Lecco perduta/465: la 'torre' del Caleotto, campanile laico della città industriale
Correva l’anno 2001 quando una trasmissione radiofonica della Rai TV dedicata alla ricerca delle città industriali nella Penisola, nella puntata che riguardava Lecco, commentava: “È la città del ferro e del piombo”. In verità, la città del ferro era stata “salutata” nel 1991 con la demolizione della torre serbatoio del vecchio Caleotto, ultimo segno di un’attività industriale storica e intensa avviata nel 1896. La denominazione legata al piombo era invece dovuta ai 125 anni di fondazione della Fiocchi Munizioni, con sede principale in quartiere Belledo.

La Società “Caleotto” era stata fondata nel 1896 da ventinove industriali e trafilieri lecchesi; ebbe alla sua guida per mezzo secolo Valentino Gerosa Crotta, scomparso nel 1960 all’età di 92 anni. Nei tempi migliori vi lavoravano 1.800 addetti, che erano ancora 1.285 negli anni Sessanta del Novecento. La “Caleotto” era stata costituita per iniziativa di trafilieri lecchesi che volevano vergella in casa. Fra i fondatori, vi erano i cognomi della storia industriale del ferro: Airoldi, Aldè, Barone, Bonaiti, Cima, Cortenova, De Capitani, Gerosa Crotta, Gerosa, Piloni. Il nome del Caleotto si collega in particolare a Valentino Gerosa Crotta, maggiore azionista e direttore generale delle Acciaieria e Ferriera, nonché consigliere delegato del vicino laminatoio Arlenico, sorto nel 1902.
Dai binari della stazione di Lecco vi era il raccordo ferroviario sul lato di via Ferriera, dove entravano al Caleotto vagoni carichi di rottami pronti ad essere ingoiati dai forni. Nel settembre 1946, fra carcasse militari praticamente distrutte, vi erano avanzi di munizioni inesplose che determinarono una tremenda esplosione a contatto con il fuoco dei forni. Vi furono, purtroppo, due morti e diversi feriti fra i lavoratori della Ferriera. I turni di lavoro erano continui lungo le ventiquattro ore. Erano previste minime soste a Natale, Pasqua e Ferragosto, ma era sempre presente una squadra di personale che vigilava sui forni mantenuti vivi con fiamma minima.

Nel 2001 il vecchio Caleotto era scomparso, già abbattuto nel 1991 per consentire la costruzione del nuovo grande centro Meridiana, su progetto del famoso architetto Renzo Piano. Fu l’allora assessore del Comune di Lecco Alberto Cattaneo a firmare la concessione edilizia per la demolizione della “torre dell’acqua”, alta sessanta metri, “campanile” laico della città industriale. I lavori sono stati compiuti dalla Felario, società impegnata anche nel cantiere dell’attraversamento viabilistico, in quanto nel tratto della torre serbatoio la via XI Febbraio doveva essere ampliata per ottenere in superficie un tracciato più largo, mentre nel sottostante terreno vi erano le “canne” dell’attraversamento.
La torre era la riserva d’acqua da rovesciare sui forni. Veniva pompata in alto da abbondante falda sottostante e rimaneva nel gigantesco contenitore pronta a piovere come raffreddamento sugli impianti riscaldati a temperature infernali. Erano le roventi colate che nottetempo illuminavano di bagliori arancioni il cielo di Lecco, provocando anche riflessi straordinari nelle serate nuvolose. La demolizione esplosiva della torre, nell’aprile 1991, avvenne con la presenza di eccezionale pubblico, non solo di dipendenti della vecchia Ferriera. Era un “cimelio” della Lecco più industriale e laboriosa. Sull’area del Caleotto si stava costruendo il grande centro detto “delle quattro torri”: finora ne sono state costruite solo tre.

Il 19 maggio 2002, sul piazzale antistante il vecchio Caleotto, venne inaugurato il monumento dedicato alla civiltà e alla cultura del lavoro lecchese. Era stata scelta la zona in quanto antistante la storica e cancellata Ferriera. L’iniziativa era stata dell’Associazione Mutilati e Invalidi del Lavoro, con il presidente Giuseppe Barlassina. Erano presenti il Ministro per i rapporti con il Parlamento Carlo Giovanardi, il sindaco di Lecco Lorenzo Bodega, il presidente dell’Amministrazione Provinciale Mario Anghileri, nonché Vico Valassi come "numero uno" della Camera di Commercio, il prevosto mons. Roberto Busti, esponenti degli industriali e delle organizzazioni sindacali. Madrina dell’inaugurazione è stata Lucia Manzoni. Vi erano anche autorità internazionali, come il console generale e la consorte del presidente dell’Uruguay.

Nel 1961, l’anno successivo alla scomparsa di Valentino Gerosa Crotta, il figlio Antonio donava al Touring Club Italiano l’estesa proprietà verde del Coltignone, ai Piani Resinelli, comprendente la villa padronale e il singolare roccolo, una vera torretta di caccia. Il Parco Naturale “Valentino Gerosa Crotta” prendeva avvio in località Pra’ Pessina, per salire sino a quota 1.400 metri. La donazione era un atto d’omaggio al “caro Caleotto cancellato per sempre, autentica storia di lavoro e di pace che aveva visto la sua bandiera nella torre demolita nell’aprile 1991”.

Panoramica dall'alto della Ferriera del Caleotto
La Società “Caleotto” era stata fondata nel 1896 da ventinove industriali e trafilieri lecchesi; ebbe alla sua guida per mezzo secolo Valentino Gerosa Crotta, scomparso nel 1960 all’età di 92 anni. Nei tempi migliori vi lavoravano 1.800 addetti, che erano ancora 1.285 negli anni Sessanta del Novecento. La “Caleotto” era stata costituita per iniziativa di trafilieri lecchesi che volevano vergella in casa. Fra i fondatori, vi erano i cognomi della storia industriale del ferro: Airoldi, Aldè, Barone, Bonaiti, Cima, Cortenova, De Capitani, Gerosa Crotta, Gerosa, Piloni. Il nome del Caleotto si collega in particolare a Valentino Gerosa Crotta, maggiore azionista e direttore generale delle Acciaieria e Ferriera, nonché consigliere delegato del vicino laminatoio Arlenico, sorto nel 1902.

La "torre" del Caleotto
Dai binari della stazione di Lecco vi era il raccordo ferroviario sul lato di via Ferriera, dove entravano al Caleotto vagoni carichi di rottami pronti ad essere ingoiati dai forni. Nel settembre 1946, fra carcasse militari praticamente distrutte, vi erano avanzi di munizioni inesplose che determinarono una tremenda esplosione a contatto con il fuoco dei forni. Vi furono, purtroppo, due morti e diversi feriti fra i lavoratori della Ferriera. I turni di lavoro erano continui lungo le ventiquattro ore. Erano previste minime soste a Natale, Pasqua e Ferragosto, ma era sempre presente una squadra di personale che vigilava sui forni mantenuti vivi con fiamma minima.

Panoramica all'ingresso del complesso industriale dal Piazzale Caleotto
Nel 2001 il vecchio Caleotto era scomparso, già abbattuto nel 1991 per consentire la costruzione del nuovo grande centro Meridiana, su progetto del famoso architetto Renzo Piano. Fu l’allora assessore del Comune di Lecco Alberto Cattaneo a firmare la concessione edilizia per la demolizione della “torre dell’acqua”, alta sessanta metri, “campanile” laico della città industriale. I lavori sono stati compiuti dalla Felario, società impegnata anche nel cantiere dell’attraversamento viabilistico, in quanto nel tratto della torre serbatoio la via XI Febbraio doveva essere ampliata per ottenere in superficie un tracciato più largo, mentre nel sottostante terreno vi erano le “canne” dell’attraversamento.

Forni della Ferriera
La torre era la riserva d’acqua da rovesciare sui forni. Veniva pompata in alto da abbondante falda sottostante e rimaneva nel gigantesco contenitore pronta a piovere come raffreddamento sugli impianti riscaldati a temperature infernali. Erano le roventi colate che nottetempo illuminavano di bagliori arancioni il cielo di Lecco, provocando anche riflessi straordinari nelle serate nuvolose. La demolizione esplosiva della torre, nell’aprile 1991, avvenne con la presenza di eccezionale pubblico, non solo di dipendenti della vecchia Ferriera. Era un “cimelio” della Lecco più industriale e laboriosa. Sull’area del Caleotto si stava costruendo il grande centro detto “delle quattro torri”: finora ne sono state costruite solo tre.

Villa Amilcare Ponchielli, donata dalla famiglia Gerosa Crotta all'Istituto "Airoldi e Muzzi"
Nel cimitero di Maggianico c'è la tomba di famiglia, dove è sepolto Valentino
Nel cimitero di Maggianico c'è la tomba di famiglia, dove è sepolto Valentino
Il 19 maggio 2002, sul piazzale antistante il vecchio Caleotto, venne inaugurato il monumento dedicato alla civiltà e alla cultura del lavoro lecchese. Era stata scelta la zona in quanto antistante la storica e cancellata Ferriera. L’iniziativa era stata dell’Associazione Mutilati e Invalidi del Lavoro, con il presidente Giuseppe Barlassina. Erano presenti il Ministro per i rapporti con il Parlamento Carlo Giovanardi, il sindaco di Lecco Lorenzo Bodega, il presidente dell’Amministrazione Provinciale Mario Anghileri, nonché Vico Valassi come "numero uno" della Camera di Commercio, il prevosto mons. Roberto Busti, esponenti degli industriali e delle organizzazioni sindacali. Madrina dell’inaugurazione è stata Lucia Manzoni. Vi erano anche autorità internazionali, come il console generale e la consorte del presidente dell’Uruguay.

Il sindaco di Lecco Giuseppe Pogliani incontra una delegazione di lavoratori del Caleotto
Nel 1961, l’anno successivo alla scomparsa di Valentino Gerosa Crotta, il figlio Antonio donava al Touring Club Italiano l’estesa proprietà verde del Coltignone, ai Piani Resinelli, comprendente la villa padronale e il singolare roccolo, una vera torretta di caccia. Il Parco Naturale “Valentino Gerosa Crotta” prendeva avvio in località Pra’ Pessina, per salire sino a quota 1.400 metri. La donazione era un atto d’omaggio al “caro Caleotto cancellato per sempre, autentica storia di lavoro e di pace che aveva visto la sua bandiera nella torre demolita nell’aprile 1991”.
A.B.