Lecco: un augurio e due parole sul nuovo hotel di piazza Diaz
La proposta della costruzione di un hotel in piazza Diaz a Lecco, davanti al Palazzo Bovara del 1843, e alla stazione del 1873 e sullo sfondo le mura viscontee del 1296, è un pugno negli occhi e nello stomaco.
Non siamo ad Abano Terme, a Milano Marittima, a Fiuggi, siamo nel centro di un borgo mai diventato città, che non necessita di una struttura architettonica modernistica che si pone come una struttura postmoderna. È una distonia ambientale e deformante del contesto urbano di quel locus loci. L'impatto visivo è forte e limita la percezione spazio-temporale del sistema urbano.
Una struttura di questa natura potrebbe essere più appropriata verso la zona lago. É stata presentata come un’importante opportunità ‘rigenerativa’ dal punto di vista urbanistico, oltre a rappresentare un’occasione per il turismo e per l’occupazione nel settore, però è prettamente fuori contesto ambientale. Anche il disegno architettonico, che fare ha con le abitazioni circostanti?
Non siamo a Milano. Non è detto che le torri, in località Caleotto, solo perché sono state disegnate dal famoso architetto e Senatore Renzo Piano, siano il massimo, né il complesso nell’ex Sae, disegnato dall’architetto, Gregotti, rappresenti il vertice dell’estetica.
Lecco ha una sua conformazione geofisica, storica e non necessita di nuove costruzioni in altezza che la deformi.
Serve un piano per lo sviluppo turistico. Non bisogna aver paura a fermarsi a ragionare attorno a una visione più ecosistemica e storica. Non servono mostri alberghieri, servono servizi alberghieri accoglienti, leggeri.
Va bene che in questa fase si sia passati dal mantra della città industriale a quella turistica, ma non possiamo lasciarci incantare dallo zufolo di Pan e dal richiamo del nuovismo.
Senza una visione immaginifica di cosa sarà Lecco nel futuro, c’è il rischio di passare dalla disseminazione irrazionale delle piccole attività a un turismo indefinito, fatuo, alla mercé di qualsiasi improvvisto imprenditore ‘turistico’.
A parte la valutazione estetica dell’architettura proposta, che risulta discutibile rispetto al contesto urbano specifico, essa appare eccessivamente impattante e sproporzionata. Invece di snellire il già difficoltoso e ristretto flusso viabilistico, lo si appesantisce.
Una soluzione alternativa potrebbe consistere nell’abbattere l’attuale edificio, livellare l’area e creare un allargamento della piazza della stazione e del municipio, offrendo uno spazio urbano che valorizza il vecchio borgo, migliori la viabilità e dia respiro al contesto, offrendo ai turisti una percezione autentica del luogo. In alternativa, si potrebbe costruire una struttura alberghiera di qualità che sia compatibile al contesto. Meno cemento più spazi liberi.
È necessaria una visione più complessa e articolata dello sviluppo urbanistico della città di Lecco.
Non siamo ad Abano Terme, a Milano Marittima, a Fiuggi, siamo nel centro di un borgo mai diventato città, che non necessita di una struttura architettonica modernistica che si pone come una struttura postmoderna. È una distonia ambientale e deformante del contesto urbano di quel locus loci. L'impatto visivo è forte e limita la percezione spazio-temporale del sistema urbano.
Una struttura di questa natura potrebbe essere più appropriata verso la zona lago. É stata presentata come un’importante opportunità ‘rigenerativa’ dal punto di vista urbanistico, oltre a rappresentare un’occasione per il turismo e per l’occupazione nel settore, però è prettamente fuori contesto ambientale. Anche il disegno architettonico, che fare ha con le abitazioni circostanti?
Non siamo a Milano. Non è detto che le torri, in località Caleotto, solo perché sono state disegnate dal famoso architetto e Senatore Renzo Piano, siano il massimo, né il complesso nell’ex Sae, disegnato dall’architetto, Gregotti, rappresenti il vertice dell’estetica.
Lecco ha una sua conformazione geofisica, storica e non necessita di nuove costruzioni in altezza che la deformi.
Serve un piano per lo sviluppo turistico. Non bisogna aver paura a fermarsi a ragionare attorno a una visione più ecosistemica e storica. Non servono mostri alberghieri, servono servizi alberghieri accoglienti, leggeri.
Va bene che in questa fase si sia passati dal mantra della città industriale a quella turistica, ma non possiamo lasciarci incantare dallo zufolo di Pan e dal richiamo del nuovismo.
Senza una visione immaginifica di cosa sarà Lecco nel futuro, c’è il rischio di passare dalla disseminazione irrazionale delle piccole attività a un turismo indefinito, fatuo, alla mercé di qualsiasi improvvisto imprenditore ‘turistico’.
A parte la valutazione estetica dell’architettura proposta, che risulta discutibile rispetto al contesto urbano specifico, essa appare eccessivamente impattante e sproporzionata. Invece di snellire il già difficoltoso e ristretto flusso viabilistico, lo si appesantisce.
Una soluzione alternativa potrebbe consistere nell’abbattere l’attuale edificio, livellare l’area e creare un allargamento della piazza della stazione e del municipio, offrendo uno spazio urbano che valorizza il vecchio borgo, migliori la viabilità e dia respiro al contesto, offrendo ai turisti una percezione autentica del luogo. In alternativa, si potrebbe costruire una struttura alberghiera di qualità che sia compatibile al contesto. Meno cemento più spazi liberi.
È necessaria una visione più complessa e articolata dello sviluppo urbanistico della città di Lecco.
Dr. Enrico Magni, Psicologo e giornalista