CM Val San Martino e Lario Orientale: non c'è ancora il Presidente (e il metodo condiviso per eleggerlo)

Seconda fumata nera. Anche la riunione di questa sera si è chiusa con un nulla di fatto: la Comunità Montana Lario Orientale e Val San Martino resta ancora senza un nuovo presidente, con il verbale odierno che, trasmesso in Regione, porterà inevitabilmente ad un sollecito ad adempiere, concedendo ai 26 sindaci coinvolti da 15 a 60 giorni massimo per mettersi – finalmente – d'accordo, pena il commissariamento, già “evocato” il mese scorso dall'assessore Massimo Sertori, nel tentativo, evidentemente, di spronare la chiusura di una partita che, invece, resta – vergognosamente - aperta. Con spaccature sempre più marcate e  un carico di tensione ben emerso in chiusura della riunione odierna, quando gli animi si sono scaldati e, spazientiti, quattro amministratori –  i sindaci di Mandello, Pescate e Galbiate e il rappresentante di Colle Brianza, hanno lasciato l'aula. Ma la decisione era di fatto già stata presa: ritirare i punti all'ordine del giorno facendo saltare così una votazione che avrebbe confermato lo stallo registrato alla prima chiama di dicembre, con i 13 voti nelle mani di Antonio Rusconi insufficienti, oggi come allora, a assegnargli la presidenza, necessitando della maggioranza assoluta. Di contro, gli è stato ri-chiesto, dallo schieramento capitanato da Riccardo Fasoli (suo iniziale sfidante), di fare un passo indietro, con i suoi 13 seguaci che – per bocca di Giancarlo Valsecchi di Erve – invece, anche a fine discussione hanno ribadito la volontà di mantenere la sua candidatura. Insomma, l'Assemblea si è chiusa sulle stesse posizioni in cui si è aperta. Ad animi ancor più esasperati. 
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Assente tutta la componente bergamasca – e dunque i sindaci di Caprino, Cisano, Pontida e Torre de' Busi che fin da subito hanno chiesto un loro rappresentante in Giunta – il primo a prendere la parola, come già a dicembre, è stato il primo cittadino di Carenno che, parlando a titolo personale, ha rilevato come i lecchesi non siano stati invece capaci di fare sintesi nemmeno quando “una parte almeno maggioritaria di quella che io definisco ancora il centrosinistra” - ha detto – ha lavorato a una soluzione che prevedesse Rusconi presidente, assegnando poi un assessore gli “orobici”, uno al centrosinistra stesso e due al centrodestra, garantendo l'equilibrio territoriale. Per via “di veti personali” non si è arrivati però all'accordo, nella sua ricostruzione, arrivando così questa sera a riproporre una lista – quella originaria del valmadrerese tale e quale – già bocciata. Ecco dunque fin da subito la proposta di evitare il voto, per rimettersi ad un tavolo. “Credo lo si debba non a qualcuno ma al territorio” ha affermato, ribadendo come se dalle “alleanze innaturali” presenti in entrambi gli schieramenti “si arrivasse a una sintesi condivisa, si uscirebbe da una da situazione complessa e complicata che non ha precedenti nella storia di questo ente”.
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Per il tono usato è stato ringraziato da Rusconi, che ha però frainteso la frase relativa al centrosinistra, sentendosi escluso quando invece Pigazzini intendeva chiaramente annoverarlo in tale “alveo”. Nel ribadire ulteriormente la sua ormai nota posizione, l'ex parlamentare ha ricordato anche come nel ripresentare la sua lista in vista dell'appuntamento odierno sia stata inviata anche una lettera in cui i 13 amministratori proponenti si dicevano pronti a rimettervi mano, auspicando un più ampio coinvolgimento, per addivenire a una quadra condivisa.
Non raggiunta, ha sostenuto ancora Pigazzini, per ragioni politiche e più espressamente per veti imposti nell'area del centrodestra su alcune figure.
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“Il sindaco di Carenno ha visto un altro film” ha ribattuto, secco, Marco Ghezzi di Calolzio, condividendo quanto detto da Rusconi e chiedendo dunque di stabilire quale linea seguire nell'attribuzione delle poltrone, scegliendo o il criterio territoriale o quello partitico, con la stessa richiesta giunta poi anche da Angelo Isella di Civate, arrivato a invocare senso di responsabilità
verso l'ente. “Tutte le altre sono menatine politiche” ha dichiarato.
“Non si può fare una cosa ibrida” ha sentenziato, nel proseguo del ragionamento, invece, Ghezzi, dicendosi libero da ogni condizionamento esterno e tirando fuori un'altra soluzione ipotizzata (invano) in queste settimane ovvero quello di ridurre da quattro a tre le “aree” in cui suddividere i 26 comuni della CM, per avere così un assessorato da riconoscere a Fasoli per il passo indietro fatto in favore della presidenza di Rusconi, lasciando poi carta bianca ai sindaci di ciascuno spicchio, per individuare il loro rappresentante.
“Quando si parla di autodeterminazione, sembra ci sia solo da una parte e non dall'altra” ha sbottato Michele Peccati, fresco di tessera di Fratelli d'Italia ma a suo dire non indirizzato da nessuno nel voto. “Non è che da una parte c'è autodeterminazione e dall'altra siamo burattini” ha ulteriormente chiarito con Malgrate schierata con i “fasoliani”, sostenendo altresì che Rusconi avrebbe dovuto fare un passo indietro dopo la prima bocciatura, “avrebbe aiutato ad arrivare a una condivisione. I nominativi di eventuali presidenti si potevano trovare”.
“Le mie scelte non dipendono da nessuno” ha detto anche Fasoli che ha chiesto di provare a mettere in piedi una nuova proposta, senza che nessuno pretenda un posto, proponendo di fermarsi dopo l'assemblea per ricomporre il puzzle.
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Su richiesta di Cesare Colombo, la riunione – al momento in cui era prevista la messa ai voti – è stata sospesa per una decina di minuti, permettendo ai 13 rusconiani di accordarsi sul da farsi. 
A chiedere di ritirare il punto all'ordine del giorno è stato il candidato presidente stesso, con i suoi sostenitori che hanno comunque ribadito, come detto, la volontà di indicare il valmadrerese come loro “portabandiera”.
Una affermazione che ha fatto saltare i nervi a Fasoli, che ha parlato di costrizione nell'accettare il pacchetto confezionato dagli altri, riproponendo invece di mettere al tavolo un paio di delegati per parte per arrivare a un accordo. Il tutto mentre Rusconi e Peccati battibeccavano su saccenterìa e ignoranza.
Ultimo a chiedere parola è stato Giovanni Bruno Bussola di Ballabio – un nome il suo inserito tra quelli degli assessori dai leghisti-civici e osteggiato dai piddini-meloniani – che ha ribattuto al mandellese, ricordando come tra emissari dei due schieramenti ci siano già stati incontri e proposte, con quella della suddivisione territoriale che portava a una composizione ricalcabile alla loro offerta, poi ricalibrata – come detto da Ghezzi – anche su tre aree proprio per lasciare un posto a Fasoli. Ma nulla. “La verità è che il principio territoriale non va piace”, l'ultima affermazione che ha scatenato la reazione scomposta di un'aula ormai arrivata al punto di cottura di una prima liceo alla sesta ora di lezione.
A.M.
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