Calolzio: gli alunni della Cittadini a Mauthausen con i parenti di Giuseppe e Giovanni Rosa
Nei giorni scorsi, dal 6 all’8 novembre, gli alunni delle classi terze della Scuola Secondaria di primo grado “C. Cittadini” di Calolziocorte hanno vissuto un’esperienza davvero unica: si sono recati in Austria per la tradizionale gita scolastica, accompagnati non solo dai loro docenti, ma anche da un alpino del gruppo locale e da due parenti di Giuseppe e Giovanni Rosa, deportati e morti a Mauthausen-Gusen nel 1945.
Un’esperienza unica che i ragazzi hanno potuto vivere lasciando spazio a emozioni e sentimenti autentici. Nel corso del viaggio le signore Marisa Fino e Maria Rosa Balossi hanno raccontato ai ragazzi la storia del loro zio e del nonno, attingendo anche alla testimonianza di Lia Rosa, oggi ottantenne, figlia di Giovanni, che all’epoca della deportazione aveva solo 4 anni.
I ragazzi hanno potuto anche sfogliare un album dei ricordi: la signora Marisa nel tempo ha infatti raccolto tutta la documentazione relativa ai due Rosa, padre e figlio, incarcerati e deportati con l’accusa di aver aiutato i partigiani nascosti nelle nostre montagne, assieme a don Achille Bolis, morto in carcere a S. Vittore e al dott. Zannini, medico di Calolziocorte. Tra i documenti ci sono le lettere che Giuseppe Rosa scrisse dal campo di Fossoli nel 1944, dove la moglie Sofia riuscì ad avvicinarlo, con il lancio di foglietti scritti e appallottolati attorno ad alcuni sassi.
La signora Lia ha mostrato alle sue parenti una piccola pietra a forma di cuore: è stato l’ultimo segno con cui Giuseppe raggiunse la moglie Sofia. E la consegna finale lasciata ai ragazzi è stata quella di ritornare a casa dopo la gita e abbracciare i loro papà, gesto che lei non ha potuto mai più fare dopo il 1945. Anche Fabio Losa, che ha accompagnato gli alunni con lo stile che solo un alpino è in grado di usare, ha voluto ricordare come il gruppo ANA “Pippo Milesi” di Calolziocorte, a partire dalla sua nascita negli anni ’70, si è impegnato per “ricordare i morti, attraverso l’aiuto ai vivi”. Ha quindi narrato ai ragazzi le molteplici attività svolte per raccogliere fondi a favore di alcune associazioni del territorio che aiutano i malati, in particolare quelle attive nella ricerca su tumori e leucemie.
A Mauthausen, accanto alle due lapidi che ricordano i concittadini calolziesi, i ragazzi si sono fermati in preghiera e si sono lasciati interrogare dalla parola “solidarietà”, con cui la guida al campo ha voluto concludere la sua spiegazione. Un termine che accomuna le diverse esperienze: alpini, famiglie, studenti, e che la nostra intera società è ancora una volta chiamata a vivere, ricordando che è l’unico modo per poter vivere bene insieme. Tutti.
Un’esperienza unica che i ragazzi hanno potuto vivere lasciando spazio a emozioni e sentimenti autentici. Nel corso del viaggio le signore Marisa Fino e Maria Rosa Balossi hanno raccontato ai ragazzi la storia del loro zio e del nonno, attingendo anche alla testimonianza di Lia Rosa, oggi ottantenne, figlia di Giovanni, che all’epoca della deportazione aveva solo 4 anni.
I ragazzi hanno potuto anche sfogliare un album dei ricordi: la signora Marisa nel tempo ha infatti raccolto tutta la documentazione relativa ai due Rosa, padre e figlio, incarcerati e deportati con l’accusa di aver aiutato i partigiani nascosti nelle nostre montagne, assieme a don Achille Bolis, morto in carcere a S. Vittore e al dott. Zannini, medico di Calolziocorte. Tra i documenti ci sono le lettere che Giuseppe Rosa scrisse dal campo di Fossoli nel 1944, dove la moglie Sofia riuscì ad avvicinarlo, con il lancio di foglietti scritti e appallottolati attorno ad alcuni sassi.
La signora Lia ha mostrato alle sue parenti una piccola pietra a forma di cuore: è stato l’ultimo segno con cui Giuseppe raggiunse la moglie Sofia. E la consegna finale lasciata ai ragazzi è stata quella di ritornare a casa dopo la gita e abbracciare i loro papà, gesto che lei non ha potuto mai più fare dopo il 1945. Anche Fabio Losa, che ha accompagnato gli alunni con lo stile che solo un alpino è in grado di usare, ha voluto ricordare come il gruppo ANA “Pippo Milesi” di Calolziocorte, a partire dalla sua nascita negli anni ’70, si è impegnato per “ricordare i morti, attraverso l’aiuto ai vivi”. Ha quindi narrato ai ragazzi le molteplici attività svolte per raccogliere fondi a favore di alcune associazioni del territorio che aiutano i malati, in particolare quelle attive nella ricerca su tumori e leucemie.
A Mauthausen, accanto alle due lapidi che ricordano i concittadini calolziesi, i ragazzi si sono fermati in preghiera e si sono lasciati interrogare dalla parola “solidarietà”, con cui la guida al campo ha voluto concludere la sua spiegazione. Un termine che accomuna le diverse esperienze: alpini, famiglie, studenti, e che la nostra intera società è ancora una volta chiamata a vivere, ricordando che è l’unico modo per poter vivere bene insieme. Tutti.