Cremeno: pony morto, prosegue il processo al proprietario
Sarebbe morto per malnutrizione il pony soccorso da alcuni residenti di Cremeno nell'estate di due anni fa, rimasto agonizzante sotto il sole nel giardino dell'abitazione del proprietario. Quest'ultimo ora è chiamato a rispondere del reato di maltrattamento di animali davanti al Tribunale di Lecco, secondo la tesi accusatoria formulata dalla Procura della Repubblica, chiaramente ancora tutta da dimostrare .
A confermare la causa della morte dell'animale è stato chiamato quest'oggi il medico veterinario dell'ATS che aveva eseguito l'esame autoptico: “nulla di clinico è stato riscontrato che abbia potuto determinarne il decesso” ha dichiarato in aula davanti al giudice monocratico Maria Chiara Arrighi.
Risalgono al 23 agosto del 2023 i fatti contestati al proprietario dello sfortunato quadrupede, che in quei giorni era in viaggio con tutta la famiglia. Avrebbe lasciato i propri animali, pony compreso, alle cure di una persona fidata.
“Sono andata nel mio prato e ho visto il cavallo nel giardino del vicino a terra” ha spiegato la donna che aveva dapprima cercato di avvisare il proprietario e poi le forze dell'ordine “poi hanno iniziato ad arrivare gli abitanti del nostro rione, sono entrati nel giardino e hanno iniziato a portare cibo, acqua, mele ed erba... lui mangiava. Hanno portato anche degli ombrelloni per ripararlo dal sole perché faceva un caldo tremendo”. Secondo la donna, l'equide era ridotto a pelle e ossa e camminava a fatica da tempo. Già nel 2005 – secondo quanto testimoniato oggi in aula - avrebbe segnalato al Comune di Cremeno le condizioni – a suo dire inidonee - in cui il vicino teneva il pony.
“Emaciato, con anche ed ossa prominenti in tutto il corpo, piaghe ed escoriazioni ed un'evidente atrofia muscolare” è il quadro sottolinato nel corso dell'udienza di questa mattina da una seconda veterinaria dell'ATS, che aveva visto l'animale una volta spostato dall'abitazione dei proprietari ad una sistemazione più confortevole, in un'azienda agricola lì vicino. “Avevo provato a chiamare i proprietari per renderli edotti del quadro clinico del pony e fissare un colloquio per capire come proseguire le terapie” ha spiegato la professionista, che però non sarebbe riuscita nel suo intento. “Mi era stato risposto che erano molto impegnati”.
Nel giro di due giorni la professionista era stata richiamata all'azienda agricola per visitare l'animale, che nel frattempo sarebbe peggiorato, ma una volta arrivata sul posto, non avrebbe potuto fare altro che constatarne il decesso: “Sarebbe stato necessario il ricovero in una clinica veterinaria, ma per farlo avremmo avuto bisogno del consenso dei proprietari”.
Sono intervenuti come testimoni anche due persone a cui, in qualche modo, nelle settimane precedenti alla morte del pony, i proprietari avrebbero provato a rivolgersi.
Il primo, veterinario e dirigente dell'ATS Brianza, che avrebbe ricevuto una telefonata dalla moglie dell'odierno imputato: “mi ha chiesto informazioni circa il dimagrimento improvviso in un equide ed io le ho risposto che avrebbe dovuto chiamare un libero professionista, però fra le probabili diagnosi ho ipotizzato la mancanza di alimentazione, un problema ai denti o un parassita, per cui, come terapia ho consigliato un vermifugo”.
Detto fatto, dalle risultanze istruttorie finora emerse, sembrerebbe che la famiglia non abbia consultato alcun veterinario “privato”, ma si sarebbe procurata un vermifugo da somministrare al pony, come ha confermato il teste successivo: “ho incontrato il signore in un bar del paese perché diceva di aver problemi a dare il vermifugo al suo cavallo, così io, che ho esperienza con i cavalli, mi sono offerto di dargli una mano”. Così avrebbe fatto, tanto che, vedendo le condizioni in cui versava il pony (“era tanto magro, ma di cibo ne aveva”), si sarebbe offerto di farlo vedere ad un dentista di fiducia, ipotizzando un problema ai denti.
Prima di rinviare per il proseguimento dell'istruttoria al prossimo mese, il giudice ha assistito all'esame dell'imputato. Quest'ultimo si è difeso dicendo di essersi sempre preso cura dell'animale, comprato da un allevatore una ventina di anni prima: “aveva sempre da mangiare e da bere e tenevamo pulito lui e il suo box. Mia moglie e mia figlia lo portavano fuori in paese a pascolare”. Il deperimento del “cavallo da compagnia”, così l'ha definito l'uomo, sarebbe avvenuto nel giro di un mese: “ci siamo accorti in primavera, con la muta del pelo, di quanto fosse dimagrito ed abbiamo chiesto aiuto al veterinario dell'ATS. Non abbiamo fatto in tempo a fare altro perché poi è morto”.
A confermare la causa della morte dell'animale è stato chiamato quest'oggi il medico veterinario dell'ATS che aveva eseguito l'esame autoptico: “nulla di clinico è stato riscontrato che abbia potuto determinarne il decesso” ha dichiarato in aula davanti al giudice monocratico Maria Chiara Arrighi.
Risalgono al 23 agosto del 2023 i fatti contestati al proprietario dello sfortunato quadrupede, che in quei giorni era in viaggio con tutta la famiglia. Avrebbe lasciato i propri animali, pony compreso, alle cure di una persona fidata.
“Sono andata nel mio prato e ho visto il cavallo nel giardino del vicino a terra” ha spiegato la donna che aveva dapprima cercato di avvisare il proprietario e poi le forze dell'ordine “poi hanno iniziato ad arrivare gli abitanti del nostro rione, sono entrati nel giardino e hanno iniziato a portare cibo, acqua, mele ed erba... lui mangiava. Hanno portato anche degli ombrelloni per ripararlo dal sole perché faceva un caldo tremendo”. Secondo la donna, l'equide era ridotto a pelle e ossa e camminava a fatica da tempo. Già nel 2005 – secondo quanto testimoniato oggi in aula - avrebbe segnalato al Comune di Cremeno le condizioni – a suo dire inidonee - in cui il vicino teneva il pony.
“Emaciato, con anche ed ossa prominenti in tutto il corpo, piaghe ed escoriazioni ed un'evidente atrofia muscolare” è il quadro sottolinato nel corso dell'udienza di questa mattina da una seconda veterinaria dell'ATS, che aveva visto l'animale una volta spostato dall'abitazione dei proprietari ad una sistemazione più confortevole, in un'azienda agricola lì vicino. “Avevo provato a chiamare i proprietari per renderli edotti del quadro clinico del pony e fissare un colloquio per capire come proseguire le terapie” ha spiegato la professionista, che però non sarebbe riuscita nel suo intento. “Mi era stato risposto che erano molto impegnati”.
Nel giro di due giorni la professionista era stata richiamata all'azienda agricola per visitare l'animale, che nel frattempo sarebbe peggiorato, ma una volta arrivata sul posto, non avrebbe potuto fare altro che constatarne il decesso: “Sarebbe stato necessario il ricovero in una clinica veterinaria, ma per farlo avremmo avuto bisogno del consenso dei proprietari”.
Sono intervenuti come testimoni anche due persone a cui, in qualche modo, nelle settimane precedenti alla morte del pony, i proprietari avrebbero provato a rivolgersi.
Il primo, veterinario e dirigente dell'ATS Brianza, che avrebbe ricevuto una telefonata dalla moglie dell'odierno imputato: “mi ha chiesto informazioni circa il dimagrimento improvviso in un equide ed io le ho risposto che avrebbe dovuto chiamare un libero professionista, però fra le probabili diagnosi ho ipotizzato la mancanza di alimentazione, un problema ai denti o un parassita, per cui, come terapia ho consigliato un vermifugo”.
Detto fatto, dalle risultanze istruttorie finora emerse, sembrerebbe che la famiglia non abbia consultato alcun veterinario “privato”, ma si sarebbe procurata un vermifugo da somministrare al pony, come ha confermato il teste successivo: “ho incontrato il signore in un bar del paese perché diceva di aver problemi a dare il vermifugo al suo cavallo, così io, che ho esperienza con i cavalli, mi sono offerto di dargli una mano”. Così avrebbe fatto, tanto che, vedendo le condizioni in cui versava il pony (“era tanto magro, ma di cibo ne aveva”), si sarebbe offerto di farlo vedere ad un dentista di fiducia, ipotizzando un problema ai denti.
Prima di rinviare per il proseguimento dell'istruttoria al prossimo mese, il giudice ha assistito all'esame dell'imputato. Quest'ultimo si è difeso dicendo di essersi sempre preso cura dell'animale, comprato da un allevatore una ventina di anni prima: “aveva sempre da mangiare e da bere e tenevamo pulito lui e il suo box. Mia moglie e mia figlia lo portavano fuori in paese a pascolare”. Il deperimento del “cavallo da compagnia”, così l'ha definito l'uomo, sarebbe avvenuto nel giro di un mese: “ci siamo accorti in primavera, con la muta del pelo, di quanto fosse dimagrito ed abbiamo chiesto aiuto al veterinario dell'ATS. Non abbiamo fatto in tempo a fare altro perché poi è morto”.
F.F.