Omicidio di Calolzio: i genitori della vittima condannati per maltrattamenti
La vita è già stata dura nei loro confronti, portandoli a patire il dolore più "innaturale" per un genitore, quello di piangere un proprio figlio, in questo caso assassinato improvvisamente, nel bel mezzo dell'estate, pochi minuti dopo essere uscito di casa.
Prima di Natale, i coniugi Darga, mamma e papà di Mazou, il 23enne burkinabé accoltellato nell'agosto 2023 sui binari della stazione ferroviaria di Calolziocorte, spirando poi all'arrivo in ospedale, hanno subito anche una condanna penale, legata proprio al ragazzo, tanto amato quanto oggettivamente "difficile", come del resto aveva ammesso, nella sua requisitoria, pronuncia nel mese di settembre, anche il sostituto procuratore Pasquale Gaspare Esposito descrivendo il giovanotto come "indisciplinato, insofferente alle regole, frustrato per evidenti limiti nell'inserirsi nelle regole".
Maltrattamenti il reato ascritto ai due imputati, sulla base della denuncia presentata a suo tempo da quel figlio nel frattempo deceduto in drammatiche circostanze che aveva sostenuto di essere stato in più occasioni percosso dal padre che, nel 2011, sarebbe arrivato anche a colpirlo con un cavetto elettrico, lasciandogli dei segni poi mostrati anche all'assistente sociale che lo affiancava per le difficoltà dimostrate sui banchi di scuola. "Un gesto estremo", quest'ultimo, secondo l'etichetta apposta dal PM, ritenendo credibile anche il resto del racconto di Mazou, acquisito agli atti, nonostante, in Aula, entrambi i genitori abbiamo provato a smentire le accuse, sostenendo di aver ripetutamente tentato di rimettere in carreggiata il ragazzo, irrequieto e facilmente influenzabile anche da "cattive conoscenze", ma sostanzialmente buono, negando il ricordo alla violenza (episodio del cavetto a parte, accaduto, per ammissione della coppia, dopo aver scoperto il furto, da parte di Mazou, del cellulare di una vicina).
Un anno e quattro mesi, la richiesta di condanna per entrambi, avanzata dalla Procura, con il padre, molto conosciuto nella comunità islamica di Airuno, dove la famiglia viveva fino al trasferimento a Calolzio, a processo per le condotte attive e la madre per aver assecondato o comunque non ostacolato le stesse.
Ha creduto in una loro possibile assoluzione, di contro, l'avvocato Massimiliano Vivenzio, convinto dell'insussistenza del reato - anche in mancanza della sistematicità della condotta, con un unico episodio sicuro, quello sempre del cavetto datato 2011 - e della credibilità dei suoi assistiti. Ed invece la condanna è arrivata, al minimo della pena ma è arrivata.
Scontato l'Appello, non appena sarà depositata la sentenza.
Prima di Natale, i coniugi Darga, mamma e papà di Mazou, il 23enne burkinabé accoltellato nell'agosto 2023 sui binari della stazione ferroviaria di Calolziocorte, spirando poi all'arrivo in ospedale, hanno subito anche una condanna penale, legata proprio al ragazzo, tanto amato quanto oggettivamente "difficile", come del resto aveva ammesso, nella sua requisitoria, pronuncia nel mese di settembre, anche il sostituto procuratore Pasquale Gaspare Esposito descrivendo il giovanotto come "indisciplinato, insofferente alle regole, frustrato per evidenti limiti nell'inserirsi nelle regole".
Maltrattamenti il reato ascritto ai due imputati, sulla base della denuncia presentata a suo tempo da quel figlio nel frattempo deceduto in drammatiche circostanze che aveva sostenuto di essere stato in più occasioni percosso dal padre che, nel 2011, sarebbe arrivato anche a colpirlo con un cavetto elettrico, lasciandogli dei segni poi mostrati anche all'assistente sociale che lo affiancava per le difficoltà dimostrate sui banchi di scuola. "Un gesto estremo", quest'ultimo, secondo l'etichetta apposta dal PM, ritenendo credibile anche il resto del racconto di Mazou, acquisito agli atti, nonostante, in Aula, entrambi i genitori abbiamo provato a smentire le accuse, sostenendo di aver ripetutamente tentato di rimettere in carreggiata il ragazzo, irrequieto e facilmente influenzabile anche da "cattive conoscenze", ma sostanzialmente buono, negando il ricordo alla violenza (episodio del cavetto a parte, accaduto, per ammissione della coppia, dopo aver scoperto il furto, da parte di Mazou, del cellulare di una vicina).
Un anno e quattro mesi, la richiesta di condanna per entrambi, avanzata dalla Procura, con il padre, molto conosciuto nella comunità islamica di Airuno, dove la famiglia viveva fino al trasferimento a Calolzio, a processo per le condotte attive e la madre per aver assecondato o comunque non ostacolato le stesse.
Ha creduto in una loro possibile assoluzione, di contro, l'avvocato Massimiliano Vivenzio, convinto dell'insussistenza del reato - anche in mancanza della sistematicità della condotta, con un unico episodio sicuro, quello sempre del cavetto datato 2011 - e della credibilità dei suoi assistiti. Ed invece la condanna è arrivata, al minimo della pena ma è arrivata.
Scontato l'Appello, non appena sarà depositata la sentenza.
A.M.