Lecco, Teatro: "Tu chiamale se vuoi..." parla molto di emozioni ma poco del 25 Novembre

Il tema della violenza contro le donne è al centro di un dibattito ampio e articolato, che trova espressione in molteplici iniziative educative e culturali, anche nel lecchese.
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Un tentativo di contribuire a questo processo è stato quello messo in scena domenica sera, 24 novembre, in sala Ticozzi di Lecco con lo spettacolo "Tu chiamale se vuoi...", parte della rassegna teatrale "Un teatro di libertà". Questo spettacolo, prodotto e diretto da Ancilla Oggioni, ha intrecciato testi di Irene Riva con inserzioni musicali di diversi autori e autrici (Battisti, Eugenio Finardi, Luigi Tenco, Mina, Pino Daniele e Giorgia). Lo spettacolo si è inserito nella cornice delle celebrazioni per la Giornata Internazionale per l'Eliminazione della Violenza contro le Donne, che si tiene il 25 novembre dal 1999, istituita dall'Assemblea generale delle Nazioni Unite.TUCHIAMALE__1_.JPG (69 KB)
Ad aprire, i saluti dell’assessora alla cultura e vicesindaca, Simona Piazza, che ha sottolineato l'importanza di un'educazione rivolta a uomini e donne e ha ribadito il ruolo delle istituzioni nel sostenere eventi che favoriscano la sensibilizzazione e il dialogo, e la proficua collaborazione con altre associazioni di volontariato. Poi ha preso la parola Irene Riva, autrice dei testi letti, di natura autobiografica, citando Susanna Tamaro e invitando ad accettare le emozioni e a lasciarsene attraversare.
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Nella sua struttura, lo spettacolo si è sviluppato attorno a frammenti autobiografici e brani sul tema delle emozioni. La regia di Ancilla Oggioni ha cercato di dare coesione a elementi molto eterogenei, troppo eterogenei, con il supporto delle scelte musicali e delle interpretazioni vocali di Irene Oggioni e Stefano Venturini. Tuttavia, l'insieme ha talvolta dato l'impressione di essere più centrato sull'esperienza personale dell'autrice che su un messaggio universalmente accessibile di pacificazione e di lotta alla violenza di genere.
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Il legame tra la violenza contro le donne e l'educazione affettiva, seppur valido, può generare confusione, rischiando di diluire il focus sulla lotta contro la violenza sulle donne, un problema strutturale che richiede risposte chiare. È fondamentale che, in momenti di spaesamento o di ricerca collettiva quale è il periodo attuale, vengano fatte le giuste domande, nel caso non si abbiamo le risposte, per aprire un dibattito costruttivo.
È molto importante parlare bene delle emozioni. La violenza contro le donne, radicata in logiche patriarcali millenarie -violenza fisica, violenza psicologica, ma violenta è stata anche la cancellazione delle donne dalla Storia, dalla Scienza, dalla Letteratura…- è un fenomeno che merita un’attenzione particolare, poiché è alimentato da schemi culturali che giustificano la violenza tramite logiche di possesso che generano emozioni come incomprensione e rabbia. Rabbia che poi si sa bene come sfocia.
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Il rischio di fraintendimento è alto se non accompagnato da una riflessione critica: l'accettazione delle emozioni è un tema molto ampio e non deve diventare una giustificazione delle stesse a priori, e che addirittura potrebbe legittimare la violenza, se mal intesa: il confine tra introspezione personale ed educazione collettiva deve essere ben definito.
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Eventi come lo spettacolo "Tu chiamale se vuoi..." offrono l’opportunità di riflettere sulla violenza di genere, ma è cruciale fare una distinzione tra sensibilizzazione sulla violenza e attività generiche come l'educazione alle emozioni. L'arte e il teatro sono strumenti potenti, proprio per questo è necessario progettare eventi in modo che il messaggio rimanga chiaro, tenendo conto del pubblico e del tema.
Martina Bonacina
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