Lecco: coltello alla partita di calcio, giovane assolto

Per l'avvocato Marilena Guglielmana che lo conosce, e assiste, fin da quando era un adolescente, non c'erano i presupposti per una condanna mancando un riconoscimento certo sulla sua identità così come sulle dimensioni del coltello (mai rinvenuto) visto dai testimoni.
E anche il giudice Paolo Salvatore è stato dello stesso avviso tanto da avere assolto Zrour Brahim con formula piena per non avere commesso il fatto, a fronte di una richiesta di condanna - chiesta dal vice procuratore onorario Pietro Bassi - a sei mesi.
Questa mattina a raccontare i fatti sono state alcune delle persone presenti il 5 aprile 2023 al Bione, nel campo in sintetico dove si giocava la partita tra l'Aurora san Francesco e l'AC Lissone.
Ad un certo punto, alla ripresa del secondo tempo alle spalle della panchina degli ospiti compare l'imputato, in compagnia di un paio di giovani, probabilmente incontrati al vicino luna park.
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“Tifoso” della squadra di casa, Zrour Brahim inizia a insultare gli avversari minacciando anche di scendere in panchina a difendere le ragioni della sua squadra. Fino a quando, secondo il racconto di direttore sportivo, allenatore, arbitro spunta un coltello che trapassa la paratia in plexiglass che si trova alle spalle dei ragazzi in panchina. In quel momento scatta il panico e c'è il fuggi fuggi generale: l'arbitro fischia tre volte e sospende la partita. Spaventati, giocatori e astanti si rifugiano negli spogliatoi. L'arrivo della Polizia non porta però a rintracciare il soggetto, nel frattempo dileguatosi, né a trovare il coltello.
Le indagini svolte dalla Digos riescono, grazie anche alle varie testimonianze e al soprannome con cui era chiamato, a individuare nell'imputato la persona che quel pomeriggio aveva brandito il coltello e lo aveva sferrato contro la paratia della panchina, oltre la quale si trovavano i giocatori della squadra avversaria.
Chiamato a rispondere di minacce con l'aggravante dell'oggetto contundente, l'imputato è però risultato irreperibile sia all'avvocato difensore che alla stessa madre, entrambe convinte addirittura del suo decesso.
Ribadendo la “complessità” del suo assistito che teneva il coltello in quanto vivendo per strada si sentiva minacciato e spesso in pericolo, il legale lecchese ha chiesto l'assoluzione e in subordine il minimo pena.
Il giudice ha optato per la formula piena per non avere commesso il fatto.
S.V.
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