Lecco perduta/459: 120 anni per le campane di San Nicolò
Una pubblicazione di storia locale di metà Novecento ha scritto: “I lavori del nuovo campanile di San Nicolò ebbero inizio con il successore di don Mascari, il prevosto del Risorgimento lecchese, che intorno al 1860 aveva ideato di dotare di un nuovo campanile la prepositurale, un campanile lanciato verso il cielo per testimoniare ai posteri il grande entusiasmo dei cittadini nella sospirata indipendenza nazionale raggiunta nel periodo risorgimentale 1848/1859".
I lavori ebbero inizio con il successore di don Mascari, il prevosto don Pietro Galli, e furono lunghi e difficili. Nella riunione del 10 agosto 1884 la commissione comunale di pubblico ornato esprimeva parere favorevole definitivo al progetto presentato dal lecchese ing. Enrico Gattinoni, che prevedeva un campanile veramente ardito: 96 metri di altezza e 400 gradini per arrivare all’ultimo terrazzino belvedere terminale. Nelle vicinanze della prepositurale erano giunti i primi massi di pietra, già squadrati e numerati, destinati all’opera. Il più che impegnativo lavoro era stato affidato all’impresa di Martino Todeschini, un capomastro di esperienza notevole.
Il campanile iniziò a salire pietra su pietra, molto lentamente perché non vi erano i mezzi attuali. Si lavorava su ponteggi con la cazzuola e i secchi di malta, e per sollevare i massi in alto bisognava affidarsi alla carrucola. Non mancarono anche interruzioni e sospensioni intorno agli 80 metri nel 1894 per mancanza di mezzi finanziari. Le opere si completarono nell’autunno 1904, quando vennero sistemate le nove campane per un peso totale di 96 tonnellate. Ardua impresa fu portarle nella cella, e in modo particolare il campanone con i suoi 28 quintali.
L’inaugurazione avvenne la notte dal 24 al 25 dicembre 1904, quella di Natale, con i cittadini in trepida attesa della festosa eco dei sacri bronzi. La cerimonia giungeva al termine di un autunno contrassegnato da una furiosa battaglia elettorale tra Gavazzi e Cermenati, con la vittoria del primo; il che provocò una serata da dimenticare con incidenti e scontri tra sostenitori di opposte tendenze. Si verificò anche l’assalto notturno alla canonica parrocchiale di San Nicolò da parte di "cermenatiani" che accusavano i preti e le associazioni cattoliche di aver fatto propaganda scorretta per Gavazzi. Un gruppo di scalmanati lanciò sassi contro i vetri delle finestre e staccò dal portone d’ingresso della canonica lo stemma arcivescovile della diocesi di Milano, che venne scaraventato nelle acque del vicino lago. Mario Cermenati si dissociò subito dai suoi sostenitori più agitati che avevano compiuto la deprecabile impresa, improvvisando un comizio, nella sera avanzata, dal balcone del noto ristorante il Borsino, nel tratto di via Roma più vicino a piazza XX Settembre, che era il ritrovo dei suoi fedelissimi.
Maestoso “lapis” che riempì di orgoglio civico i lecchesi di inizio Novecento, simbolo religioso entrato nella graduatoria dei record dei campanili più alti, il San Nicolò è divenuto tra fine Novecento e inizio Duemila anche un richiamo monumentale e turistico di rilevante importanza, tanto da essere riprodotto recentemente su magliette sportive, dal calcio al canottaggio. Si deve a numerosi gruppi e associazioni, in particolare gli amici del campanile di San Nicolò con le “guide” della Basilica, se l’altissima struttura è ora un riferimento di richiamo popolare.
La stampa locale dedicava lunghi articoli negli ultimi decenni del secolo Novecento alla “scoperta” del campanile in senso storico. Nell’ottobre 1999, in occasione della tradizionale festa di Lecco con la Madonna del Rosario, un manipolo di rocciatori lecchesi, Ragni in testa, scese dal Matitone muovendo dal panoramico terrazzino circolare. Si scrisse: “Sulla fettuccia del Novecento che esce dalla storia l’omaggio è rivolto al campanile che resterà nelle vicende di Lecco come una delle meraviglie del secolo diciannovesimo, anzi la prima delle stesse nell’arco dei cento anni che hanno visto opere imponenti”. Nella pattuglia di coraggiosi rocciatori, con i Maglioni rossi, era in cordata l’allora prevosto di Lecco monsignor Roberto Busti, poi vescovo di Mantova.
C’è stato l’impegno di far conoscere il campanile da parte di associazioni, in particolare degli Amici e delle Guide della basilica, delle giornate FAI, delle visite programmate con il Giglio di Pescarenico, con gruppi culturali e turistici, anche di non vicina provenienza; è stata realizzata un’eccezionale illuminazione che richiama lo sguardo di coloro che sono sulle vie cittadine, sulle strade del territorio, sul lago e sulle montagne.
I lecchesi di inizio Novecento, di quella notte inaugurale del Natale 1904, pensarono ad una "nuova meraviglia del mondo", realizzata sulle rive manzoniane del Lario. Per diversi decenni i ragazzi che affollavano i cortili del glorioso oratorio San Luigi, gli accoliti della prepositurale, fecero a gara per entrare nel torrione visconteo, dove c’erano le corde delle campane, per dar vita al concerto in occasione di solennità liturgiche e di cerimonie religiose. Ora è in funzione, dal 1965, un impianto elettronico e i manufatti suonano senza necessità di "appendersi": basta premere un pulsante.
I lavori ebbero inizio con il successore di don Mascari, il prevosto don Pietro Galli, e furono lunghi e difficili. Nella riunione del 10 agosto 1884 la commissione comunale di pubblico ornato esprimeva parere favorevole definitivo al progetto presentato dal lecchese ing. Enrico Gattinoni, che prevedeva un campanile veramente ardito: 96 metri di altezza e 400 gradini per arrivare all’ultimo terrazzino belvedere terminale. Nelle vicinanze della prepositurale erano giunti i primi massi di pietra, già squadrati e numerati, destinati all’opera. Il più che impegnativo lavoro era stato affidato all’impresa di Martino Todeschini, un capomastro di esperienza notevole.
Il campanile iniziò a salire pietra su pietra, molto lentamente perché non vi erano i mezzi attuali. Si lavorava su ponteggi con la cazzuola e i secchi di malta, e per sollevare i massi in alto bisognava affidarsi alla carrucola. Non mancarono anche interruzioni e sospensioni intorno agli 80 metri nel 1894 per mancanza di mezzi finanziari. Le opere si completarono nell’autunno 1904, quando vennero sistemate le nove campane per un peso totale di 96 tonnellate. Ardua impresa fu portarle nella cella, e in modo particolare il campanone con i suoi 28 quintali.
L’inaugurazione avvenne la notte dal 24 al 25 dicembre 1904, quella di Natale, con i cittadini in trepida attesa della festosa eco dei sacri bronzi. La cerimonia giungeva al termine di un autunno contrassegnato da una furiosa battaglia elettorale tra Gavazzi e Cermenati, con la vittoria del primo; il che provocò una serata da dimenticare con incidenti e scontri tra sostenitori di opposte tendenze. Si verificò anche l’assalto notturno alla canonica parrocchiale di San Nicolò da parte di "cermenatiani" che accusavano i preti e le associazioni cattoliche di aver fatto propaganda scorretta per Gavazzi. Un gruppo di scalmanati lanciò sassi contro i vetri delle finestre e staccò dal portone d’ingresso della canonica lo stemma arcivescovile della diocesi di Milano, che venne scaraventato nelle acque del vicino lago. Mario Cermenati si dissociò subito dai suoi sostenitori più agitati che avevano compiuto la deprecabile impresa, improvvisando un comizio, nella sera avanzata, dal balcone del noto ristorante il Borsino, nel tratto di via Roma più vicino a piazza XX Settembre, che era il ritrovo dei suoi fedelissimi.
Maestoso “lapis” che riempì di orgoglio civico i lecchesi di inizio Novecento, simbolo religioso entrato nella graduatoria dei record dei campanili più alti, il San Nicolò è divenuto tra fine Novecento e inizio Duemila anche un richiamo monumentale e turistico di rilevante importanza, tanto da essere riprodotto recentemente su magliette sportive, dal calcio al canottaggio. Si deve a numerosi gruppi e associazioni, in particolare gli amici del campanile di San Nicolò con le “guide” della Basilica, se l’altissima struttura è ora un riferimento di richiamo popolare.
La stampa locale dedicava lunghi articoli negli ultimi decenni del secolo Novecento alla “scoperta” del campanile in senso storico. Nell’ottobre 1999, in occasione della tradizionale festa di Lecco con la Madonna del Rosario, un manipolo di rocciatori lecchesi, Ragni in testa, scese dal Matitone muovendo dal panoramico terrazzino circolare. Si scrisse: “Sulla fettuccia del Novecento che esce dalla storia l’omaggio è rivolto al campanile che resterà nelle vicende di Lecco come una delle meraviglie del secolo diciannovesimo, anzi la prima delle stesse nell’arco dei cento anni che hanno visto opere imponenti”. Nella pattuglia di coraggiosi rocciatori, con i Maglioni rossi, era in cordata l’allora prevosto di Lecco monsignor Roberto Busti, poi vescovo di Mantova.
Le celebrazioni dei 95 anni sono state occasione per rammentare i tanti che, in ruoli diversi, si adoperarono per far sorgere il nuovo maestoso campanile, dai prevosti Mascari e Galli, ai progettisti Enrico Gattinoni e Giovanni Cerutti, al capomastro Martino Todeschini e ai suoi dipendenti edili, quasi tutti muratori provenienti da Carenno, al tecnico Aristide Tagliaferri, ai “cavallanti” che su carri portarono dallo scalo ferroviario di Lecco i 96 quintali delle nove campane, poi issate con faticosa e pericolosa ascesa tra scale e ponteggi.
C’è stato l’impegno di far conoscere il campanile da parte di associazioni, in particolare degli Amici e delle Guide della basilica, delle giornate FAI, delle visite programmate con il Giglio di Pescarenico, con gruppi culturali e turistici, anche di non vicina provenienza; è stata realizzata un’eccezionale illuminazione che richiama lo sguardo di coloro che sono sulle vie cittadine, sulle strade del territorio, sul lago e sulle montagne.
I lecchesi di inizio Novecento, di quella notte inaugurale del Natale 1904, pensarono ad una "nuova meraviglia del mondo", realizzata sulle rive manzoniane del Lario. Per diversi decenni i ragazzi che affollavano i cortili del glorioso oratorio San Luigi, gli accoliti della prepositurale, fecero a gara per entrare nel torrione visconteo, dove c’erano le corde delle campane, per dar vita al concerto in occasione di solennità liturgiche e di cerimonie religiose. Ora è in funzione, dal 1965, un impianto elettronico e i manufatti suonano senza necessità di "appendersi": basta premere un pulsante.
A.B.