Lecco: il racconto di Luca, per tre mesi in barca a vela sull'oceano

Luca Molinari ha sempre vissuto vicino all’acqua, ma è stato un viaggio dentro sé stesso a condurlo fino all’oceano. Classe 1991, cresciuto a Lecco, ha sempre avuto il lago davanti agli occhi, ma la passione per la vela è arrivata lentamente, quasi in punta di piedi.
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Luca Molinari
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Prima qualche esperienza tra la Spagna e la Francia, poi il conseguimento della patente nautica. Tuttavia, ciò che lo ha davvero spinto a partire è stato un libro, la storia di un ragazzo che aveva girato il mondo facendo "barca stop". Quella lettura lo ha travolto, diventando, un anno dopo, un’esigenza concreta. Nessuna meta prestabilita, nessuna certezza, solo il desiderio di affidarsi al mare.
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Dopo una lunga fase di preparazione, tra richieste di aspettativa dal lavoro e l’incastro perfetto di ferie, il 23 novembre Luca è pronto a partire. Destinazione: Canarie. Arrivato a Las Palmas, si immerge in un mondo fatto di vele e viaggiatori. Le barche sono ovunque, duecento di loro stanno per partire con l’Atlantic Rally for Cruisers, mentre decine di persone vagano per il porto in cerca di un passaggio verso l’oceano. Alcuni aspettano da settimane, altri da mesi. Luca, invece, trova subito un’opportunità inaspettata: un cartello con una pizza disegnata attira il suo sguardo. È un annuncio di un italiano che, come lui, sta cercando un passaggio. 
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Da un semplice scambio di battute a un aiuto per un tender in difficoltà, la svolta arriva veloce. "Volete attraversare l’oceano con noi?" chiede il capitano americano che avevano aiutato. La rotta prevista è il Venezuela, ma Luca riesce a convincerlo a fare una tappa a Capo Verde per maggiore sicurezza.
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È così che il viaggio prende il via per davvero. Otto giorni di navigazione lo portano a Mindelo, dove si ferma quattro giorni. Poi, la vera traversata: venti giorni di oceano aperto fino a Bridgetown. Il tempo, in mezzo all’acqua, perde significato.
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Giorno e notte si confondono, scanditi solo dal vento che gonfia le vele e dal suono dell’acqua che scivola sotto lo scafo. "Il mare ti insegna a lasciarti andare, a vivere senza orari, a seguire il ritmo del sole” ha spiegato Luca, ripensando ai giorni in mare aperto divenuti quasi un’esperienza mistica, in cui il tempo si dissolve, scandito solo dall’alternanza di luce e buio, dal soffio del vento e dal ritmo delle onde. 
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Il catamarano su cui viaggia è grande, 16 metri, abbastanza spazioso per non "soffocare", ma la vera sfida è la convivenza. L’equipaggio è vario: una ragazza svizzero-brasiliana, ex giocatrice di pallanuoto della Nazionale, un ex nuotatore olimpico e il capitano. Persone con background ed esperienze di vita molto diverse, che nel giro di poco si ritrovano a condividere ogni spazio, ogni pasto, ogni emozione.
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“Le dinamiche non sono sempre facili, ma il mare e quest’esperienza ti insegnano ad adattarti, a trovare il tuo equilibrio. Non ci sono solo le difficoltà veliche, la paura di cadere in acqua, ma anche la capacità di accostarti velocemente a stili di vita e pensieri in cui non ti riconosci” ha spiegato Luca. 
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Le notti sono magiche e surreali. Sopra di loro, un cielo immenso, carico di stelle, e intorno il nulla assoluto. "Eravamo sospesi, senza riferimenti, senza il rumore della terra. Solo il respiro del mare e il suono della barca che avanzava" ha ricordato Luca. Dopo venti giorni di navigazione, la terra riappare all’orizzonte: Barbados. Da lì, il viaggio continua tra Martinica, Guadalupa e infine la Giamaica, ultima tappa prima del ritorno a casa.
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Il rientro in Italia, a metà febbraio, è un miscuglio di emozioni. Da un lato la felicità di ritrovare i volti famigliari, dall’altro la nostalgia di quel tempo sospeso tra le onde. "La barca ti regala un senso di libertà assoluta, ma allo stesso tempo ti mostra quanto sei fragile. L’acqua è il tuo mondo, ma può anche essere il tuo pericolo più grande". E infine, una riflessione che forse è il vero tesoro di questo viaggio: “Credo che nella vita forse sia difficile rispondere sinceramente alla domanda: cosa ti rende felice davvero? Ora forse posso dirlo”.
Sa.A.
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