Povertà: il lecchese 'svetta' per beneficiari della Caritas

Le zone pastorali del Monzese e del Lecchese hanno un numero medio di beneficiari per centro di ascolto Caritas molto più elevato rispetto alla media generale in Lombardia. È questo uno dei tanti dati emerso dal rapporto 2023 sulle povertà nella Diocesi Ambrosiana, presentato nella giornata di mercoledì 16 ottobre – vigilia della Giornata mondiale di lotta alla povertà. Il documento, prodotto dall’Osservatorio delle povertà e delle risorse della Caritas, raccoglie gli esiti del lavoro condotto da una rete sempre più ampia di centri d’ascolto (più di 400 quelli attualmente operanti nella diocesi di Milano) e di servizi, che condividono metodo e strumenti di rilevazione. 
Il quadro che emerge fa luce sui fenomeni di povertà più presenti nella società milanese e lombarda. Questi stessi numeri, in parte, sfuggono alla statistica, o quantomeno alla conoscenza pubblica, perché diverse persone in difficoltà che si rivolgono a Caritas non entrano nei radar dei servizi sociali o sanitari istituzionali.
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Le persone incontrate nel 2023 sono state 17.238 (di cui 1.273 della zona pastorale di Lecco, che "esclude" il mandellese ma include i circondari di Porlezza e Erba) in 168 centri di ascolto (di cui 10 nella zona pastorale di Lecco, tra i 18 presenti): un aumento del 17,9% rispetto al 2022. 14.697 di queste sono state aiutate dai centri di ascolto, mentre 2.541 dai tre servizi diocesani. La maggior parte dei richiedenti aiuto sono donne, quasi 6 su 10, ma gli uomini erano il 38% nel 2022 e sono diventati il 40,4%. Il 63,9% dei richiedenti sono immigrati (soprattutto provenienti dal Perù) un dato cresciuto rispetto a due anni fa, quando erano il 60,9%: un riavvicinamento al rapporto con gli italiani che era “classico” negli anni pre pandemici, 7 a 3. 
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Dei richiedenti, il 49,1% sono disoccupati. Da evidenziare il fatto che tra il 2016 e il 2023 i disoccupati siano passati dal 62,5% al 49,1%. Ammonta invece a 23,9% la percentuale di persone occupate. Dato che nel 2016 si trovava al 14,5%. Questo dato evidenzia una delle tendenze più chiare colte dal Rapporto 2023: la conferma della rilevanza del fenomeno del “lavoro povero”. Ai centri d’ascolto e ai servizi Caritas continuano a crescere le richieste di aiuto dettate da insufficienza di reddito, mentre si riducono i casi con problemi di lavoro. Se l’incidenza percentuale dei “working poor” appare stabile, l’evidenza è che in media si tratti di soggetti sempre più intensamente poveri, cioè sempre più lontani dalla disponibilità di risorse economiche sufficienti a garantire una dignitosa qualità di vita: tra gli occupati, denunciano infatti problemi di reddito ben l’80,9% (erano il 77,5% nel 2022).
Il Rapporto 2023 conferma poi che le famiglie con figli minori hanno una maggior probabilità di cadere in povertà. Anche quelle non numerose: quasi 1 nucleo su 4, tra quelli che si rivolgono ai centri d’ascolto, hanno al loro interno figli under 18, che sono in media 2,01. Nel 23,5% dei casi, alle porte di Caritas bussano madri sole (nubili o separate o divorziate o vedove); in quasi 3 casi su 4, le famiglie povere con figli minori sono di nazionalità non italiana.
Quanto alle situazioni riguardanti i migranti, il fatto che la loro presenza nei centri d’ascolto torni a essere più accentuata, in termini percentuali, è testimonianza del fatto che chi dispone di minori reti sociali, minori capacità di orientarsi nel labirinto delle burocrazie, minori diritti riconosciuti dalle leggi e, in generale, di minori opportunità, tende a rimanere più stabilmente impaludato nello stagno della povertà e dell’esclusione sociale.
Un dato eminentemente “ambrosiano” riguarda la forte impennata degli accessi ai centri d’ascolto da parte di membri di specifiche nazionalità, in particolar modo i peruviani(sono stati il 18,5% dei migranti che hanno richiesto aiuto, +54,5% rispetto all’anno precedente): a far da detonatore, in questo caso, sono le contraddizioni del sistema di norme che regolano il diritto d’asilo e in generale gli ingressi in Italia. Norme che, mantenendo rigidi e ristretti i canali d’accesso legittimi, finiscono per espandere l’area dell’irregolarità giuridica e della precarietà sociale ed esistenziale.
Considerando i soli centri di ascolto, il numero medio annuo di assistiti per centro è di 87,5 persone (erano 89,5 nel 2022). Il numero medio di persone incontrate è un dato poco omogeneo tra le sette zone pastorali. Monza e Lecco infatti come anticipato sono le zone pastorali con numero medio di beneficiari più alto. 135,8 beneficiari in media nel Monzese e 127,3 nel Lecchese. Numeri elevati se si considerano i 78 beneficiari medi del Varesotto e della zona di Sesto San Giovanni, o anche solo gli 84,9 di Milano. 
In ultima considerazione, alcuni dati sembrano evidenziare che l’acquisizione della cittadinanza italiana non è di per sé decisiva nell’affrancare da una “carriera” di povertà: chi era in situazione di disagio prima di divenire cittadino italiano, rischia con forte probabilità di rimanervi impigliato anche dopo. Affinché tale acquisizione sia piena ed effettiva, deve corrispondere al compimento di percorsi di formazione e inclusione, sui quali occorre scommettere e investire seriamente.
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Luciano Gualzetti con l'Arcivescovo all'inaugurazione della Casa della Carità di Lecco

"Mezzo secolo al servizio e al fianco dei poveri– ha dichiarato Luciano Gualzetti, lecchese, direttore di Caritas Ambrosiana, in riferimento alle celebrazioni per il 50° anniversario di costituzione dell’organismo, che si svolgeranno tra novembre e dicembre – ci hanno insegnato tante cose. Anzitutto, che la povertà è una condizione umana che merita di essere salvaguardata dalla tentazione, sempre strisciante, di farne un motivo di colpevolizzazione di chi la subisce. In secondo luogo, ci hanno insegnato che si tratta di un fenomeno complesso e multidimensionale: la spia di mutamenti sociali ed economici tra loro intrecciati, che tendono irrimediabilmente a lasciare qualcuno da parte e ad aumentare le diseguaglianze.Inclinazione che, per essere combattuta, va attentamente osservata nel suo evolvere e studiata nelle sue motivazioni. Non esistono soluzioni semplici a fenomeni tanto complessi: ma certo occorre che politica, economia e società del nostro paese trovino formule adeguate per rafforzare i redditi di chi lavora, sostenere le famiglie con minori, assicurare ai migranti canali di ingresso regolari e sicuri, il rispetto dei diritti fondamentali, percorsi di integrazione più strutturati e incisivi”.

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