Calolzio, omicidio in stazione: confermata la condanna a 19 anni per l'assassino

Il Procuratore Generale al termine della sua disanima ha chiesta la conferma della condanna irrogata in primo grado, riconoscendo come la difesa, in un caso da ergastolo praticamente già scritto, sia comunque riuscita a ottenere tutto ciò che si poteva ottenere per alleggerire il conto finale, arrivando così ai 19 anni che, quest'oggi, poi, la Corte ha fatto propri, ribadendo il verdetto della “giuria” presieduta dal dottor Carlo Cecchetti.
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La vittima e il luogo dell'omicidio
Non cambia nulla, dunque, dopo la sentenza d'Appello per Haruna Guebre, il giovanotto originario del Burkina Faso che il 29 agosto 2023, sulla banchina della stazione ferroviaria di Calolziocorte, ha freddato con due coltellate, una arrivata a lambire il cuore, il 23enne Malcom Mazou Darga, suo connazionale, residente da poco in città dopo essersi trasferito dalla vicina Airuno. Per futili motivi, secondo la pubblica accusa, con lo screzio tra i due acceso dalla richiesta di una sigaretta e da una battuta infelice sulla madre dall'assassino fatta dalla vittima, ritrovatosi in un attimo a terra in un lago di sangue, nonostante la presenza, sullo stesso binario, di una coppia di agenti della Polfer, che nulla hanno potuto, essendosi la tragedia consumata, sotto gli occhi delle telecamere, in pochissimi istanti. “Non volevo uccidere” ha ripetuto anche quest'oggi, in Aula, lo stesso Guebre, chiedendo nuovamente, come già fatto in Corte d'Assise, di rilasciare spontanee dichiarazioni, per dirsi dispiaciuto di ciò che è accaduto, sostenendo di piangere ogni giorno e ogni notte al pensiero di aver tolto la vita a Darga. Ad ascoltarlo, in Aula a Milano, c'erano i genitori del 23enne, costituiti parte civile per il tramite dell'avvocato Samantha Sacchetti (e del collega Antonio Caminiti). Presente anche il papà dell'imputato e la fidanzatina presso la cui abitazione aveva trovato rifugio nell'immediatezza dell'accoltellamento, dopo essersi allontanato dalla stazione.
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Una foto scattata durante il processo in Corte d'Assise

Ripetuto quel “non ho capito più nulla” attestato anche dalla perizia chiesta e ottenuta dalla difesa e dunque dagli avvocati Marilena e Ilaria Guglielmana, riuscite, con le attestazioni mediche, a far dichiarare grandemente scemata la capacità di Haruna Guebre di intendere e volere al momento della commissione dell'omicidio, ottenendo una significativa riduzione della pena, anche rispetto ai 26 anni inizialmente chiesti dalla dottoressa Chiara Di Francesco, titolare del fascicolo, senza che la Procura appellasse poi la sentenza di primo grado. Oggi poi i “complimenti” anche del PG, che ha insistito per i 19 anni, considerati già il minimo. 19 anni poi confermati dalla Corte presieduta dalla dottoressa Ivana Caputo, con a latere la collega Franca Nelli. In 15 giorni le motivazioni.
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