Cassina: nei rapporti madre-figlio il possibile movente di un omicidio che lui nega
Il fermo, operato sul presupposto del pericolo di fuga dell'indagato, non è stato convalidato. Ma, come noto, all'esito dell'udienza di ieri, il Gip del Tribunale di Lecco Nora Lisa Passoni, ritenendo sussistenti gravi indizi di colpevolezza ha applicato la misura cautelare del carcere a Corrado Parodi, il 48enne di Primaluna, residente da qualche tempo a Cassina, accusato dell'omicidio (aggravato dal vincolo di parentela) della madre Margherita Colombo, 73 anni, di cui proprio quest'oggi, dopo il nulla osta della Procura, sono stati celebrati i funerali. In un clima oggettivamente difficile. Anche per via di “spigolature” nel carattere della donna, di cui ora qualcuno inizia a far accenno nel chiacchiericcio di paese, che sono sembrate emergere anche dalle parole del parroco.
Si parla di attriti con il figlio, sconfinati anche nei rapporti con i nipotini che nell'ultimo fine settimana prima della tragedia avrebbero preferito rimanere con la mamma anziché con il papà dalla nonna. Voci, che potrebbero rientrare nei tanti elementi ancora da chiarire attorno ad un caso ancora aperto. Con frizioni tra madre-figlio e "ruggini" legati alla figura di Margherita che potrebbe, però, effettivamente aiutare a delineare il perché di quanto successo nell'appartamento di via Castello. Gli inquirenti, del resto, in attesa degli esami tossicologici disposti sulla salma, sono convinti si sia trattato di un omicidio e dunque che alla signora Colombo sia stato intenzionalmente somministrato un cocktail di un paio di farmaci, prima che Paroli tentasse di farla finita, allo stesso modo, dopo aver annunciato chiaramente il suicidio con lettere indirizzate alla moglie e ai figli, nonché dopo aver predisposto uno scritto con indicazioni relative solo al suo funerale, chiedendo di non far affiggere necrologi. Un quadro diverso, insomma, potrebbe emergere, rispetto a quanto, provando a "buttarla lì", in un primo momento, si era ipotizzato, pensato che il "portare con sé" la mamma potesse essere stato un ultimo gesto d'amore di una persona intenzionata a porre fine alla propria esistenza, per evitare alla donna la sofferenza della perdita del figlio. Con l'omicidio che diventerebbe una sorta di vendetta contro la madre, prima di uscire di scena, dopo aver accumulato nel tempo rabbia e rancore, fino al weekend con i bambini sfumato. “Mi ha rovinato la vita” del resto, avrebbe detto Paroli, al primo medico con cui, in ospedale, si è confidato, salvo poi sostenere in udienza di non aver ucciso la 73enne.
Tornando, infatti, nel campo delle certezze, ieri, in udienza, Paroli, maglione chiaro e volto stravolto, ha ufficialmente fornito al giudice una propria versione dell'accaduto. Non in linea con quando "confessato" al Manzoni, dopo essere stato estubato. Al cospetto della dottoressa Passoni, l'indagato, tradotto dalla Polizia Penitenziaria e affiancato dall'avvocato Marcello Perillo, di fatto ha negato la pesantissima accusa mossa nei suoi confronti, affermando di non sapere se e come Margherita abbia assunto il "beverone" che lui stesso aveva sì preparato ma per sé. Non ha evidentemente convinto il GIP che, nel non facile compito di rimettere in riga gli elementi fin qui raccolti, in assenza ancora, come già detto dei responsi medici sulla salma, ha ritenuto, allo stato, sussistere gravi indizi di colpevolezza, tanto da far tradurre il 48enne in carcere, in attesa di lumeggiare aspetti che lo stesso avvocato difensore ha etichettato, all'uscita dell'Aula, come non ancora chiari.
Si parla di attriti con il figlio, sconfinati anche nei rapporti con i nipotini che nell'ultimo fine settimana prima della tragedia avrebbero preferito rimanere con la mamma anziché con il papà dalla nonna. Voci, che potrebbero rientrare nei tanti elementi ancora da chiarire attorno ad un caso ancora aperto. Con frizioni tra madre-figlio e "ruggini" legati alla figura di Margherita che potrebbe, però, effettivamente aiutare a delineare il perché di quanto successo nell'appartamento di via Castello. Gli inquirenti, del resto, in attesa degli esami tossicologici disposti sulla salma, sono convinti si sia trattato di un omicidio e dunque che alla signora Colombo sia stato intenzionalmente somministrato un cocktail di un paio di farmaci, prima che Paroli tentasse di farla finita, allo stesso modo, dopo aver annunciato chiaramente il suicidio con lettere indirizzate alla moglie e ai figli, nonché dopo aver predisposto uno scritto con indicazioni relative solo al suo funerale, chiedendo di non far affiggere necrologi. Un quadro diverso, insomma, potrebbe emergere, rispetto a quanto, provando a "buttarla lì", in un primo momento, si era ipotizzato, pensato che il "portare con sé" la mamma potesse essere stato un ultimo gesto d'amore di una persona intenzionata a porre fine alla propria esistenza, per evitare alla donna la sofferenza della perdita del figlio. Con l'omicidio che diventerebbe una sorta di vendetta contro la madre, prima di uscire di scena, dopo aver accumulato nel tempo rabbia e rancore, fino al weekend con i bambini sfumato. “Mi ha rovinato la vita” del resto, avrebbe detto Paroli, al primo medico con cui, in ospedale, si è confidato, salvo poi sostenere in udienza di non aver ucciso la 73enne.
Tornando, infatti, nel campo delle certezze, ieri, in udienza, Paroli, maglione chiaro e volto stravolto, ha ufficialmente fornito al giudice una propria versione dell'accaduto. Non in linea con quando "confessato" al Manzoni, dopo essere stato estubato. Al cospetto della dottoressa Passoni, l'indagato, tradotto dalla Polizia Penitenziaria e affiancato dall'avvocato Marcello Perillo, di fatto ha negato la pesantissima accusa mossa nei suoi confronti, affermando di non sapere se e come Margherita abbia assunto il "beverone" che lui stesso aveva sì preparato ma per sé. Non ha evidentemente convinto il GIP che, nel non facile compito di rimettere in riga gli elementi fin qui raccolti, in assenza ancora, come già detto dei responsi medici sulla salma, ha ritenuto, allo stato, sussistere gravi indizi di colpevolezza, tanto da far tradurre il 48enne in carcere, in attesa di lumeggiare aspetti che lo stesso avvocato difensore ha etichettato, all'uscita dell'Aula, come non ancora chiari.