Galbiate: "La mafia non è una cosa da adulti", riflessione con l'autore Stefano Baudino
Ieri sera, presso l’Auditorium Cesare Golfari a Galbiate, si è svolto l'evento di presentazione del libro "La mafia non è una cosa da adulti", scritto da Stefano Baudino. L'incontro, promosso dall’Associazione lecchese Schierarsi e patrocinato dal comune, ha offerto un’importante occasione per approfondire il tema della lotta contro la mafia e l’impegno sociale, coinvolgendo voci esperte e riflessioni profonde.
L’evento è stato moderato da Mauro Meroni, membro dell’associazione Schierarsi, che ha introdotto i relatori e delineato gli obiettivi del gruppo: "Schierarsi vuole dialogare con le altre realtà del territorio, affrontando senza mezzi termini temi anche controversi, proprio come suggerisce il nostro nome".
Stefano Baudino, autore del libro, ha offerto una lucida e dettagliata analisi sul fenomeno mafioso e sul modo in cui la società italiana lo ha affrontato e tutt’ora lo affronta. Laureato in Mass Media e Politica presso l'Università di Bologna e vincitore del "Premio America Giovani" della Fondazione Italia-Usa, Baudino ha evidenziato come la mafia abbia cambiato volto dopo le stragi degli anni '90, mantenendo però intatta la propria forza e pervasività. "Non c’è una strage dal '93 – ha detto – ma la mafia continua ad esistere e a esercitare il suo potere, semplicemente in modi meno visibili. Questo la rende ancora più insidiosa".
L'autore ha puntato il dito contro il sistema educativo, che a suo avviso non fa abbastanza per creare consapevolezza tra i giovani: "La scuola non deve solo formare studenti, ma cittadini. È necessario che i ragazzi comprendano l'importanza del loro ruolo nella società e che abbiano un rapporto diretto con figure come Paolo Borsellino e Giovanni Falcone, non solo come eroi, ma come simboli di un impegno che deve continuare".
Baudino ha poi approfondito il periodo della trattativa Stato-mafia, evidenziando come una narrazione distorta ed una manipolazione mediatica senza precedenti abbiano lavato via le responsabilità di personaggi chiave. Baudino ha citato casi emblematici come quello di Marcello Dell’Utri e di Mario Mori, ex vertici dei Ros, trasformati da colpevoli in figure quasi eroiche, mentre le vittime innocenti – come le sorelline Nadia e Caterina Nencioni uccise a Firenze – rimangono dimenticate. "Ci troviamo di fronte a un vero e proprio lavaggio mediatico che ha ripulito l’immagine di imputati come Mario Mori, considerato oggi quasi un eroe, e Marcello Dell’Utri, nonostante le sue condanne per concorso esterno in associazione mafiosa". Baudino ha ricordato inoltre le vittime innocenti delle stragi mafiose di quel periodo sottolineando quanto sia importante mantenere viva la memoria per evitare che si perda il significato profondo di quegli eventi tragici.
In collegamento streaming, Salvatore Borsellino, fratello di Paolo Borsellino, magistrato simbolo della lotta alla mafia, ha aggiunto una prospettiva storica e politica, ricordando l’amato fratello e la sua battaglia per la giustizia. Fondatore del Movimento delle Agende Rosse, Borsellino ha espresso il proprio dissenso verso le attuali dinamiche della Commissione parlamentare antimafia, accusata di restringere il campo di indagine. "Non si può analizzare solo la strage di via D’Amelio isolandola dagli altri eventi – ha affermato – perché tutte le stragi, da Capaci al rapimento Moro, sono collegate tra loro e fanno parte di un quadro più ampio, un vero e proprio colpo di Stato silenzioso". Borsellino ha sottolineato come la trattativa Stato-mafia - iniziata prima dell’omicidio del fratello - abbia contribuito a rafforzare nella mentalità mafiosa la convinzione che la violenza stragista potesse ottenere risultati concreti. "Questa trattativa non solo non ha fermato le stragi, ma ha legittimato il potere mafioso, portando a nuove vittime nel 1993 e a un perpetuarsi di un sistema corrotto". Ha inoltre criticato il ruolo di alcuni organi dello Stato, ricordando come i protagonisti della trattativa abbiano spesso ricevuto protezioni istituzionali.
Entrambi gli interventi hanno messo in evidenza un punto cruciale: la lotta alla mafia non è solo una questione di giustizia penale ma necessita di un profondo cambiamento culturale. È necessario un impegno collettivo per smascherare le dinamiche che permettono alla mafia di radicarsi e per trasmettere ai giovani i valori della legalità e della cittadinanza attiva.
Il sindaco Paolo Lanfranchi, coordinatore provinciale di Avviso Pubblico, ha chiuso la serata ribadendo quanto sia importante il lavoro svolto dalle istituzioni locali per combattere le infiltrazioni mafiose. Ha citato casi recenti nella provincia di Lecco, spesso sottovalutati, per dimostrare che il fenomeno è ancora presente e pervasivo anche al Nord Italia. "Dobbiamo vigilare e agire. Anche nei piccoli gesti quotidiani, come scegliere dove andare a mangiare o a divertirsi, possiamo fare la differenza. Se un locale non ci sembra trasparente, evitiamolo". L’evento ha rappresentato un momento di grande riflessione e consapevolezza, ricordando che la lotta alla mafia non è solo una responsabilità delle istituzioni, ma di tutti i cittadini.
L’evento è stato moderato da Mauro Meroni, membro dell’associazione Schierarsi, che ha introdotto i relatori e delineato gli obiettivi del gruppo: "Schierarsi vuole dialogare con le altre realtà del territorio, affrontando senza mezzi termini temi anche controversi, proprio come suggerisce il nostro nome".
Stefano Baudino, autore del libro, ha offerto una lucida e dettagliata analisi sul fenomeno mafioso e sul modo in cui la società italiana lo ha affrontato e tutt’ora lo affronta. Laureato in Mass Media e Politica presso l'Università di Bologna e vincitore del "Premio America Giovani" della Fondazione Italia-Usa, Baudino ha evidenziato come la mafia abbia cambiato volto dopo le stragi degli anni '90, mantenendo però intatta la propria forza e pervasività. "Non c’è una strage dal '93 – ha detto – ma la mafia continua ad esistere e a esercitare il suo potere, semplicemente in modi meno visibili. Questo la rende ancora più insidiosa".
L'autore ha puntato il dito contro il sistema educativo, che a suo avviso non fa abbastanza per creare consapevolezza tra i giovani: "La scuola non deve solo formare studenti, ma cittadini. È necessario che i ragazzi comprendano l'importanza del loro ruolo nella società e che abbiano un rapporto diretto con figure come Paolo Borsellino e Giovanni Falcone, non solo come eroi, ma come simboli di un impegno che deve continuare".
Baudino ha poi approfondito il periodo della trattativa Stato-mafia, evidenziando come una narrazione distorta ed una manipolazione mediatica senza precedenti abbiano lavato via le responsabilità di personaggi chiave. Baudino ha citato casi emblematici come quello di Marcello Dell’Utri e di Mario Mori, ex vertici dei Ros, trasformati da colpevoli in figure quasi eroiche, mentre le vittime innocenti – come le sorelline Nadia e Caterina Nencioni uccise a Firenze – rimangono dimenticate. "Ci troviamo di fronte a un vero e proprio lavaggio mediatico che ha ripulito l’immagine di imputati come Mario Mori, considerato oggi quasi un eroe, e Marcello Dell’Utri, nonostante le sue condanne per concorso esterno in associazione mafiosa". Baudino ha ricordato inoltre le vittime innocenti delle stragi mafiose di quel periodo sottolineando quanto sia importante mantenere viva la memoria per evitare che si perda il significato profondo di quegli eventi tragici.
In collegamento streaming, Salvatore Borsellino, fratello di Paolo Borsellino, magistrato simbolo della lotta alla mafia, ha aggiunto una prospettiva storica e politica, ricordando l’amato fratello e la sua battaglia per la giustizia. Fondatore del Movimento delle Agende Rosse, Borsellino ha espresso il proprio dissenso verso le attuali dinamiche della Commissione parlamentare antimafia, accusata di restringere il campo di indagine. "Non si può analizzare solo la strage di via D’Amelio isolandola dagli altri eventi – ha affermato – perché tutte le stragi, da Capaci al rapimento Moro, sono collegate tra loro e fanno parte di un quadro più ampio, un vero e proprio colpo di Stato silenzioso". Borsellino ha sottolineato come la trattativa Stato-mafia - iniziata prima dell’omicidio del fratello - abbia contribuito a rafforzare nella mentalità mafiosa la convinzione che la violenza stragista potesse ottenere risultati concreti. "Questa trattativa non solo non ha fermato le stragi, ma ha legittimato il potere mafioso, portando a nuove vittime nel 1993 e a un perpetuarsi di un sistema corrotto". Ha inoltre criticato il ruolo di alcuni organi dello Stato, ricordando come i protagonisti della trattativa abbiano spesso ricevuto protezioni istituzionali.
Entrambi gli interventi hanno messo in evidenza un punto cruciale: la lotta alla mafia non è solo una questione di giustizia penale ma necessita di un profondo cambiamento culturale. È necessario un impegno collettivo per smascherare le dinamiche che permettono alla mafia di radicarsi e per trasmettere ai giovani i valori della legalità e della cittadinanza attiva.
Il sindaco Paolo Lanfranchi, coordinatore provinciale di Avviso Pubblico, ha chiuso la serata ribadendo quanto sia importante il lavoro svolto dalle istituzioni locali per combattere le infiltrazioni mafiose. Ha citato casi recenti nella provincia di Lecco, spesso sottovalutati, per dimostrare che il fenomeno è ancora presente e pervasivo anche al Nord Italia. "Dobbiamo vigilare e agire. Anche nei piccoli gesti quotidiani, come scegliere dove andare a mangiare o a divertirsi, possiamo fare la differenza. Se un locale non ci sembra trasparente, evitiamolo". L’evento ha rappresentato un momento di grande riflessione e consapevolezza, ricordando che la lotta alla mafia non è solo una responsabilità delle istituzioni, ma di tutti i cittadini.
Sa.A.