Bellano: dopo 80 anni si canta ancora la Resistenza
Quella di ieri a Bellano è stata "una serata di musica, grazie a un progetto nato in Valsassina in occasione dell’ottantesimo anniversario del rastrellamento della Valbiandino" come spiegato in apertura dal sindaco Antonio Rusconi, introducendo così, Cantar Resistenza, frutto del lavoro di "un gruppo che si è unito per raccontarci, attraverso parole e musica, alcuni quadri di 80 anni fa”.
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Una iniziativa che si è voluto portare anche in paese, non a caso. Come aggiunto infatti dal primo cittadino, “quest’anno tocca a Bellano commemorare un altro omicidio nazifascista”. Il riferimento è all'eccidio di Valaperta dove anche il bellanese Nazaro Vitali perse la vita, come ricordato lo scorso 3 gennaio a Casatenovo al cippo che perpetua la memoria delle vittime. Domenica, ci sarà una ulteriore appendice, sul Lago: dopo l'omaggio al parco delle Rimembranze e al sacrario di San Rocco, verrà inaugurata piazzetta Valaperta a Ombriaco.
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Prima di passare la parola alla musica Rusconi ha voluto anche ringraziare l’ANPI di Lecco, la sezione Valsassina e la sezione Lario Orientale “per continuare il ricordo di fatti che ormai hanno 80 anni, ma devono essere sempre vivi nella memoria di tutti”.
35 i valsassinesi (ma non solo) coinvolti nel laboratorio ideato per trasmettere canti e emozioni, con esibizioni poi a Pasturo e Barzio, prima di quella di ieri a Bellano, utilizzando le canzoni come strumento di espressione diretto e immediato.
Attraverso di esse il sapere si tramanda di generazione in generazione e non c’è momento della vita che non abbia una propria colonna sonora: ninna nanne e filastrocche, litanie e canti di lavoro, canzonette e inni, giusto per citare qualche esempio. Non sono da meno tutti quei momenti in cui l’uomo si scontra con i propri simili, poiché da sempre le guerre, portatrici di morte, punteggiano la vita. Per il popolo ogni occasione è favorevole per forgiare canti che narrino una particolare vicenda, che descrivano un personaggio, o ancora per celare tra le pieghe di una rima apparentemente banale, sentimenti ed emozioni altrimenti difficili da esternare.
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Nella guerra partigiana, viene spiegato, il canto ha diverse funzioni. Nell’immaginario collettivo la più frequente è quella di stimolo e di incitamento alla lotta. Estremamente policrono è invece il repertorio resistenziale. L’orgoglio patriottico, la descrizione della montagna e dei luoghi dove si combatte, i risentimenti verso le classi dirigenti, il ritratto di ragazzi e ragazze che resistono alle intemperie delle situazioni e del clima, gli affetti lontani, l’odio verso il nemico, la prigionia, la morte...
Per quanto riguarda i testi dei 13 quadri proposti, si tratta perlopiù di creazioni collettive, sia nella fase di composizione che in quella di trasmissione. Basta cambiare una parola e il canto prende un diverso significato, un colore nuovo. Le circostanze, le occasioni e gli ambienti fanno il resto. Ci vuole pochissimo perché una diversa inflessione dialettale o una differente provenienza geografica o culturale generi un’altra versione del canto, ritenuta comunque originale perché creata in quel tempo e in quello spazio. Sul versante melodico vi è un'estrema varietà di fonti. Si va dai canti della prima guerra mondiale (a loro volta elaborazioni di canti popolari preesistenti) alle canzonette dei dischi o della radio, dagli inni risorgimentali o quarantotteschi a quelli fascisti, dai canti rivoluzionari prefascisti o di altri paesi, dalle canzoni operaie alla musica classica. Tentare una catalogazione del repertorio partigiano è quindi impresa assai ardua. Innanzitutto perché viste le diverse fonti bisognerebbe tener presente, a ben vedere, tutta una serie di considerazioni da fare a monte come il modo di esecuzione, le armonie, il numero di esecutori, la strumentazione impiegata e via discorrendo. Fallirebbero ben presto anche classificazioni di tipo geografico o politico o cronologico. C'è però un elemento che accomuna questa molteplicità di intenti: tutti i canti sono manifestazione di un generoso e sincero slancio giovanile.
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Le note della fisarmonica suonata da Alessio Benedetti e la chitarra di Massimo Lazzari hanno accompagnato le voci nell’esecuzione dei canti. Prima di salutare il pubblico presente Roberto Citterio, presidente della sezione “Lario orientale”, ha invitato tutti a partecipare alla giornata di domani. Per continuare a far memoria.
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Il sindaco Antonio Rusconi
Una iniziativa che si è voluto portare anche in paese, non a caso. Come aggiunto infatti dal primo cittadino, “quest’anno tocca a Bellano commemorare un altro omicidio nazifascista”. Il riferimento è all'eccidio di Valaperta dove anche il bellanese Nazaro Vitali perse la vita, come ricordato lo scorso 3 gennaio a Casatenovo al cippo che perpetua la memoria delle vittime. Domenica, ci sarà una ulteriore appendice, sul Lago: dopo l'omaggio al parco delle Rimembranze e al sacrario di San Rocco, verrà inaugurata piazzetta Valaperta a Ombriaco.
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Prima di passare la parola alla musica Rusconi ha voluto anche ringraziare l’ANPI di Lecco, la sezione Valsassina e la sezione Lario Orientale “per continuare il ricordo di fatti che ormai hanno 80 anni, ma devono essere sempre vivi nella memoria di tutti”.
35 i valsassinesi (ma non solo) coinvolti nel laboratorio ideato per trasmettere canti e emozioni, con esibizioni poi a Pasturo e Barzio, prima di quella di ieri a Bellano, utilizzando le canzoni come strumento di espressione diretto e immediato.
Attraverso di esse il sapere si tramanda di generazione in generazione e non c’è momento della vita che non abbia una propria colonna sonora: ninna nanne e filastrocche, litanie e canti di lavoro, canzonette e inni, giusto per citare qualche esempio. Non sono da meno tutti quei momenti in cui l’uomo si scontra con i propri simili, poiché da sempre le guerre, portatrici di morte, punteggiano la vita. Per il popolo ogni occasione è favorevole per forgiare canti che narrino una particolare vicenda, che descrivano un personaggio, o ancora per celare tra le pieghe di una rima apparentemente banale, sentimenti ed emozioni altrimenti difficili da esternare.
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Nella guerra partigiana, viene spiegato, il canto ha diverse funzioni. Nell’immaginario collettivo la più frequente è quella di stimolo e di incitamento alla lotta. Estremamente policrono è invece il repertorio resistenziale. L’orgoglio patriottico, la descrizione della montagna e dei luoghi dove si combatte, i risentimenti verso le classi dirigenti, il ritratto di ragazzi e ragazze che resistono alle intemperie delle situazioni e del clima, gli affetti lontani, l’odio verso il nemico, la prigionia, la morte...
Per quanto riguarda i testi dei 13 quadri proposti, si tratta perlopiù di creazioni collettive, sia nella fase di composizione che in quella di trasmissione. Basta cambiare una parola e il canto prende un diverso significato, un colore nuovo. Le circostanze, le occasioni e gli ambienti fanno il resto. Ci vuole pochissimo perché una diversa inflessione dialettale o una differente provenienza geografica o culturale generi un’altra versione del canto, ritenuta comunque originale perché creata in quel tempo e in quello spazio. Sul versante melodico vi è un'estrema varietà di fonti. Si va dai canti della prima guerra mondiale (a loro volta elaborazioni di canti popolari preesistenti) alle canzonette dei dischi o della radio, dagli inni risorgimentali o quarantotteschi a quelli fascisti, dai canti rivoluzionari prefascisti o di altri paesi, dalle canzoni operaie alla musica classica. Tentare una catalogazione del repertorio partigiano è quindi impresa assai ardua. Innanzitutto perché viste le diverse fonti bisognerebbe tener presente, a ben vedere, tutta una serie di considerazioni da fare a monte come il modo di esecuzione, le armonie, il numero di esecutori, la strumentazione impiegata e via discorrendo. Fallirebbero ben presto anche classificazioni di tipo geografico o politico o cronologico. C'è però un elemento che accomuna questa molteplicità di intenti: tutti i canti sono manifestazione di un generoso e sincero slancio giovanile.
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M.A.