Non c’è aria fresca sotto questo cielo. Albanese ha ragione
Antonio Albanese, nel presentare il suo primo romanzo ‘La strada giovane’ a Sirone, ha espresso delle considerazioni riguardanti la condizione socioculturale dei giovani a Lecco, e questo ha sollevato delle reazioni stizzite da parte di alcuni amministratori quarantenni. La risposta, risentita si è soffermata nel evidenziare che le generazioni cambiano e che l’attuale scenario è diverso dal precedente.
Queste risposte, paradossalmente, hanno delle assonanze con quella volta in cui, in una trasmissione televisiva, condotta da Gard Lerner, rifacendosi al testo, appena pubblicato, Metastasi, l’ex sindaco Virginio Brivio minimizzava la presenza della ‘ndrangheta a Lecco.
Antonio Albanese, fine scrutatore dei cambiamenti sociali e culturali, è un maestro nel costruire narrazioni cinematografiche dei vizi, dei tic italici inventando personaggi, maschere che caratterizzano le contradizioni della realtà.
Se si torna indietro di qualche anno Lecco aveva sette cinematografi: Lariano, Mignon, Nuovo, Marconi, Capitol, Italia, Impero. Le sale erano aperte sei giorni su sette dal pomeriggio alla sera, non c’era bisogno di mettersi al pc per prenotarsi. Oggi, invece, non c’è una sala pubblica, ce ne sono tre ma parrocchiali: Aquilone, Palladium, Cenacolo. Non c’è paragone. Le sale, oltre a proiettare film, ospitavano rappresentazioni teatrali, musicali; il jazz era una presenza importante in città.
Giacomo De Santis, editore de Il giornale di Lecco, aveva portato jazzisti di fama internazionale. Il Giornale di Lecco e Il Resegone svolsero una funzione culturale sfornando giornalisti in erba in professionisti. Alfredo Chiappori aveva aperto un laboratorio teatrale portando attori, registi, drammaturghi importanti e tutto questo avveniva in un clima non istituzionalizzato e carico di energia creativa.
In quel periodo sono nate le prime radio libere FM, le Tv locali. Insomma, c’era fermento. I bigotti partiti DC e PCI sono stai costretti a confrontarsi e sintonizzarsi con queste realtà in movimento.
Il sindaco, Giulio Boscagli, di CL, ha iniziato l’opera di azzeramento degli spazi associativi con lo smantellamento della vecchia caserma trasferendo le attività in Corso Martiri in attesa del nuovo centro sociale ‘Sandro Pertini’ a Germanedo (periferia).
Il primo sindaco leghista, Giuseppe Pogliani, ha continuato l’opera radendo al suolo la porzione della vecchia caserma di proprietà comunale sostituendola con un parcheggio.
E, il secondo sindaco leghista, Lorenzo Bodega, ha chiuso Palazzo Falck, che era l’unico spazio politico-culturale rimasto libero, ora sede di Confcommercio.
Le altre amministrazioni sono state a guardare, delegando quasi tutto all’associazionismo.
I ‘Circoli’ di area, una volta efficienti, sono quasi tutti chiusi; gli oratori nei vari rioni, un tempo aperti quotidianamente, sono residuali.
L’impegno socioculturale dall’amministrazione attuale e quello delle molteplici associazioni, pur svolgendo una funzione di servizio, non genera processi culturali d’incontro. Le proposte sono istituzionalizzanti, accudenti e non favoriscono la pluralità, la molteplicità, la creatività.
Lo stesso Politecnico, pur essendo un importante ateneo, si concentra principalmente sugli aspetti imprenditoriali e non promuove di per sé cultura e socialità.
In centro Lecco non c’è una sala pubblica aperta, né uno spazio autonomo per incontrarsi e fare musica, né un auditorio. È tutto istituzionalizzato, chiuso. Non c’è aria fresca sotto questo cielo. Antonio Albanese ha ragione.
Queste risposte, paradossalmente, hanno delle assonanze con quella volta in cui, in una trasmissione televisiva, condotta da Gard Lerner, rifacendosi al testo, appena pubblicato, Metastasi, l’ex sindaco Virginio Brivio minimizzava la presenza della ‘ndrangheta a Lecco.
Antonio Albanese, fine scrutatore dei cambiamenti sociali e culturali, è un maestro nel costruire narrazioni cinematografiche dei vizi, dei tic italici inventando personaggi, maschere che caratterizzano le contradizioni della realtà.
Se si torna indietro di qualche anno Lecco aveva sette cinematografi: Lariano, Mignon, Nuovo, Marconi, Capitol, Italia, Impero. Le sale erano aperte sei giorni su sette dal pomeriggio alla sera, non c’era bisogno di mettersi al pc per prenotarsi. Oggi, invece, non c’è una sala pubblica, ce ne sono tre ma parrocchiali: Aquilone, Palladium, Cenacolo. Non c’è paragone. Le sale, oltre a proiettare film, ospitavano rappresentazioni teatrali, musicali; il jazz era una presenza importante in città.
Giacomo De Santis, editore de Il giornale di Lecco, aveva portato jazzisti di fama internazionale. Il Giornale di Lecco e Il Resegone svolsero una funzione culturale sfornando giornalisti in erba in professionisti. Alfredo Chiappori aveva aperto un laboratorio teatrale portando attori, registi, drammaturghi importanti e tutto questo avveniva in un clima non istituzionalizzato e carico di energia creativa.
In quel periodo sono nate le prime radio libere FM, le Tv locali. Insomma, c’era fermento. I bigotti partiti DC e PCI sono stai costretti a confrontarsi e sintonizzarsi con queste realtà in movimento.
Il sindaco, Giulio Boscagli, di CL, ha iniziato l’opera di azzeramento degli spazi associativi con lo smantellamento della vecchia caserma trasferendo le attività in Corso Martiri in attesa del nuovo centro sociale ‘Sandro Pertini’ a Germanedo (periferia).
Il primo sindaco leghista, Giuseppe Pogliani, ha continuato l’opera radendo al suolo la porzione della vecchia caserma di proprietà comunale sostituendola con un parcheggio.
E, il secondo sindaco leghista, Lorenzo Bodega, ha chiuso Palazzo Falck, che era l’unico spazio politico-culturale rimasto libero, ora sede di Confcommercio.
Le altre amministrazioni sono state a guardare, delegando quasi tutto all’associazionismo.
I ‘Circoli’ di area, una volta efficienti, sono quasi tutti chiusi; gli oratori nei vari rioni, un tempo aperti quotidianamente, sono residuali.
L’impegno socioculturale dall’amministrazione attuale e quello delle molteplici associazioni, pur svolgendo una funzione di servizio, non genera processi culturali d’incontro. Le proposte sono istituzionalizzanti, accudenti e non favoriscono la pluralità, la molteplicità, la creatività.
Lo stesso Politecnico, pur essendo un importante ateneo, si concentra principalmente sugli aspetti imprenditoriali e non promuove di per sé cultura e socialità.
In centro Lecco non c’è una sala pubblica aperta, né uno spazio autonomo per incontrarsi e fare musica, né un auditorio. È tutto istituzionalizzato, chiuso. Non c’è aria fresca sotto questo cielo. Antonio Albanese ha ragione.
Dr. Enrico Magni