazione, nel 1958. Oggi, dopo secoli di attività, le miniere si sono trasformate in un luogo in cui rievocare il passato. Attraverso un viaggio nel sottosuolo è possibile riscoprire e rivivere la storia dei vecchi minatori e le tecniche più antiche usate nel corso dei secoli per l'estrazione dei minerali.

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Nel parco minerario dei Resinelli, in particolare, si possono ammirare tre antiche miniere, poco distanti tra loro: la miniera Sottocavallo, disposta su sette livelli con un profondo pozzo centrale che permette la vista dei sottolivelli; la miniera Silvia, caratterizzata da una sala attrezzata per piccoli concerti; e la miniera Anna, chiusa nel 1958 e riaperta al pubblico nel 2002 dopo un lungo abbandono, che è l'unica delle tre a essere utilizzata oggi a scopo turistico.

È proprio nella Miniera Anna, dunque, che ha avuto luogo la gita turistica che ha dato inizio alla kermesse "Leggermente". Punto di riferimento per la partenza il grattacielo che sorge sul piazzale delle Miniere. Proprio accanto, in quello che era il vecchio capanno dei minatori ora ristrutturato, i trenta visitatori (questo è il numero massimo di persone che possono accedere all'interno della miniera), muniti di caschetto, stivali e torcia hanno iniziato la loro avventura, accompagnati dell'esperta guida Dario Milani.
Dopo un breve sentiero tra i faggi con stupenda panoramica sulla valle, ecco scorgere una porta sul fianco del monte: l'ingresso alla miniera. Il primo impatto è tanto disorientante quanto affascinante. Subito si viene investiti da un buio intenso (solo qualche luce di sicurezza illumina il percorso) e uno sbalzo termico (la temperatura all'interno è di circa 10°). La roccia irregolare, inoltre, dà vita a giochi di luce ed echi insoliti, che rendono il tutto ancora più suggestivo.
Il percorso, tracciato a scopo illustrativo, permette di attraversare tre epoce storiche differenti: dal 1500 al 1700, dal 1700 alla seconda metà dell'800, e dalla fine dell'800 al 1958, anno di chiusura.


Dal 1500 al 1700
La prima parte della Miniera è quindi la più antica, scavata nel XVII secolo con pochi mezzi interamente a mano. Per questo gallerie e passaggi sono piuttosto irregolari e, se non fosse per le fitte palificazioni che reggono la volta, l'impressione sarebbe quella di infilarsi in una grotta scavata dalla natura invece che dall'uomo. Da queste labirintiche cavità si estraeva la galena argentifera, ovvero il piombo, un materiale molto duro e faticoso da scavare. Il metodo di estrazione consisteva nel rompere le rocce in piccoli pezzi, e selezionare da essi il minerale. Le restanti rocce venivano usate per riempire porzioni di miniera più consumata e assicurarne la stabilità.
Il tempo medio di avanzamento della galleria, in questa prima fase storica, era di circa un metro ogni due mesi e mezzo per due minatori.
Dopo questa prima parte della miniera il percorso è proseguito nella camera degli gnomi, una sala pensata apposta per i più piccoli dove vengono mostrate alcune delle attività minerarie che venivano fatte al di fuori della miniera. Quando i minatori uscivano con un carico di piombo grezzo (galena) sulla loro spalla si dirigevano a valle ai mulini vicino Laorca, accanto a Lecco. Qui una ruota idraulica attivava il movimento del martello, che schiacciava il minerale fino a renderlo sottile come la sabbia. Una volta lavata e asciugata al sole, la sabbia veniva messa in un forno a 400°, temperatura a cui il piombo grezzo si scioglie e si separa dagli altri materiali. Dopo più procedure di questo tipo, si ottiene il minerale puro, pronto per essere utilizzato nella costruzione di tubi per acquedotti e impianti, vernici e cristalli. La resa era davvero minima (2,5%), questo significa che da 100 kg di galena si ottenevano solamente 2,5 kg di piombo. Considerando che in due mesi e mezzo due minatori raccoglievano circa 40 kg di galena si può comprendere facilmente quanto sbilanciato fosse il rapporto fatica/resa.


Dal 1700 alla seconda metà dell'800
La stanza successiva è quella dello scanner. Qui si entra nel secondo periodo storico (1700 - 1800), quando per scavare veniva utilizzata la polvere da sparo. La stanza ha infatti dimensioni molto più ampie rispetto a quelle precedenti. Gli esplosivi venivano inseriti in fori triangolari (circa 20, di 70cm di profondità) fatti a mano. Caricati di polvere da sparo, venivano collegate delle micce, a loro volta collegate a un'unica miccia, e fatti esplodere. Due giorni dopo, quando le polveri si erano depositate tornavano all'interno della miniera a raccogliere il minerale. Con questo metodo, il tempo medio di avanzamento era sceso a un metro di galleria in un mese e mezzo con due minatori.


Dalla fine dell'800 al 1958
Proseguendo si arriva poi alla stanza del carro e alla camera degli incroci. Questa è la parte più moderna: ci sono delle rotaie, un carro e i tubi di aria compressa (utilizzata per il funzionamento del perforatore e dell'illuminazione). Qui le gallerie sono dritte, e venivano scavate con martelli pneumatici ed esplosivi.
Nel X secolo la velocità di estrazione ha raggiunto il record: si avanzava di circa un metro al giorno con squadre di due lavoratori. In questa sala sono esposti alcuni martelli degli anni '50, ancora funzionanti, e diversi strumenti di monitoraggio in genere utilizzati per controllare i movimenti e le deformazioni delle rocce.

Una volta terminato il percorso di circa un'ora e mezza, ritornare all'aria aperta e passeggiare esattamente 100 metri sopra a dove ci si trovava qualche minuto prima sembra quasi irreale. La stessa valle da cui si è partiti, ora piena di luce e soprattutto ariosa, non è più la stessa. Il suo "lato oscuro" ha lasciato il segno.
Pietro Magnani
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