Lecco ricorda il 25 Aprile e la necessità di difendere la Democrazia e la Costituzione
''Il dovere della memoria è quello di rendere concreti i valori della democrazia, dei diritti sociali, della pace e della libertà. Perché la Costituzione è un programma Resistente che va ancora attuato, che deve essere continuamente rivitalizzato e difeso con la partecipazione, perché è solo con la democrazia antifascista che i diritti assumono un carattere a base di massa rispetto a lavoro, salute, istruzione''. Sono queste le parole che il presidente dell’Anpi provinciale di Lecco Enrico Avagnina ha scelto di scandire in occasione della cerimonia istituzionale svoltasi in città per la celebrazione dell’80° anniversario della Liberazione dell’Italia dal nazi-fascismo.

Un palco inusuale - quello della piazza Cermenati - a cui il corteo è giunto dopo un percorso altrettanto inusuale partito dalla Basilica di San Nicolò dove monsignor Bortolo Uberti, prevosto di Lecco, ha celebrato la tradizionale messa e proseguito attraverso via Resinelli fino a Largo di Montenero, per poi percorrere via Volta, piazza Diaz, via Cavour, via Roma, piazza XX Settembre fino alla tappa finale.

Un corteo partecipatissimo dalle istituzioni, dalle scuole, dalle associazioni ma soprattutto da famiglie e cittadini di ogni età che hanno marciato sulle note del corpo musicale Alessandro Manzoni. La prima tappa è stata, come detto, in largo Montenero, dove si è svolta la cerimonia di deposizione delle corone d'alloro al monumento ai Caduti della lotta di Liberazione, seguita dalla sosta al di fuori del municipio dove è stata data lettura delle motivazioni che portarono il 14 marzo 1976 l’allora Presidente della Repubblica Sandro Pertini a conferire alla città di Lecco la medaglia d'argento al valor militare per la Lotta di Liberazione: gesto compiuto in questa occasione da Elena Lomonte, giovane neo-iscritta all’Anpi, che ha conosciuto l’associazione attraverso uno dei progetti portati avanti nelle scuole.

È stato dal palco di piazza Cermenati che le diverse autorità hanno pronunciato i propri discorsi, a partire dal primo cittadino lecchese Mauro Gattinoni che si è detto ''felice, onorato e, permettetemi, anche molto emozionato di poter celebrare gli 80 anni da quel 25 aprile con questa grande manifestazione da Sindaco della Città di Lecco, medaglia d’Argento al valor militare per la Resistenza''.
Gattinoni ha tenuto insieme memoria e attualità: ''La Resistenza fu una insomma, anche a Lecco, un movimento plurale, una risposta ''umana'' al buio della dittatura, un atto collettivo di coraggio nato dal desiderio profondo di libertà e giustizia. L’Italia era relegata alla parte sbagliata della storia al termine del ventennio fascista che soffocò la democrazia e la libertà; che usò la violenza, il carcere e il confino contro i suoi oppositori; che adottò le leggi razziali, contribuendo alla deportazione e allo sterminio degli ebrei; che trascinò in un conflitto mondiale i suoi cittadini, portando alla morte di migliaia di uomini e donne. Se dunque l’Italia ha avuto quel sussulto politico interno e un riscatto internazionale dopo l’umiliazione e la vergogna del nazi-fascismo, se, uscendo dalla Seconda guerra mondiale da perdenti, abbiamo avuto, come popolo, quella dignità che invece come Governo avevamo perso, lo dobbiamo al sacrificio delle persone che fecero la Resistenza. Come dichiarò De Gasperi alla Conferenza di Pace di Parigi del 1946 ‘abbiamo pagato col sangue dei partigiani la riconquista della dignità nazionale’. Chi si dice, oggi, patriota, dovrebbe ricordarselo!''.
Parlando appunto di attualità si è chiesto il sindaco: ''Che cosa vediamo, ancora oggi? Bambini strappati alle proprie famiglie, bombe sui civili, violenza indiscriminata, deportazione, sequestri, esecuzioni sommarie, stupri, torture. Ma anche grandi democrazie occidentali liberali che stanno subendo fortissime distorsioni. Ecco, dunque, il cuore della riflessione e l’invito che voglio condividere con voi oggi: monitoriamo i processi! Monitoriamo con attenzione i processi, perché passo dopo passo, assuefatti, parola dopo parola, immagine dopo immagine, rischiamo di scivolare lungo il piano inclinato della storia, svuotando la democrazia''.

''Andiamo oltre ai singoli fatti! Cerchiamo di indagare, scovare, comprendere i processi, i meccanismi di collegamento, le dinamiche, i nessi causali e le conseguenze che (allora come ora, in diversi tempi e diversi spazi) hanno portato agli epiloghi più sconvolgenti e vergognosi per l’umanità. Alcuni di questi processi storici, che trovate già tutti descritti nei libri, ve li voglio proprio elencare in maniera esplicita perché li possiamo riconoscere: un deterioramento delle istituzioni democratiche, smontate scientificamente per lasciare spazio ad una volontà unica, una volontà di potenza che si impone sfacciata e arrogante; una forma democratica senza spirito democratico; un limitare/esasperare/forzare procedure formali dopo averne svuotato l’anima, così che si prestino a diventare un mezzo utile a qualsiasi fine; il produrre leggi ingiuste (applaudite come conquiste di civiltà) perché i tribunali le debbano applicare, o, peggio ancora, speculare sui tempi necessari alla giustizia per mettersi in moto, incassando ora un consenso il cui contenuto verrà poi smontato dalle sentenze; ma intanto il danno sarà fatto. O ancora, limitare le libertà di espressione (politica, sindacale, artistica) controllando e manipolando i canali di comunicazione più diffusi, o facendovi scorrere in prevalenza contenuti artefatti (fake true) per far sorgere un pensiero omologato, diffuso, e quindi aritmeticamente maggioritario, comprimendo per converso, minoranza e dissenso''.

''Monitoriamo con attenzione quando si tagliando i fondi alla scuola e alle libere università. Il tutto, attenzione, accompagnato da strumenti per produrre una propaganda di massa martellante, oggi per certi versi ancor più penetrante sul piano della raffinatezza tecnologica e psicologica che istigano alla diffidenza, al rancore, all’odio, fino a sdoganare ogni orrore detto o fatto al prossimo. Monitoriamo bene i processi storici quando raccontanodi un ceto politico aggressivo, abbinato ai grandi poteri economici, strategici e oligarchici, sovrapponendo interesse pubblico e quello privato confondendolo, o più precisamente, corrompendolo; o quando si producono inique concentrazioni di ricchezza e conseguenti ampie fasce di persone povere, precarie, quindi più vulnerabili. Guardiamo con attenzione se e dove queste cose accadono! Perché, se e dove accadono queste cose, allora lì la democrazia è in pericolo''.

A seguire Mattia Micheli, vicepresidente della Provincia di Lecco, ha voluto ricordare la recente scomparsa di Papa Francesco: ''È stato pastore universale e guida spirituale, capace di parlare al cuore di tutti, credenti e non credenti; ha segnato il nostro tempo con il suo esempio, il linguaggio della semplicità e l’instancabile impegno per la pace, la giustizia sociale e la cura del creato. Il 25 aprile è la festa della Libertà, la festa di tutti gli italiani. E a proposito della libertà il Santo Padre affermava che ‘Si è liberi non ciascuno per sé, ma in relazione tra di noi e al servizio del bene comune''. Parlando di come il territorio rappresenti ''un esempio di come l’identità locale possa contribuire a una visione più ampia di libertà e coesione nazionale'', Micheli ha ricordato che quest’anno ricorre il 30° anniversario dell’istituzione della Provincia di Lecco.

In rappresentanza dell’Ufficio territoriale del governo è intervenuto il prefetto Sergio Pomponio per soffermarsi su alcuni dei risultati e dei lasciti della guerra di Liberazione: ''Uno dei principali insegnamenti è che i poteri molto forti fanno molto rumore quando crollano ma anche che le grandi masse di persone hanno proclamato qualcosa di diverso dalle armi. Questa è la particolarità della lotta partigiana che ha avuto successo perché dietro a ogni combattente c’era una società non in armi. La Resistenza, in particolare quella in Italia, ci ha lasciato eredità la libertà di chi combatte e di chi combatte contro”. E l’altra importante eredità è la Costituzione: ''Il nostro faro per l’avvenire, perché i diritti fondamentali che vengono riconosciuti dalla Repubblica hanno alla base il riconoscimento e la partecipazione collettiva nelle istituzioni, senza passione democratica la Repubblica non può riconoscere e garantire nulla perché non ha la forza per imporsi''.

Culmine della manifestazione l’intervento di Enrico Avagnina che ha innanzitutto ricordato con gratitudine le diverse “Resistenze” che contribuirono alla sconfitta del nazi-fascismo: quella dei combattenti delle Forze Armate Italiane che dopo l'8 settembre 1943 non si arresero alle forze tedesche; quella dei militari italiani dell'esercito di Liberazione del Sud; quella degli oltre 50mila civili italiani deportati nei campi di eliminazione nazisti che nella maggior parte vi lasciarono la vita (sono ben 96 i deportati e uccisi della nostra Provincia, tra loro quattro lecchesi che ogni anno vengono ricordati il 12 luglio a Fossoli); le donne che combatterono con le armi e affrontarono la pericolosa attività di staffetta o furono soccorritrici di prigionieri e di feriti come le sorelle Villa, i sacerdoti don Giovani Ticozzi e don Martino Alfieri, i medici, gli ospedalieri, i ferrovieri e tutti coloro che cercarono di soccorrere le popolazioni dalle violenze fisiche e morali.

Il presidente dell’Anpi lecchese ha naturalmente parlato anche della Resistenza delle operaie e degli operai lecchesi che il 7 marzo 1944 scioperarono per il salario e contro la guerra pagando il prezzo altissimo di 26 deportati nei campi di concentramento da cui, in 19, non ritornarono; e la Resistenza armata che attuò lo scontro di guerriglia delle formazioni volontarie di città e di montagna. “Quella lotta che, come sottolineò Pertini nel ’76, era iniziata negli anni ‘20 e che vide protagonisti Gaetano Invernizzi e Francesca ‘Vera’ Ciceri, entrambi operai, comunisti antifascisti e per questo incarcerati dal regime, ma pronti, una volta tornati liberi dopo il 25 luglio 1943, a dar vita alla prima banda partigiana organizzata ai piani d’Erna fin dal 9 settembre 1943''.

Delle parole speciali sono state spese per Giancarla Riva Pessina, presidente onoraria dell’Anpi provinciale scomparsa lo scorso 20 novembre e ricordata anche con uno striscione: "In quella società civile c’era anche una ragazza di Castello, di tredici anni Giancarla Riva Pessina, troppo giovane per essere partigiana, ma già capace di ascoltare e far tesoro delle idee socialiste che animavano il padre e i due fratelli, di raccogliere le idee di emancipazione della madre che già nel 1942 manifestava insieme ad altre donne davanti alla prefettura per il pane, per migliorare le condizioni di vita. Giovane allora per essere partigiana, ma non per formarsi e battersi dal dopoguerra fino a qualche mese fa per i diritti delle donne, per i diritti sociali, di eguaglianza, ovvero per l’attuazione della Costituzione, impegnandosi con ‘disciplina e onore’ alla vita sindacale e amministrativa di questa città”.

Ma, ha sottolineato Avagnina, la ricorrenza della Liberazione non è solo memoria e le battaglie da portare avanti sono per l’Anpi chiare: ''Oggi vediamo messo in discussione l’impianto della Carta fondamentale che ha dato vita alla Repubblica e la stessa democrazia moderna. Sono in crisi i tre pilastri su cui si fonda: la partecipazione popolare alle scelte, il dialogo e la trasparenza nelle decisioni, l’equilibrio tra i poteri legislativo, esecutivo e giudiziario. I tempi della democrazia sembrano oggi obsoleti e si diffonde il fascino per metodi che privilegiano il potere esecutivo a scapito della partecipazione; le istituzioni preposte al controllo e alla trasparenza, come la magistratura e la libera informazione, vengono considerate un ostacolo al potere esecutivo, che tende a limitarne l’autonomia, così come viene sempre più marginalizzato il ruolo del Parlamento; anche Paesi fino ad oggi democratici disprezzano il dialogo e adottano metodi impositivi, fondati sulla forza economico-militare. Siamo quindi di fronte a una sfida inedita: innovare le istituzioni democratiche senza snaturarle; migliorare, i processi decisionali senza limitare la partecipazione e il controllo; tenere sempre presente che i diritti politici e sociali valgono di più di ogni efficientismo. La Costituzione è l’approdo materiale di una spinta ideale, il concretarsi di una grammatica partigiana dopo vent’anni di regime fascista e di guerre. Anpi si è data il compito di collaborare alla piena attuazione della Costituzione e pertanto in questa giornata, denunciamo e ci opponiamo con fermezza ai tentativi in atto di stravolgerne due principi cardine l’equilibrio tra i poteri dello Stato e l’idea della democrazia come partecipazione e non come delega ad un uomo o ad una donna sola al comando''.

Proseguendo Avagnina, ha detto: ''Pensiamo che l’articolo 3 della Costituzione (''È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese'') possa diventare anche centrale obiettivo di solidarietà per una idea di Europa aperta, unione di popoli per il consolidamento se non ricostruzione dello stato sociale, contro i nazionalismi, contro il riarmo, contro le chiusure alle frontiere in difesa di una fortezza retrograda. È con questa idea di Europa, che proviene anche dal manifesto di Ventotene, dalla nostra Costituzione, dal Trattato di Helsinki, che ci troviamo oggi ad affrontare la grande sfida di questi tempi difficili, la pace. Una costruzione di pace che proprio in questi tempi dove assistiamo alle scelte di una classe dirigente europea travolta dalla rincorsa al riarmo, ci richiede di ritornare a riflettere con più decisione su i temi del disarmo, della riconversione dell’industria bellica. Oggi dopo la morte del Papa ci sentiamo più soli in questa costruzione di pace''.

Le autorità lecchesi dinnanzi al municipio. Da destra il prefetto Sergio Pomponio, il vice presidente della Provincia, Mattia Micheli e il sindaco Mauro Gattinoni
Un palco inusuale - quello della piazza Cermenati - a cui il corteo è giunto dopo un percorso altrettanto inusuale partito dalla Basilica di San Nicolò dove monsignor Bortolo Uberti, prevosto di Lecco, ha celebrato la tradizionale messa e proseguito attraverso via Resinelli fino a Largo di Montenero, per poi percorrere via Volta, piazza Diaz, via Cavour, via Roma, piazza XX Settembre fino alla tappa finale.

Un corteo partecipatissimo dalle istituzioni, dalle scuole, dalle associazioni ma soprattutto da famiglie e cittadini di ogni età che hanno marciato sulle note del corpo musicale Alessandro Manzoni. La prima tappa è stata, come detto, in largo Montenero, dove si è svolta la cerimonia di deposizione delle corone d'alloro al monumento ai Caduti della lotta di Liberazione, seguita dalla sosta al di fuori del municipio dove è stata data lettura delle motivazioni che portarono il 14 marzo 1976 l’allora Presidente della Repubblica Sandro Pertini a conferire alla città di Lecco la medaglia d'argento al valor militare per la Lotta di Liberazione: gesto compiuto in questa occasione da Elena Lomonte, giovane neo-iscritta all’Anpi, che ha conosciuto l’associazione attraverso uno dei progetti portati avanti nelle scuole.

È stato dal palco di piazza Cermenati che le diverse autorità hanno pronunciato i propri discorsi, a partire dal primo cittadino lecchese Mauro Gattinoni che si è detto ''felice, onorato e, permettetemi, anche molto emozionato di poter celebrare gli 80 anni da quel 25 aprile con questa grande manifestazione da Sindaco della Città di Lecco, medaglia d’Argento al valor militare per la Resistenza''.
Gattinoni ha tenuto insieme memoria e attualità: ''La Resistenza fu una insomma, anche a Lecco, un movimento plurale, una risposta ''umana'' al buio della dittatura, un atto collettivo di coraggio nato dal desiderio profondo di libertà e giustizia. L’Italia era relegata alla parte sbagliata della storia al termine del ventennio fascista che soffocò la democrazia e la libertà; che usò la violenza, il carcere e il confino contro i suoi oppositori; che adottò le leggi razziali, contribuendo alla deportazione e allo sterminio degli ebrei; che trascinò in un conflitto mondiale i suoi cittadini, portando alla morte di migliaia di uomini e donne. Se dunque l’Italia ha avuto quel sussulto politico interno e un riscatto internazionale dopo l’umiliazione e la vergogna del nazi-fascismo, se, uscendo dalla Seconda guerra mondiale da perdenti, abbiamo avuto, come popolo, quella dignità che invece come Governo avevamo perso, lo dobbiamo al sacrificio delle persone che fecero la Resistenza. Come dichiarò De Gasperi alla Conferenza di Pace di Parigi del 1946 ‘abbiamo pagato col sangue dei partigiani la riconquista della dignità nazionale’. Chi si dice, oggi, patriota, dovrebbe ricordarselo!''.
Parlando appunto di attualità si è chiesto il sindaco: ''Che cosa vediamo, ancora oggi? Bambini strappati alle proprie famiglie, bombe sui civili, violenza indiscriminata, deportazione, sequestri, esecuzioni sommarie, stupri, torture. Ma anche grandi democrazie occidentali liberali che stanno subendo fortissime distorsioni. Ecco, dunque, il cuore della riflessione e l’invito che voglio condividere con voi oggi: monitoriamo i processi! Monitoriamo con attenzione i processi, perché passo dopo passo, assuefatti, parola dopo parola, immagine dopo immagine, rischiamo di scivolare lungo il piano inclinato della storia, svuotando la democrazia''.

''Andiamo oltre ai singoli fatti! Cerchiamo di indagare, scovare, comprendere i processi, i meccanismi di collegamento, le dinamiche, i nessi causali e le conseguenze che (allora come ora, in diversi tempi e diversi spazi) hanno portato agli epiloghi più sconvolgenti e vergognosi per l’umanità. Alcuni di questi processi storici, che trovate già tutti descritti nei libri, ve li voglio proprio elencare in maniera esplicita perché li possiamo riconoscere: un deterioramento delle istituzioni democratiche, smontate scientificamente per lasciare spazio ad una volontà unica, una volontà di potenza che si impone sfacciata e arrogante; una forma democratica senza spirito democratico; un limitare/esasperare/forzare procedure formali dopo averne svuotato l’anima, così che si prestino a diventare un mezzo utile a qualsiasi fine; il produrre leggi ingiuste (applaudite come conquiste di civiltà) perché i tribunali le debbano applicare, o, peggio ancora, speculare sui tempi necessari alla giustizia per mettersi in moto, incassando ora un consenso il cui contenuto verrà poi smontato dalle sentenze; ma intanto il danno sarà fatto. O ancora, limitare le libertà di espressione (politica, sindacale, artistica) controllando e manipolando i canali di comunicazione più diffusi, o facendovi scorrere in prevalenza contenuti artefatti (fake true) per far sorgere un pensiero omologato, diffuso, e quindi aritmeticamente maggioritario, comprimendo per converso, minoranza e dissenso''.

Sul palco il sindaco Mauro Gattinoni
''Monitoriamo con attenzione quando si tagliando i fondi alla scuola e alle libere università. Il tutto, attenzione, accompagnato da strumenti per produrre una propaganda di massa martellante, oggi per certi versi ancor più penetrante sul piano della raffinatezza tecnologica e psicologica che istigano alla diffidenza, al rancore, all’odio, fino a sdoganare ogni orrore detto o fatto al prossimo. Monitoriamo bene i processi storici quando raccontanodi un ceto politico aggressivo, abbinato ai grandi poteri economici, strategici e oligarchici, sovrapponendo interesse pubblico e quello privato confondendolo, o più precisamente, corrompendolo; o quando si producono inique concentrazioni di ricchezza e conseguenti ampie fasce di persone povere, precarie, quindi più vulnerabili. Guardiamo con attenzione se e dove queste cose accadono! Perché, se e dove accadono queste cose, allora lì la democrazia è in pericolo''.

A seguire Mattia Micheli, vicepresidente della Provincia di Lecco, ha voluto ricordare la recente scomparsa di Papa Francesco: ''È stato pastore universale e guida spirituale, capace di parlare al cuore di tutti, credenti e non credenti; ha segnato il nostro tempo con il suo esempio, il linguaggio della semplicità e l’instancabile impegno per la pace, la giustizia sociale e la cura del creato. Il 25 aprile è la festa della Libertà, la festa di tutti gli italiani. E a proposito della libertà il Santo Padre affermava che ‘Si è liberi non ciascuno per sé, ma in relazione tra di noi e al servizio del bene comune''. Parlando di come il territorio rappresenti ''un esempio di come l’identità locale possa contribuire a una visione più ampia di libertà e coesione nazionale'', Micheli ha ricordato che quest’anno ricorre il 30° anniversario dell’istituzione della Provincia di Lecco.

In rappresentanza dell’Ufficio territoriale del governo è intervenuto il prefetto Sergio Pomponio per soffermarsi su alcuni dei risultati e dei lasciti della guerra di Liberazione: ''Uno dei principali insegnamenti è che i poteri molto forti fanno molto rumore quando crollano ma anche che le grandi masse di persone hanno proclamato qualcosa di diverso dalle armi. Questa è la particolarità della lotta partigiana che ha avuto successo perché dietro a ogni combattente c’era una società non in armi. La Resistenza, in particolare quella in Italia, ci ha lasciato eredità la libertà di chi combatte e di chi combatte contro”. E l’altra importante eredità è la Costituzione: ''Il nostro faro per l’avvenire, perché i diritti fondamentali che vengono riconosciuti dalla Repubblica hanno alla base il riconoscimento e la partecipazione collettiva nelle istituzioni, senza passione democratica la Repubblica non può riconoscere e garantire nulla perché non ha la forza per imporsi''.

Culmine della manifestazione l’intervento di Enrico Avagnina che ha innanzitutto ricordato con gratitudine le diverse “Resistenze” che contribuirono alla sconfitta del nazi-fascismo: quella dei combattenti delle Forze Armate Italiane che dopo l'8 settembre 1943 non si arresero alle forze tedesche; quella dei militari italiani dell'esercito di Liberazione del Sud; quella degli oltre 50mila civili italiani deportati nei campi di eliminazione nazisti che nella maggior parte vi lasciarono la vita (sono ben 96 i deportati e uccisi della nostra Provincia, tra loro quattro lecchesi che ogni anno vengono ricordati il 12 luglio a Fossoli); le donne che combatterono con le armi e affrontarono la pericolosa attività di staffetta o furono soccorritrici di prigionieri e di feriti come le sorelle Villa, i sacerdoti don Giovani Ticozzi e don Martino Alfieri, i medici, gli ospedalieri, i ferrovieri e tutti coloro che cercarono di soccorrere le popolazioni dalle violenze fisiche e morali.

Il presidente dell’Anpi lecchese ha naturalmente parlato anche della Resistenza delle operaie e degli operai lecchesi che il 7 marzo 1944 scioperarono per il salario e contro la guerra pagando il prezzo altissimo di 26 deportati nei campi di concentramento da cui, in 19, non ritornarono; e la Resistenza armata che attuò lo scontro di guerriglia delle formazioni volontarie di città e di montagna. “Quella lotta che, come sottolineò Pertini nel ’76, era iniziata negli anni ‘20 e che vide protagonisti Gaetano Invernizzi e Francesca ‘Vera’ Ciceri, entrambi operai, comunisti antifascisti e per questo incarcerati dal regime, ma pronti, una volta tornati liberi dopo il 25 luglio 1943, a dar vita alla prima banda partigiana organizzata ai piani d’Erna fin dal 9 settembre 1943''.

Enrico Avagnina di ANPI Lecco durante il discorso pronunciato dal palco
Delle parole speciali sono state spese per Giancarla Riva Pessina, presidente onoraria dell’Anpi provinciale scomparsa lo scorso 20 novembre e ricordata anche con uno striscione: "In quella società civile c’era anche una ragazza di Castello, di tredici anni Giancarla Riva Pessina, troppo giovane per essere partigiana, ma già capace di ascoltare e far tesoro delle idee socialiste che animavano il padre e i due fratelli, di raccogliere le idee di emancipazione della madre che già nel 1942 manifestava insieme ad altre donne davanti alla prefettura per il pane, per migliorare le condizioni di vita. Giovane allora per essere partigiana, ma non per formarsi e battersi dal dopoguerra fino a qualche mese fa per i diritti delle donne, per i diritti sociali, di eguaglianza, ovvero per l’attuazione della Costituzione, impegnandosi con ‘disciplina e onore’ alla vita sindacale e amministrativa di questa città”.

Ma, ha sottolineato Avagnina, la ricorrenza della Liberazione non è solo memoria e le battaglie da portare avanti sono per l’Anpi chiare: ''Oggi vediamo messo in discussione l’impianto della Carta fondamentale che ha dato vita alla Repubblica e la stessa democrazia moderna. Sono in crisi i tre pilastri su cui si fonda: la partecipazione popolare alle scelte, il dialogo e la trasparenza nelle decisioni, l’equilibrio tra i poteri legislativo, esecutivo e giudiziario. I tempi della democrazia sembrano oggi obsoleti e si diffonde il fascino per metodi che privilegiano il potere esecutivo a scapito della partecipazione; le istituzioni preposte al controllo e alla trasparenza, come la magistratura e la libera informazione, vengono considerate un ostacolo al potere esecutivo, che tende a limitarne l’autonomia, così come viene sempre più marginalizzato il ruolo del Parlamento; anche Paesi fino ad oggi democratici disprezzano il dialogo e adottano metodi impositivi, fondati sulla forza economico-militare. Siamo quindi di fronte a una sfida inedita: innovare le istituzioni democratiche senza snaturarle; migliorare, i processi decisionali senza limitare la partecipazione e il controllo; tenere sempre presente che i diritti politici e sociali valgono di più di ogni efficientismo. La Costituzione è l’approdo materiale di una spinta ideale, il concretarsi di una grammatica partigiana dopo vent’anni di regime fascista e di guerre. Anpi si è data il compito di collaborare alla piena attuazione della Costituzione e pertanto in questa giornata, denunciamo e ci opponiamo con fermezza ai tentativi in atto di stravolgerne due principi cardine l’equilibrio tra i poteri dello Stato e l’idea della democrazia come partecipazione e non come delega ad un uomo o ad una donna sola al comando''.

Proseguendo Avagnina, ha detto: ''Pensiamo che l’articolo 3 della Costituzione (''È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese'') possa diventare anche centrale obiettivo di solidarietà per una idea di Europa aperta, unione di popoli per il consolidamento se non ricostruzione dello stato sociale, contro i nazionalismi, contro il riarmo, contro le chiusure alle frontiere in difesa di una fortezza retrograda. È con questa idea di Europa, che proviene anche dal manifesto di Ventotene, dalla nostra Costituzione, dal Trattato di Helsinki, che ci troviamo oggi ad affrontare la grande sfida di questi tempi difficili, la pace. Una costruzione di pace che proprio in questi tempi dove assistiamo alle scelte di una classe dirigente europea travolta dalla rincorsa al riarmo, ci richiede di ritornare a riflettere con più decisione su i temi del disarmo, della riconversione dell’industria bellica. Oggi dopo la morte del Papa ci sentiamo più soli in questa costruzione di pace''.
M.V.