Lecco, Massimo Trifirò: una vita tra storia e scrittura
Un’intervista su un libro, trasformata in una conversazione sulla storia e sulla dedizione assoluta alla parola scritta. Così è stato con Massimo Trifirò, autore prolifico nato e cresciuto nella Lecco manzoniana, cittadino benemerito, capace di attraversare decenni di editoria senza mai smettere di pubblicare. Lo contattiamo per parlare della sua ultima pubblicazione, Strategia dell’assenza, un intreccio di spionaggio di ben 751 pagine fitte ambientato ai tempi della Guerra Fredda, che trascina il lettore in un mondo di intrighi politici e giochi di potere, tra agenti segreti e verità nascoste. Un romanzo che, come sempre nei suoi lavori, si basa su una rigorosa ricerca storica e su una narrazione avvincente.
Lo contattiamo per parlare della sua ultima pubblicazione, ma la telefonata si trasforma in un’interessante riflessione sulla sua incredibile produzione letteraria e sulla scrittura di altri tempi. Trifirò non si ferma mai. Scrive la mattina o la notte, perché dorme poco. "Tre o quattro ore al giorno le dedico a scrivere o a correggere bozze", racconta. Un ritmo che gli ha permesso di arrivare a numeri impressionanti: entro la fine del 2025, prevede di aver pubblicato 87 libri, con altri già in lavorazione per il 2026. Alcuni sono opere monumentali, altri si attestano sulle 200 pagine, ma tutti condividono la stessa cura minuziosa. Ogni parola è pensata, studiata, ricercata.
Scrivere è sempre stato il suo mestiere. Negli anni ’80 pubblicava racconti su Segretissimo di Mondadori e batteva i suoi testi con la macchina da scrivere Olivetti, inviandoli attraverso la posta tradizionale. "Era faticoso pubblicare allora," ricorda, "dovevi scrivere, correggere, spedire. Ora il digitale ha accorciato i tempi, ma la scrittura resta un lavoro di precisione e dedizione".
Oggi lavora con ben 16 editori in ogni parte d’Italia e conta, oltre ai libri, 230 pubblicazioni di racconti e articoli su giornali e riviste locali e nazionali. Una carriera senza pause, dove ogni scritto trova il suo posto nel mondo.
Se c'è una costante nella sua opera, è la passione per la storia. Laureato in Storia, ha scritto romanzi, serie di racconti, gialli ambientati a Lecco, un omaggio a Manzoni con una riscrittura dei Promessi Sposi e più di venti libri sulla Passione di Cristo.
"Non scrivo da credente, ma da storico. Ho studiato ogni parola, ogni dettaglio per capire cosa sia realmente accaduto".
Una delle sue opere più ricercate, Vive e credette (Vide e credette), nasce proprio da questa esigenza di documentare con metodo storico. Ha avuto la soddisfazione di vedere approdare un suo libro (Gulgalta, 2018) nelle mani del Pontefice e di esserne stato ringraziato dalla Segreteria di Stato Vaticana. Altra grande tematica che lo ha appassionato è la Shoah, alla quale ha dedicato sette libri. Uno di questi ha colpito così tanto la figlia di un sopravvissuto di Auschwitz da spingerla a scrivergli. "Per me è stato come vincere una medaglia", confessa con emozione.
Nei suoi romanzi, Trifirò fonde narrativa e saggistica. "Non sono saggi, ma nemmeno romanzi puri. Sono narrazioni saggistiche basate su una ricerca approfondita".
La sua ispirazione nasce dallo studio e dalla curiosità. "Leggo di tutto, approfondisco, cerco di capire ciò che mi intriga. Studiare mi permette di scoprire non solo il passato, ma anche fatti attuali".
I suoi libri preferiti? Due in particolare: “Le necessità del bene” sulla Rivoluzione francese scritto in un giorno perché molto breve e “Il Gigante in fuga” sulla morte di Lev Tolstoj, entrambi pubblicati a Firenze.
Una passione nata fin dalla giovinezza, quando ha iniziato a leggere autori come Salgari ("Io lo chiamo ancora così, nonostante si dovrebbe dire Salgàri"), Dumas e gli scrittori russi, ai quali ha dedicato una vasta collezione di oltre novanta titoli. Un amore per la letteratura russa che emerge anche nel suo ultimo romanzo, il cui protagonista, Vasili (Vasilij) Aksakov, è un colonnello del KGB il cui nome è un omaggio sia a Sergej Aksakov, scrittore dell’Ottocento, che a Vasilij Grossman, autore di Vita e destino.
Strategia dell’assenza non è solo un romanzo di spionaggio, ma un’opera costruita con grande attenzione alla storia politica del periodo. Il sottotitolo, "Il comunismo non è mai morto", rivela una delle tematiche centrali del libro: il peso delle ideologie. Trifirò descrive il comunismo non solo come un movimento storico, ma come un’idea che, in varie forme, continua a esercitare la sua influenza. "L’ideologia, quando si convince di perseguire il bene a ogni costo, giustifica anche il male", afferma. Il romanzo attraversa scenari globali, dalla Russia agli Stati Uniti, dal Vaticano alla Cina, fino ai flashback sulla Shoah e al coinvolgimento del Mossad, il servizio segreto israeliano ("Lo sapevate che Mossad in ebraico significa semplicemente 'ufficio'?").
Trifirò non ama la vita mondana. Non partecipa ai concorsi, anche se l’unica volta che è stato costretto ad aderirvi l’ha vinto. "Preferisco vivere tra casa e scrittura". Il suo lavoro non è fatto per la fama, ma per il puro piacere di raccontare e indagare la storia.
L’intervista dura quasi un’ora ma diventa una parlata e un confronto interessante, un salto nel passato dove il tempo si ferma e scorre la curiosità. Emerge un ritratto chiaro: Massimo Trifirò è uno scrittore d’altri tempi, fedele a un metodo rigoroso e instancabile. Non cerca il successo mediatico, ma la verità nei fatti e nelle parole. E forse è proprio questa coerenza a renderlo uno degli autori più prolifici e apprezzati della nostra epoca.
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Oggi lavora con ben 16 editori in ogni parte d’Italia e conta, oltre ai libri, 230 pubblicazioni di racconti e articoli su giornali e riviste locali e nazionali. Una carriera senza pause, dove ogni scritto trova il suo posto nel mondo.
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"Non scrivo da credente, ma da storico. Ho studiato ogni parola, ogni dettaglio per capire cosa sia realmente accaduto".
Una delle sue opere più ricercate, Vive e credette (Vide e credette), nasce proprio da questa esigenza di documentare con metodo storico. Ha avuto la soddisfazione di vedere approdare un suo libro (Gulgalta, 2018) nelle mani del Pontefice e di esserne stato ringraziato dalla Segreteria di Stato Vaticana. Altra grande tematica che lo ha appassionato è la Shoah, alla quale ha dedicato sette libri. Uno di questi ha colpito così tanto la figlia di un sopravvissuto di Auschwitz da spingerla a scrivergli. "Per me è stato come vincere una medaglia", confessa con emozione.
Nei suoi romanzi, Trifirò fonde narrativa e saggistica. "Non sono saggi, ma nemmeno romanzi puri. Sono narrazioni saggistiche basate su una ricerca approfondita".
La sua ispirazione nasce dallo studio e dalla curiosità. "Leggo di tutto, approfondisco, cerco di capire ciò che mi intriga. Studiare mi permette di scoprire non solo il passato, ma anche fatti attuali".
I suoi libri preferiti? Due in particolare: “Le necessità del bene” sulla Rivoluzione francese scritto in un giorno perché molto breve e “Il Gigante in fuga” sulla morte di Lev Tolstoj, entrambi pubblicati a Firenze.
Una passione nata fin dalla giovinezza, quando ha iniziato a leggere autori come Salgari ("Io lo chiamo ancora così, nonostante si dovrebbe dire Salgàri"), Dumas e gli scrittori russi, ai quali ha dedicato una vasta collezione di oltre novanta titoli. Un amore per la letteratura russa che emerge anche nel suo ultimo romanzo, il cui protagonista, Vasili (Vasilij) Aksakov, è un colonnello del KGB il cui nome è un omaggio sia a Sergej Aksakov, scrittore dell’Ottocento, che a Vasilij Grossman, autore di Vita e destino.
Strategia dell’assenza non è solo un romanzo di spionaggio, ma un’opera costruita con grande attenzione alla storia politica del periodo. Il sottotitolo, "Il comunismo non è mai morto", rivela una delle tematiche centrali del libro: il peso delle ideologie. Trifirò descrive il comunismo non solo come un movimento storico, ma come un’idea che, in varie forme, continua a esercitare la sua influenza. "L’ideologia, quando si convince di perseguire il bene a ogni costo, giustifica anche il male", afferma. Il romanzo attraversa scenari globali, dalla Russia agli Stati Uniti, dal Vaticano alla Cina, fino ai flashback sulla Shoah e al coinvolgimento del Mossad, il servizio segreto israeliano ("Lo sapevate che Mossad in ebraico significa semplicemente 'ufficio'?").
Trifirò non ama la vita mondana. Non partecipa ai concorsi, anche se l’unica volta che è stato costretto ad aderirvi l’ha vinto. "Preferisco vivere tra casa e scrittura". Il suo lavoro non è fatto per la fama, ma per il puro piacere di raccontare e indagare la storia.
L’intervista dura quasi un’ora ma diventa una parlata e un confronto interessante, un salto nel passato dove il tempo si ferma e scorre la curiosità. Emerge un ritratto chiaro: Massimo Trifirò è uno scrittore d’altri tempi, fedele a un metodo rigoroso e instancabile. Non cerca il successo mediatico, ma la verità nei fatti e nelle parole. E forse è proprio questa coerenza a renderlo uno degli autori più prolifici e apprezzati della nostra epoca.
C.C.