'Quando alle 7.18 è suonato il telefono ho pensato a un errore, ma nella sua stanza non c'era'. Parla la mamma di Jennifer
Nelle foto suoi social, come nello scatto scelto dalla famiglia per gli annunci funebri, Jennifer Alcani sembra ben più grande dei suoi 13 anni: il piercing, la matita nera a delineare ulteriormente gli occhi scuri, i capelli con la piega mossa. Una piccola donna. Adolescente, ora, per sempre. Si fatica, invece, ad attribuire un'età alla sua mamma: minuta, stretta in un felpone, sembra una ragazzina con il dolore stampato in volto. Graziella Danca, origini siciliane, casa a Belledo dall'arrivo a Lecco quasi quattro lustri fa, di anni ne ha 44 anni. E una determinazione invidiabile. Persa improvvisamente la sua unica figlia, sostenuta anche dalla famiglia dell'ex marito, Artur Alcani, chiede giustizia. Giustizia e rispetto, traendo la forza di andare avanti dal ricordo della sua bambina. Perché questo per lei Jenny era ancora: una bambina.
"Aveva sì premura di crescere, come però tutte le sue coetanee. E un po' anche per la situazione, eravamo solo io e lei...", dice, cercando di riabilitare anche la reputazione della tredicenne, infangata, già nell'immediatezza dell'incidente, prima ancora della morte sopraggiunta solo giovedì scorso, da chi, soprattutto suoi social, si è sentito libero di giudicare. E' vero, ammette, Jennifer avrebbe dovuto frequentare la terza media, ma era ancora in prima. "Il primo anno ci sono stati dei problemi con una professoressa. Poi ha avuto questioni di salute, eravamo ancora in lista per l'operazione alle tonsille. Poi la perdita del nonno. Ha saltato tanti giorni di scuola ed è stata bocciata. Poi è subentrata la vergogna nel tornare suoi banchi. C'erano dei piccoli problemi, ma ci stavamo lavorando. In generale, non ho vissuto momenti brutti con lei. Lei era felice, se la penso sorrido. Non riesco a piangere, perché lei mi ha sempre fatto ridere" sostiene, rifacendosi anche alle parole pronunciate sabato in Basilica, per ricordare a tutti come Jenny fosse ed è ancora oggi la sua forza. La ricarica di energia necessaria per affrontare una quotidianità non certamente leggera. "Le mie giornate sono veramente lunghe" racconta, infatti, parlando del lavoro da operaia in un'azienda di Albavilla. "Ogni giorno mi alzo alle 7, alle 7.30 svegliavo Jenny, la portavo a scuola. Iniziando tardi in fabbrica, finisco anche tardi e a Lecco torno solo verso le 19. Giovedì quando sono rientrata, siamo andate a ritirare delle scarpe e due maglie che aveva ordinato: sono ancora nel sacchetto. Poi ci siamo fermate a mangiare fuori, al McDonald's".
Mamma Graziella non poteva sapere che, di li a qualche ora, la tredicenne ci sarebbe tornata, di nascosto, anche con gli amici. "Arrivate a casa - racconta ancora, ripercorrendo le ultime ore prima dello schianto di Abbadia - mi sono fatta la doccia, ho cucinato per il giorno dopo e quando sono andata a letto Jenny era nella sua cameretta che, per me, dormiva. Alle 7.18 la chiamata dal Pronto Soccorso. Ero già sveglia: il caffè, la sigaretta. Di lì a qualche minuto l'avrei fatta alzare. "Sua figlia ha avuto un incidente". Ho pensato no, non è lei, c'è stato un errore. Solo in quel momento ho aperto la porta della stanza...".
In ospedale, ancora prima di poter vedere la figlia - trasportata in condizioni disperate, dopo essere stata estratta dalla BMW andata a sbattere contro un muretto, impattando principalmente nella parte posteriore, lato passeggero, dove sedeva la minore - l'incontro con i due ragazzi che attorno all'1 di notte, è stato accertato leggendo i messaggi ricevuti dalla tredicenne, erano passati a prenderla. "Conoscevo entrambi perché ogni tanto arrivavano al Villaggio, dove si riuniva la compagnia di Jenny, tutti suoi coetanei o quasi, con il più grande di 15 anni. Facevano un po' i bulletti, se ne era parlato anche con le altre mamme. Questa estate le avevano preso un paio di scarpe, io le avevo anche detto di lasciare perdere. L'hanno convinta a uscire", sostiene, aggrappandosi sempre alle chat, dopo aver formalizzato denuncia contro entrambi, per il tramite dell'avvocato Marcello Perillo, per sottrazione di minore.
"Era con voi? Ho chiesto in pronto soccorso. Il 19enne mi ha risposto "sì, abbiamo preso la ghiaia...". L'altro ha detto "vorrei abbracciarla" ma un'infermiera mi ha poi portata via... Sono due persone adulte che me l'hanno portata fuori di casa" insiste, aggiungendo di non essersi mai accorta di eventuali altre uscite notturne della figlia. "Segreti con me non ne aveva. Spesso dormivamo nel lettone insieme... Non riesco a credere siano ancora liberi...".
"E' possibile che non si sia ancora accertato se il conducente fosse o meno ubriaco? Come mai ha ancora la patente?". A porre queste domande è lo zio Elis Alcani, dopo aver visionato il video di quell'uscita in auto pubblicato dal 19enne sui social e un filmato trovato invece nel cellulare di Jennifer, in cui la si vede senza cinture di sicurezza, pochi minuti prima dell'incidente. "Mia nipote era una ragazza perfetta, dolce, come tutte le ragazze della sua età. Chiedo venga fatta giustizia, velocemente" la sua chiosa, dopo la querela sporta dal fratello per spronare la Procura a prendere provvedimenti al riguardo di chi ha perso il controllo della BMW, divenuta trappola mortale per la passeggera più giovane. La bambina di mamma Gabriella.
"Aveva sì premura di crescere, come però tutte le sue coetanee. E un po' anche per la situazione, eravamo solo io e lei...", dice, cercando di riabilitare anche la reputazione della tredicenne, infangata, già nell'immediatezza dell'incidente, prima ancora della morte sopraggiunta solo giovedì scorso, da chi, soprattutto suoi social, si è sentito libero di giudicare. E' vero, ammette, Jennifer avrebbe dovuto frequentare la terza media, ma era ancora in prima. "Il primo anno ci sono stati dei problemi con una professoressa. Poi ha avuto questioni di salute, eravamo ancora in lista per l'operazione alle tonsille. Poi la perdita del nonno. Ha saltato tanti giorni di scuola ed è stata bocciata. Poi è subentrata la vergogna nel tornare suoi banchi. C'erano dei piccoli problemi, ma ci stavamo lavorando. In generale, non ho vissuto momenti brutti con lei. Lei era felice, se la penso sorrido. Non riesco a piangere, perché lei mi ha sempre fatto ridere" sostiene, rifacendosi anche alle parole pronunciate sabato in Basilica, per ricordare a tutti come Jenny fosse ed è ancora oggi la sua forza. La ricarica di energia necessaria per affrontare una quotidianità non certamente leggera. "Le mie giornate sono veramente lunghe" racconta, infatti, parlando del lavoro da operaia in un'azienda di Albavilla. "Ogni giorno mi alzo alle 7, alle 7.30 svegliavo Jenny, la portavo a scuola. Iniziando tardi in fabbrica, finisco anche tardi e a Lecco torno solo verso le 19. Giovedì quando sono rientrata, siamo andate a ritirare delle scarpe e due maglie che aveva ordinato: sono ancora nel sacchetto. Poi ci siamo fermate a mangiare fuori, al McDonald's".
Mamma Graziella non poteva sapere che, di li a qualche ora, la tredicenne ci sarebbe tornata, di nascosto, anche con gli amici. "Arrivate a casa - racconta ancora, ripercorrendo le ultime ore prima dello schianto di Abbadia - mi sono fatta la doccia, ho cucinato per il giorno dopo e quando sono andata a letto Jenny era nella sua cameretta che, per me, dormiva. Alle 7.18 la chiamata dal Pronto Soccorso. Ero già sveglia: il caffè, la sigaretta. Di lì a qualche minuto l'avrei fatta alzare. "Sua figlia ha avuto un incidente". Ho pensato no, non è lei, c'è stato un errore. Solo in quel momento ho aperto la porta della stanza...".
In ospedale, ancora prima di poter vedere la figlia - trasportata in condizioni disperate, dopo essere stata estratta dalla BMW andata a sbattere contro un muretto, impattando principalmente nella parte posteriore, lato passeggero, dove sedeva la minore - l'incontro con i due ragazzi che attorno all'1 di notte, è stato accertato leggendo i messaggi ricevuti dalla tredicenne, erano passati a prenderla. "Conoscevo entrambi perché ogni tanto arrivavano al Villaggio, dove si riuniva la compagnia di Jenny, tutti suoi coetanei o quasi, con il più grande di 15 anni. Facevano un po' i bulletti, se ne era parlato anche con le altre mamme. Questa estate le avevano preso un paio di scarpe, io le avevo anche detto di lasciare perdere. L'hanno convinta a uscire", sostiene, aggrappandosi sempre alle chat, dopo aver formalizzato denuncia contro entrambi, per il tramite dell'avvocato Marcello Perillo, per sottrazione di minore.
"Era con voi? Ho chiesto in pronto soccorso. Il 19enne mi ha risposto "sì, abbiamo preso la ghiaia...". L'altro ha detto "vorrei abbracciarla" ma un'infermiera mi ha poi portata via... Sono due persone adulte che me l'hanno portata fuori di casa" insiste, aggiungendo di non essersi mai accorta di eventuali altre uscite notturne della figlia. "Segreti con me non ne aveva. Spesso dormivamo nel lettone insieme... Non riesco a credere siano ancora liberi...".
"E' possibile che non si sia ancora accertato se il conducente fosse o meno ubriaco? Come mai ha ancora la patente?". A porre queste domande è lo zio Elis Alcani, dopo aver visionato il video di quell'uscita in auto pubblicato dal 19enne sui social e un filmato trovato invece nel cellulare di Jennifer, in cui la si vede senza cinture di sicurezza, pochi minuti prima dell'incidente. "Mia nipote era una ragazza perfetta, dolce, come tutte le ragazze della sua età. Chiedo venga fatta giustizia, velocemente" la sua chiosa, dopo la querela sporta dal fratello per spronare la Procura a prendere provvedimenti al riguardo di chi ha perso il controllo della BMW, divenuta trappola mortale per la passeggera più giovane. La bambina di mamma Gabriella.
A.M.