Calolziocorte, quando la Cultura è solo una Canzone Stonata
Per lavoro mi capita spesso di viaggiare in giro per l’Italia e nella vicina, silenziosa e impeccabilmente organizzata Svizzera. Dopo giornate intense, la sera non amo rinchiudermi nella solitudine asettica delle camere d’hotel: preferisco scoprire quello che le città offrono. Arte, teatro, musica, incontri culturali… tutte quelle esperienze che arricchiscono il tempo libero e che danno un senso alla scoperta. Così, rivolgendomi al concierge, domando con curiosità: “Ci sono spettacoli in programma stasera?”. La risposta, quasi sempre, è una lista di eventi di qualità che finisce per sorprendermi e appagarmi.
Eppure, ogni volta che faccio ritorno a Calolziocorte, la mia città, il contrasto è quasi doloroso. Qui, il silenzio culturale è così denso e uniforme che sembra far parte di un esperimento concettuale... peccato che l’artista sia solo una politica distratta e priva di ispirazione. Calolziocorte soffre di un silenzio culturale che stride quanto una nota fuori posto. Poche iniziative riescono a emergere in questo vuoto desolante, e quelle che esistono sono il frutto di un encomiabile impegno di associazioni e volontari. Persone animate da una passione tenace, costrette però a combattere contro l’indifferenza e l’assenza di un supporto istituzionale. Il loro lavoro, per quanto prezioso, somiglia a piccole candele accese in una stanza buia: non bastano a illuminare una comunità che sembra addormentata in un torpore culturale.
Panem et Circenses? No, grazie. Alcuni amministratori sembrano ancora convinti che basti proporre qualche spettacolo di facile intrattenimento per “accontentare” il pubblico. Ma siamo onesti: siamo nel 2024, non nella Roma imperiale. Non basta riproporre vecchie ricette per distrarre e illudere: l’illusione di una cultura fatta solo di sagre e di eventi occasionali ha la consistenza di una canzone stonata. E così, mentre ci si perde in sterili dispute su chi debba apporre il proprio logo sull’ennesimo evento privo di sostanza, si dimentica di interrogarsi sui veri bisogni culturali della popolazione. E intanto la domanda sorge spontanea: che fine ha fatto la cultura, quella autentica? Cultura: aria fresca o involucro vuoto?
La cultura vera è ossigeno per la mente e per lo spirito di una comunità; quella vuota, priva di contenuti, al contrario, anestetizza e spegne ogni desiderio di crescita. Forse è proprio qui il nodo della questione: meno si stimola il pensiero, meno si coltiva il dubbio, e più diventa facile raccontarsi di aver assolto al proprio dovere, mentre l’unico spettacolo che si rinnova è il silenzio. E allora, di fronte a questo scenario statico, vien da chiedersi: possibile che nessuno avverta il bisogno di un cambiamento? La buona politica costruisce cultura Spesso si sente dire che “a Calolziocorte si fa buona politica”. Ma la buona politica non si accontenta di organizzare qualche “evento spot” per apparire attiva: la vera politica investe nella cultura, alimenta il pensiero critico, arricchisce il confronto e unisce, invece di creare divisioni. Come affermava Aristotele: “La cultura è un ornamento nella prosperità e un rifugio nell’avversità”. E oggi ci troviamo nell’avversità… ma senza cultura, quale rifugio ci resta?
Eppure, ogni volta che faccio ritorno a Calolziocorte, la mia città, il contrasto è quasi doloroso. Qui, il silenzio culturale è così denso e uniforme che sembra far parte di un esperimento concettuale... peccato che l’artista sia solo una politica distratta e priva di ispirazione. Calolziocorte soffre di un silenzio culturale che stride quanto una nota fuori posto. Poche iniziative riescono a emergere in questo vuoto desolante, e quelle che esistono sono il frutto di un encomiabile impegno di associazioni e volontari. Persone animate da una passione tenace, costrette però a combattere contro l’indifferenza e l’assenza di un supporto istituzionale. Il loro lavoro, per quanto prezioso, somiglia a piccole candele accese in una stanza buia: non bastano a illuminare una comunità che sembra addormentata in un torpore culturale.
Panem et Circenses? No, grazie. Alcuni amministratori sembrano ancora convinti che basti proporre qualche spettacolo di facile intrattenimento per “accontentare” il pubblico. Ma siamo onesti: siamo nel 2024, non nella Roma imperiale. Non basta riproporre vecchie ricette per distrarre e illudere: l’illusione di una cultura fatta solo di sagre e di eventi occasionali ha la consistenza di una canzone stonata. E così, mentre ci si perde in sterili dispute su chi debba apporre il proprio logo sull’ennesimo evento privo di sostanza, si dimentica di interrogarsi sui veri bisogni culturali della popolazione. E intanto la domanda sorge spontanea: che fine ha fatto la cultura, quella autentica? Cultura: aria fresca o involucro vuoto?
La cultura vera è ossigeno per la mente e per lo spirito di una comunità; quella vuota, priva di contenuti, al contrario, anestetizza e spegne ogni desiderio di crescita. Forse è proprio qui il nodo della questione: meno si stimola il pensiero, meno si coltiva il dubbio, e più diventa facile raccontarsi di aver assolto al proprio dovere, mentre l’unico spettacolo che si rinnova è il silenzio. E allora, di fronte a questo scenario statico, vien da chiedersi: possibile che nessuno avverta il bisogno di un cambiamento? La buona politica costruisce cultura Spesso si sente dire che “a Calolziocorte si fa buona politica”. Ma la buona politica non si accontenta di organizzare qualche “evento spot” per apparire attiva: la vera politica investe nella cultura, alimenta il pensiero critico, arricchisce il confronto e unisce, invece di creare divisioni. Come affermava Aristotele: “La cultura è un ornamento nella prosperità e un rifugio nell’avversità”. E oggi ci troviamo nell’avversità… ma senza cultura, quale rifugio ci resta?
Alessandro