Lecco: egiziana a giudizio per la NASPI che non le spettava
Si trovava in un periodo di difficoltà. E così, gravata da pesanti problemi economici e con il marito impossibilitato a lavorare poichè affetto da alcune patologie, avrebbe accettato il lavoro che le era stato proposto come colf/badante presso alcune abitazioni di Milano.
Non avrebbe mai immaginato che quell'occupazione temporanea con contratti a chiamata, le sarebbe valsa un'imputazione per truffa aggravata.
Della vicenda si è discusso ieri in Tribunale a Lecco; al cospetto del giudice in ruolo monocratico Angelo Parisi si è presentata infatti la donna, un'egiziana di circa cinquant'anni. La Procura le contesta l'indebito percepimento della NASPl (indennità mensile di disoccupazione) per una somma di circa 3mila euro. Dipendente di una ditta individuale con sede legale nel pavese e intestata ad una connazionale, una volta chiusa quell'esperienza e rimasta ancora una volta senza occupazione, l'imputata avrebbe chiesto all'Inps di Lecco (città in cui risiedeva all'epoca dei fatti) il riconoscimento del sussidio, percepito per alcune mensilità.
Qualche tempo più tardi però, la domanda della donna - inizialmente accolta senza indugio - è finita nel mirino di alcuni controlli disposti dall'istituto previdenziale; è così emerso che quella somma non le era dovuta.
La motivazione? La ditta per la quale l'imputata lavorava è stata ritenuta fittizia: esisteva cioè, soltanto sulla carta. Uno scenario che, a detta dell'avvocato Beatrice Rota era sconosciuto alla propria assistita, ma che le è costata un'imputazione per truffa aggravata.
Nel fascicolo aperto dalla Procura di Lecco erano stati originariamente iscritti anche la titolare dell'attività e altri due lavoratori uomini; tutti risultavano però irreperibili e così - stralciate le altre posizioni - il processo è andato avanti soltanto per la cinquantenne, presentatasi in Tribunale a Lecco accompagnata dalla figlia.
In avvio di udienza l'avvocato Rota, nel chiedere il proscioglimento della propria assistita, ha depositato una memoria scritta, precisando la piena disponibilità a rimborsare l'Inps corrispondendo - a rate - la cifra indebitamente incassata.
Si è però opposta la Procura - rappresentata dal vpo Pietro Bassi - chiedendo ulteriori elementi probatori a sostegno della tesi sostenuta dalla difesa, non emersa in fase di indagine.
Sarà dunque l'istruttoria dibattimentale che prenderà il via nelle prossime settimane, a chiarire la posizione dell'imputata, accertandone l'eventuale responsabilità penale.
Non avrebbe mai immaginato che quell'occupazione temporanea con contratti a chiamata, le sarebbe valsa un'imputazione per truffa aggravata.
Della vicenda si è discusso ieri in Tribunale a Lecco; al cospetto del giudice in ruolo monocratico Angelo Parisi si è presentata infatti la donna, un'egiziana di circa cinquant'anni. La Procura le contesta l'indebito percepimento della NASPl (indennità mensile di disoccupazione) per una somma di circa 3mila euro. Dipendente di una ditta individuale con sede legale nel pavese e intestata ad una connazionale, una volta chiusa quell'esperienza e rimasta ancora una volta senza occupazione, l'imputata avrebbe chiesto all'Inps di Lecco (città in cui risiedeva all'epoca dei fatti) il riconoscimento del sussidio, percepito per alcune mensilità.
Qualche tempo più tardi però, la domanda della donna - inizialmente accolta senza indugio - è finita nel mirino di alcuni controlli disposti dall'istituto previdenziale; è così emerso che quella somma non le era dovuta.
La motivazione? La ditta per la quale l'imputata lavorava è stata ritenuta fittizia: esisteva cioè, soltanto sulla carta. Uno scenario che, a detta dell'avvocato Beatrice Rota era sconosciuto alla propria assistita, ma che le è costata un'imputazione per truffa aggravata.
Nel fascicolo aperto dalla Procura di Lecco erano stati originariamente iscritti anche la titolare dell'attività e altri due lavoratori uomini; tutti risultavano però irreperibili e così - stralciate le altre posizioni - il processo è andato avanti soltanto per la cinquantenne, presentatasi in Tribunale a Lecco accompagnata dalla figlia.
In avvio di udienza l'avvocato Rota, nel chiedere il proscioglimento della propria assistita, ha depositato una memoria scritta, precisando la piena disponibilità a rimborsare l'Inps corrispondendo - a rate - la cifra indebitamente incassata.
Si è però opposta la Procura - rappresentata dal vpo Pietro Bassi - chiedendo ulteriori elementi probatori a sostegno della tesi sostenuta dalla difesa, non emersa in fase di indagine.
Sarà dunque l'istruttoria dibattimentale che prenderà il via nelle prossime settimane, a chiarire la posizione dell'imputata, accertandone l'eventuale responsabilità penale.
G.C.