L'ANPI ricorda i 'martiri di Merlate', 5 lecchese assassinati dai fascisti
80 anni. Sono trascorsi 80 anni da quel dicembre in cui 5 giovani lecchesi, poco più che ventenni, vennero assassinati dalla camicie nere in una piccola frazione del Comune di Vernate, in provincia di Milano. Erano 5 partigiani, i "martiri di Merlate", scoperti per dilazione, uccisi poi dai fascisti. Si tratta di Guido Ceresini, nato a Malgrate il 16 gennaio 1922 e del suo coetaneo di Lecco, Rolando Fanteguzzi appartenente alla 89ª brigata Poletti operante a Mandello; faceva parte dalla divisione Puecher attiva in Brianza, invece, Antonio Nasatti, nato a Lecco il 4 aprile 1920. Di quattro anni più giovane, era invece Giacomo Nessi, anch'egli nato nel capoluogo. Il più grande era invece Luigi Novara, nato a Seregno il 19 luglio 1917, ufficiale dell’esercito e appartenente alla brigata Rosselli, operante sui monti lecchesi.
La memoria, circa l'episodio costato loro la vita, si è aggrovigliata così che la data precisa dell’eccidio risulta incerte: sulla targa che ricorda il martirio nella piazzetta di Merlate è riportato "12 dicembre", mentre altre fonti scritte parlano del 16. Così come si contraddicono le informazioni sulla concomitante presenza dei cinque in paese. Secondo l’Atlante online delle stragi nazifasciste, il gruppo si era recato nella Bassa, dopo lo scioglimento della 89ª brigata Poletti, per collegarsi con il commissario politico del distaccamento di Casorate ed essere inserito nella 170ª brigata Garibaldi SAP e svernare in pianura. Per altri i cinque erano invece scesi per rifornirsi di riso, viveri in genere e tabacco per poi ritornare sui monti lecchesi.
Di fatto la sera del 15 dicembre (o dell’11) si trovavano all’osteria di Merlate.
Fu proprio l’oste a segnalare la loro presenza ai fascisti. Una squadra delle Brigate Nere comandata dal tenente Giuseppe Ranzani circondò l’edificio e si cominciò a sparare. Anche i partigiani risposero al fuoco. E uno dei cinque, forse Giacomo Nessi, rimase ferito morendo di lì a poco, finito a quanto pare da un colpo di rivoltella da parte dello stesso capo delle camicie nere. Gli altri quattro vennero catturati e condannati a morte dopo un processo sommario celebrato nella notte. All’indomani mattina, avvenne la fucilazione sulla stessa piazza di Merlate. I cadaveri furono poi caricati su un carretto e trasferiti a Moncucco per la sepoltura. Dopo la Liberazione, i corpi vennero riesumati per essere traslati ai paesi di origine. Sulle salme vennero riscontrati segni evidenti di percosse e torture.
Oggi li ricorda l'ANPI di Lecco, sempre attento a perpetuare la memoria di chi ha dato la vita per la libertà.
La memoria, circa l'episodio costato loro la vita, si è aggrovigliata così che la data precisa dell’eccidio risulta incerte: sulla targa che ricorda il martirio nella piazzetta di Merlate è riportato "12 dicembre", mentre altre fonti scritte parlano del 16. Così come si contraddicono le informazioni sulla concomitante presenza dei cinque in paese. Secondo l’Atlante online delle stragi nazifasciste, il gruppo si era recato nella Bassa, dopo lo scioglimento della 89ª brigata Poletti, per collegarsi con il commissario politico del distaccamento di Casorate ed essere inserito nella 170ª brigata Garibaldi SAP e svernare in pianura. Per altri i cinque erano invece scesi per rifornirsi di riso, viveri in genere e tabacco per poi ritornare sui monti lecchesi.
Di fatto la sera del 15 dicembre (o dell’11) si trovavano all’osteria di Merlate.
Fu proprio l’oste a segnalare la loro presenza ai fascisti. Una squadra delle Brigate Nere comandata dal tenente Giuseppe Ranzani circondò l’edificio e si cominciò a sparare. Anche i partigiani risposero al fuoco. E uno dei cinque, forse Giacomo Nessi, rimase ferito morendo di lì a poco, finito a quanto pare da un colpo di rivoltella da parte dello stesso capo delle camicie nere. Gli altri quattro vennero catturati e condannati a morte dopo un processo sommario celebrato nella notte. All’indomani mattina, avvenne la fucilazione sulla stessa piazza di Merlate. I cadaveri furono poi caricati su un carretto e trasferiti a Moncucco per la sepoltura. Dopo la Liberazione, i corpi vennero riesumati per essere traslati ai paesi di origine. Sulle salme vennero riscontrati segni evidenti di percosse e torture.
Oggi li ricorda l'ANPI di Lecco, sempre attento a perpetuare la memoria di chi ha dato la vita per la libertà.