Lecco perduta/463: i tre "arrivi" del Giro d'Italia in città (e non solo)
Ha suscitato entusiasmo, non solo fra i tifosi delle due ruote a pedali, la notizia ufficiale che il prossimo 29 maggio il Giro d’Italia tornerà sulle strade lecchesi, percorrendo per tutta la sua lunghezza la provincia, dall’Alto Lago alla Brianza dove imboccherà la direzione verso il traguardo di tappa in Cesano Maderno.
Qualcuno già sognava più che un passaggio, un arrivo in terra lecchese. Del resto è già successo, ma in tempi ormai lontani. A Barzio, in Valsassina, nel 1979; a Monticello Brianza, nel 2002; due volte ai Piani Resinelli, 1962 e 2012 e a Lecco città nel 1956, nel 1960 e nel 1984 con il Giro poi vinto da Francesco Moser.
L’ultimo traguardo a Lecco è stato uno dei meriti dell’Ente Lecchese Manifestazioni di Renato Corbetta, che aveva già promosso i due precedenti, il primo, appunto nel 1956 sul rettilineo di Corso Martiri, con striscione davanti allo storico porticato del Palazzo Gerosa Crotta e poi nel 1960, con la cronometro della Brianza, da Seregno a Corso Martiri, ma già in quartiere Pescarenico. L’arrivo era posizionato davanti al Bar Micheletti, noto per essere covo di tifosi blucelesti e granata, ma attento anche al ciclismo per la vicinanza di un negozio di coppe e trofeiaffidato al popolare Gioia, promettente dilettante intorno a metà Novecento.
E’ stata la cronometro del 2 giugno 1960, vinta dal fuoriclasse francese Jacques Anquetil, al centro di una novità televisiva assoluta perché le riprese vennero differite in tre punti diversi della corsa (non solo, quindi, sul rettilineo di arrivo, come era avvenuto in precedenza nelle tappe del Giro). La telecronaca era affidata al popolare Adriano De Zan.
Anche Barzio saluta con entusiasmo il ritorno del Giro d’Italia nella valle. L’arrivo in quella che è ritenuta la “montagna di Milano” è avvenuto nell’edizione del Giro del 1979. Si disputò il 5 giugno la terzultima tappa, da Trento a Barzio, di 245 chilometri (la più lunga di tutto il Giro di quell’anno), vinta da Amilcare Sgarbazzi. Presidente del comitato organizzatore che aveva portato il Giro a Barzio era l’assessore Alvaro Ferrari, poi sindaco. Lo stesso può oggi ricordare l’arrivo in valle della corsa con la maglia rosa, accolto da grande entusiasmo e sottolinea: “Abbiamo avuto la sede di tappa grazie al sostegno del presidente dell’ELMA Renato Corbetta e del presidente della Regione Lombardia Cesare Golfari. Era allora sindaco di Barzio il dottor Giovanni Gerosa. Il comitato di tappa venne insediato presso la sede del COE, il Centro Orientamento Educativo di mons. Pedretti”.
La tappa di Monticello Brianza, nel 2002, è stata un omaggio alla carriera di Fiorenzo Magni, il “terzo” dei grandi del ciclismo nazionale (dopo Coppi e Bartali) negli anni del dopoguerra 1945/’50 ed oltre. Il ciclismo, allora, era dappertutto, dalle città alle campagne. La bici era il mezzo di locomozione più diffuso per raggiungere la fabbrica con la tuta blu o per andare nei campi; era il mezzo anche delle donne per raggiungere i mercati dei vari paesi o i negozi lontani da casa per la spesa.
Il corridore lecchese che ha partecipato al maggior numero di Giri d’Italia è stato Massimo Codol, nato a Lecco nel 1973, ma di famiglia residente ad Introbio. Ora abita in Toscana. Codol ha disputato dodici Giri d’Italia, ottenendo il miglior risultato nel 2003, con il quattordicesimo posto. Il miglior lecchese al Giro d’Italia è stato Costantino Conti, di Nibionno, classe 1945. E’ giunto quarto nel 1974 ed ottavo nel 1975.
Qualcuno già sognava più che un passaggio, un arrivo in terra lecchese. Del resto è già successo, ma in tempi ormai lontani. A Barzio, in Valsassina, nel 1979; a Monticello Brianza, nel 2002; due volte ai Piani Resinelli, 1962 e 2012 e a Lecco città nel 1956, nel 1960 e nel 1984 con il Giro poi vinto da Francesco Moser.
L’ultimo traguardo a Lecco è stato uno dei meriti dell’Ente Lecchese Manifestazioni di Renato Corbetta, che aveva già promosso i due precedenti, il primo, appunto nel 1956 sul rettilineo di Corso Martiri, con striscione davanti allo storico porticato del Palazzo Gerosa Crotta e poi nel 1960, con la cronometro della Brianza, da Seregno a Corso Martiri, ma già in quartiere Pescarenico. L’arrivo era posizionato davanti al Bar Micheletti, noto per essere covo di tifosi blucelesti e granata, ma attento anche al ciclismo per la vicinanza di un negozio di coppe e trofeiaffidato al popolare Gioia, promettente dilettante intorno a metà Novecento.
E’ stata la cronometro del 2 giugno 1960, vinta dal fuoriclasse francese Jacques Anquetil, al centro di una novità televisiva assoluta perché le riprese vennero differite in tre punti diversi della corsa (non solo, quindi, sul rettilineo di arrivo, come era avvenuto in precedenza nelle tappe del Giro). La telecronaca era affidata al popolare Adriano De Zan.
Anche Barzio saluta con entusiasmo il ritorno del Giro d’Italia nella valle. L’arrivo in quella che è ritenuta la “montagna di Milano” è avvenuto nell’edizione del Giro del 1979. Si disputò il 5 giugno la terzultima tappa, da Trento a Barzio, di 245 chilometri (la più lunga di tutto il Giro di quell’anno), vinta da Amilcare Sgarbazzi. Presidente del comitato organizzatore che aveva portato il Giro a Barzio era l’assessore Alvaro Ferrari, poi sindaco. Lo stesso può oggi ricordare l’arrivo in valle della corsa con la maglia rosa, accolto da grande entusiasmo e sottolinea: “Abbiamo avuto la sede di tappa grazie al sostegno del presidente dell’ELMA Renato Corbetta e del presidente della Regione Lombardia Cesare Golfari. Era allora sindaco di Barzio il dottor Giovanni Gerosa. Il comitato di tappa venne insediato presso la sede del COE, il Centro Orientamento Educativo di mons. Pedretti”.
La tappa successiva partì il giorno dopo da Cesano Maderno per una cronometro individuale di 44 chilometri, con arrivo a Milano. Quel Giro del 1979 può essere ricordato perché ha avuto solo due corridori in maglia rosa ed è stato, praticamente, “diviso a metà”. Nelle prime otto tappe era in testa alla classifica Francesco Moser, vincitore del prologo individuale a cronometro a Firenze; poi, subentrò Giuseppe Saronni ed è stata la prima vittoria di quest’ultimo al Giro d’Italia, quando era un giovanissimo corridore di 21 anni.
La tappa di Monticello Brianza, nel 2002, è stata un omaggio alla carriera di Fiorenzo Magni, il “terzo” dei grandi del ciclismo nazionale (dopo Coppi e Bartali) negli anni del dopoguerra 1945/’50 ed oltre. Il ciclismo, allora, era dappertutto, dalle città alle campagne. La bici era il mezzo di locomozione più diffuso per raggiungere la fabbrica con la tuta blu o per andare nei campi; era il mezzo anche delle donne per raggiungere i mercati dei vari paesi o i negozi lontani da casa per la spesa.
Il corridore lecchese che ha partecipato al maggior numero di Giri d’Italia è stato Massimo Codol, nato a Lecco nel 1973, ma di famiglia residente ad Introbio. Ora abita in Toscana. Codol ha disputato dodici Giri d’Italia, ottenendo il miglior risultato nel 2003, con il quattordicesimo posto. Il miglior lecchese al Giro d’Italia è stato Costantino Conti, di Nibionno, classe 1945. E’ giunto quarto nel 1974 ed ottavo nel 1975.
Nella struttura organizzativa del Giro d’Italia c’è da segnalare la presenza record di Roberto Chiappa, lecchese di Via Azzone Visconti, ma ora residente in quartiere Chiuso. Roberto è stato per ben trentun volte nell’apparato gestionale del Giro, seguendo, in particolare, gli arrivi di tappa. C’è da menzionare il genitore di Roberto, Vittorio Chiappa, noto massaggiatore, più volte presente al Giro, in particolare con la squadra della San Pellegrino Corse. E’ stato anche premiato per la sua presenza come inviato speciale al seguito del Giro, in diverse edizioni, il giornalista lecchese Giampiero Gerosa.
Insomma, sono tanti i personaggi e le memorie che tornano vivi nella storia del Giro, che nel 2025 tornerà sulle strade lecchesi con un significativo percorso che abbraccia tutta la provincia, dal lago alle montagne, dalla città alla pianura brianzola.
A.B.