Vercurago: muore a 24 anni dopo una iniezione in PS, due medici a processo
Viveva a Vercurago, ma il 24 luglio 2019 era andato in Bassa Val Seriana a far visita a degli amici, assumendo - secondo quando poi riferito dai conoscenti - dell'hashish prima di uscire a fare due passi. Era stato fermato dalla Polizia Locale in stato di agitazione, caricato in macchina e portato al pronto soccorso dove, contro la sua volontà, gli è stato poi somministrata una benzodiazepina, per calmarlo. Una iniezione di Midazolam, questo il nome del sedativo scelto, risultatagli poi fatale.
Jason Mensah Brown, originario del Ghana ma nato in Italia, residente con la fidanzata Federica alle porte di Lecco, è morto il 13 febbraio 2020 all'Habilita di Zingonia , sei mesi dopo l'accesso al nosocomio di Alzano Lombardo, dove, a pochi minuti dall'assunzione - in stato di costrizione - del farmaco, ha subito un arresto cardiocircolatorio, resistendo sei mesi in coma, fino ad arrivare a pesare una trentina di chili, prima del decesso. Aveva solo 24 anni ed un figlioletto di 6, nato da una precedente relazione, rimasto così senza papà. Per l'accaduto si è aperto ieri in Tribunale a Bergamo il processo incardinato a carico del medico e dello psichiatra che, previa consultazione, hanno optato per somministrare il farmaco ipnotico-sedativo al giovane, in un'unica soluzione. All'apertura del dibattimento si è arrivati a seguito del rinvio a giudizio disposto dal GUP Alessia Solombrino, accogliendo una istanza di opposizione all'archiviazione. La Procura, infatti, sulla base di due consulenze, aveva escluso profili di responsabilità in capo ai quattro originari indagati; di diverso avviso la fidanzata e due fratelli della vittima, riusciti per il tramite dagli avvocati Loredana Scaramozzino e Giuseppe Profeta, a non far chiudere il caso, ottenendo l'imputazione coatta dei due camici bianchi, chiamati dunque a rispondere di omicidio colposo, per le modalità di somministrazione del farmaco e le sue conseguenze.
Veloce l'udienza di ieri, alla presenza di Federica (arrivata apposta da Londra, dove ora vive), di uno dei due fratelli di Jason e della sua ex compagna, in rappresentanza del figlioletto, ammesso anch'egli quale parte civile nel processo che entrerà ora nel vivo il prossimo 6 febbraio, con l'escussione dei consulenti delle parti – probabilmente decisiva per valutare l'accaduto - già calendarizzata, poi, per il 6 marzo 2025.
Jason Mensah Brown, originario del Ghana ma nato in Italia, residente con la fidanzata Federica alle porte di Lecco, è morto il 13 febbraio 2020 all'Habilita di Zingonia , sei mesi dopo l'accesso al nosocomio di Alzano Lombardo, dove, a pochi minuti dall'assunzione - in stato di costrizione - del farmaco, ha subito un arresto cardiocircolatorio, resistendo sei mesi in coma, fino ad arrivare a pesare una trentina di chili, prima del decesso. Aveva solo 24 anni ed un figlioletto di 6, nato da una precedente relazione, rimasto così senza papà. Per l'accaduto si è aperto ieri in Tribunale a Bergamo il processo incardinato a carico del medico e dello psichiatra che, previa consultazione, hanno optato per somministrare il farmaco ipnotico-sedativo al giovane, in un'unica soluzione. All'apertura del dibattimento si è arrivati a seguito del rinvio a giudizio disposto dal GUP Alessia Solombrino, accogliendo una istanza di opposizione all'archiviazione. La Procura, infatti, sulla base di due consulenze, aveva escluso profili di responsabilità in capo ai quattro originari indagati; di diverso avviso la fidanzata e due fratelli della vittima, riusciti per il tramite dagli avvocati Loredana Scaramozzino e Giuseppe Profeta, a non far chiudere il caso, ottenendo l'imputazione coatta dei due camici bianchi, chiamati dunque a rispondere di omicidio colposo, per le modalità di somministrazione del farmaco e le sue conseguenze.
Veloce l'udienza di ieri, alla presenza di Federica (arrivata apposta da Londra, dove ora vive), di uno dei due fratelli di Jason e della sua ex compagna, in rappresentanza del figlioletto, ammesso anch'egli quale parte civile nel processo che entrerà ora nel vivo il prossimo 6 febbraio, con l'escussione dei consulenti delle parti – probabilmente decisiva per valutare l'accaduto - già calendarizzata, poi, per il 6 marzo 2025.