Omicidio di Calolzio: in Aula per maltrattamenti i genitori della vittima. Chiesta la condanna

Per il sostituto procuratore Pasquale Gaspare Esposito sono da condannare. Un anno e quattro mesi, la richiesta di pena avanzata nei loro confronti, con la sentenza del collegio giudicante del Tribunale di Lecco differita al prossimo mese di dicembre, quando, qualche giorno prima di Natale, si chiuderà una vicenda giudiziaria resa ancor più dolorosa da un incontrovertibile verità: quel figlio che, per il PM, avrebbe subito violenza fisica da parte dei genitori ora a giudizio, non c'è comunque più, assassinato a soli 23 anni sui binari della stazione ferroviaria di Calolzio, in un caldo pomeriggio dell'estate 2023. 
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Mazou Darga e una foto della banchina dove è stato ucciso a Calolzio
Si è celebrato quest'oggi - molto brevemente, avendo la difesa acconsentito all'acquisizione dell'intero fascicolo di indagine, chiedendo di sentire direttamente in Aula solo un educatore che, per anni, ha seguito la persona offesa - il procedimento penale intentato nei confronti della mamma e del papà di Malcom Mazou Darga, il giovanotto, originario del Burkina Faso, cresciuto a Airuno, accoltellato mortalmente da un connazionale, per una sigaretta negata e una "parola di troppo". 
Nella ricostruzione della Procura, sulla base delle dichiarazioni rese dal ragazzo stesso, in più occasioni, nel tempo, il padre lo avrebbe picchiato, arrivando una volta a colpirlo con un cavetto elettrico, provocandogli dei segni poi mostrati anche al professionista di ReteSalute che, per un triennio, per venti ore la settimana, ha affiancato Mazou nello svolgimento dei compiti, avendo manifestato problematiche d'apprendimento e comportamentali a scuola. Contestazione analoga mossa anche alla madre, a cui viene addossata anche una condotta omissiva in riferimento all'agito del marito. 
Entrambi presenti in udienza, i coniugi Darga, si sono sottoposti a esame, rigettando convintamente l'accusa di maltrattamenti. Il papà - soggetto noto nella comunità islamica locale, elemento che, ha sottolineato poi il suo difensore, l'avvocato Massimiliano Vivenzio, potrebbe portare a immaginarlo come un "integralista", cosa che non è - ha raccontato di aver provato effettivamente a "correggere un po'" quel figlio poco incline all'ascolto, tanto a casa tanto in classe, non particolarmente dedito allo studio e facilmente condizionabile da amici nel perdere quella strada che invece, i suoi genitori, dopo tanti sacrifici, avrebbero voluto vedergli percorrere, per garantirgli un futuro. 
Proprio per allontanarlo dalle cattive compagnie, il padre, lo avrebbe anche mandato per un periodo in Francia dai nonni e poi qualche mese in Africa da altri parenti, offrendogli anche la possibilità di andare a Londra o in Svizzera, senza incontrare però l'interesse del ragazzo.
"Gli parlavo tanto", ha asserito l'uomo, negando le sberle riferite agli inquirenti dal figlio, ricondotte invece a gesti accompagnati da un'espressione che, nella loro lingua madre, è traducibile come "chiudi la bocca", usata per zittirlo durante le discussioni. Mentre sì, il colpo con il cavo elettrico c'è stato, dopo aver scoperto che Mazou aveva rubato il cellulare di una vicina di casa. L'unica reazione violenta, anche secondo la moglie, arrivata a descrivere il primogenito come "un ragazzo buono, che non sa (ha continuato a usare il presente, nonostante non ci sia più ndr) dire di no", sostenendo dunque come suo avviso il figlio, a suo dire, si sia lasciato condizionare da altri, chiedendo altresì perché, se ritenuto credibile, Mazou sia stato rimandato a casa da loro dopo le sue dichiarazioni accusatorie. 
"Darga era indisciplinato, insofferente alle regole, frustrato per evidenti limiti nell'inserirsi nelle regole" ha esordito, nella sua requisitoria il PM, evidenziando anche come i genitori sicuramente abbiamo provato a inculcargli valori e regole, non solo però a parole ma anche alzando le mani, ritenendo forse questo metodo come "l'ultima spiaggia". E se è vero l'episodio del cavetto, "un gesto estremo", per il dottor Esposito non è credibile che non ci siano state altre percosse, con un ricorso, dunque, non legittimo alla violenza, senza provare in altri modi a "correggere" il ragazzo. Da qui la richiesta di condanna, a cui si è opposto, energicamente, l'avvocato Vivenzio, convinto dell'insussistenza del reato - anche in mancanza della sistematicità della condotta, con un unico episodio sicuro, quello sempre del cavetto datato 2011 - e della credibilità dei suoi assistiti. "In quella famiglia c'era solo la volontà di far il bene di quel ragazzo". Difficile, innegabilmente.
La causa, come accennato, è stata aggiornata a dicembre, per il verdetto del collegio (presidente Bianca Maria Bianchi, a latere Paolo Salvatore e Gianluca Piantadosi).
A.M.
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