Vita da specializzando/3: 'non siamo gli angeli della morte', già medici di base Olga e Giacomo sono i 'pionieri' della scuola di Cure Palliative
La loro scuola di specializzazione, in Bicocca, è stata istituita soltanto nel 2022 e, ad oggi, conta tre frequentanti, tutti al secondo anno. Loro due, insomma, con un terzo compagno, sono i pionieri. Abbiamo incontrato la dottoressa Olga Messina e il dottor Giacomo Introini in Radioterapia, dove si sono dati il cambio. “Per me sono stati due mesi stimolanti” racconta lei, mai entrata in contatto, prima di scendere al -2 dell'Ospedale Manzoni, con la branca incarnata dal dottor Carlo Soatti e dalla sua equipe. Da specializzanda si è già “fatta le ossa” in Geriatria e in Pneumologia al San Gerardo e poi ancora in Oncologia a Lecco e all'Hospice. Prima di iscriversi alla scuola, aveva, invece, un suo ambulatorio. A Bolzano, pur essendo siciliana, con le origini richiamate dall'inflessione, rimasta nonostante i tanti anni trascorsi lontano da casa. “Questo è il mio secondo percorso”, spiega, un dettaglio che la accomuna a Giacomo, anche lui tornato “studente”, dopo aver già avviato una carriera lavorativa. Entrambi avevano scelto di essere medici di base. Poi il cambio di rotta. “Ho deciso di svoltare e dedicarmi alle Cure Palliative, branca che non si occupa solo del dolore – come erroneamente spesso si pensa ndr – ma anche del benessere bio-psico-sociale e spirituale del paziente”.
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“Mi piace la scelta che ho fatto. Le modalità delle Cure Palliative sono completamente nuove rispetto a quelle studiate prima” aggiunge il dottor Introini, 33 anni, di Gallarate. Dopo l'università, per due anni – tra ottobre 2018 e agosto 2020, vivendo dunque anche la prima ondata covid – ha prestato servizio in una RSA per poi frequentare il corso per medici di medicina generale a Brescia e maturare ulteriore esperienza in Hospice a Orzinuovi. Ora, da specializzando è impegnato a “assorbire quale sono le situazioni in cui il paziente ha bisogno un intervento palliativo”, affiancandosi agli altri specialisti – operando però anche sul territorio - “quando cambia il bisogno, da guaritivo a curativo” come sottolinea Olga.
“Anche i nostri stessi colleghi devono ancora capire che non siamo gli angeli della morte, come qualcuno di intente” puntualizza ancora Giacomo, rifuggendo frasi come “non c'è più niente da fare”. “Forse per un cuore malato o non per la persona. Spesso si identifica il paziente con la sua malattia. Noi cerchiamo di vedere l'essere umano nel suo complesso e un po' più scevro dalla patologia”.
Anche perché, come tiene a argomentare la dottoressa Messina, alle volte, focalizzandosi solo sulla cura, si perde di vista la qualità della vita. “Magari qualcuno all'ultima chemio che si sa già non gli regalerà speranza, preferisce un'uscita con il nipotino...”.
Traspare tanta umanità dal loro modo di esprimersi, dimostrando di avere già colto il concetto di “paziente-tutto attaccato” in cui crede il dottor Soatti. E di essere animati da quella voglia di fare tipica di chi crede in ciò a cui sta dedicando tempo e energie.
“Peccato solo che le Cure Palliative ad oggi abbiano poco appeal”.
Continua/4
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Giacomo Introini e Olga Messina
“Mi piace la scelta che ho fatto. Le modalità delle Cure Palliative sono completamente nuove rispetto a quelle studiate prima” aggiunge il dottor Introini, 33 anni, di Gallarate. Dopo l'università, per due anni – tra ottobre 2018 e agosto 2020, vivendo dunque anche la prima ondata covid – ha prestato servizio in una RSA per poi frequentare il corso per medici di medicina generale a Brescia e maturare ulteriore esperienza in Hospice a Orzinuovi. Ora, da specializzando è impegnato a “assorbire quale sono le situazioni in cui il paziente ha bisogno un intervento palliativo”, affiancandosi agli altri specialisti – operando però anche sul territorio - “quando cambia il bisogno, da guaritivo a curativo” come sottolinea Olga.
“Anche i nostri stessi colleghi devono ancora capire che non siamo gli angeli della morte, come qualcuno di intente” puntualizza ancora Giacomo, rifuggendo frasi come “non c'è più niente da fare”. “Forse per un cuore malato o non per la persona. Spesso si identifica il paziente con la sua malattia. Noi cerchiamo di vedere l'essere umano nel suo complesso e un po' più scevro dalla patologia”.
Anche perché, come tiene a argomentare la dottoressa Messina, alle volte, focalizzandosi solo sulla cura, si perde di vista la qualità della vita. “Magari qualcuno all'ultima chemio che si sa già non gli regalerà speranza, preferisce un'uscita con il nipotino...”.
Traspare tanta umanità dal loro modo di esprimersi, dimostrando di avere già colto il concetto di “paziente-tutto attaccato” in cui crede il dottor Soatti. E di essere animati da quella voglia di fare tipica di chi crede in ciò a cui sta dedicando tempo e energie.
“Peccato solo che le Cure Palliative ad oggi abbiano poco appeal”.
Continua/4
A.M.