Valmadrera: don Agostino saluta Valerio Micheli, 'servo della carità'
Un servo della carità. Un guanelliano, insomma, pur senza aver fatto voti. Così don Agostino Frasson ha descritto quest'oggi Valerio Micheli, celebrandone le esequie, dopo dieci anni trascorsi fianco a fianco, vestendo, nella Cascina di piazza Rossé, i panni di Peppone e don Camillo.
E così, lui, contadino da sempre, si era prestato a far da grande saggio, trasmettendo, senza mai far mancare il proprio appoggio, quei saperi appresi letteralmente sul campo a operatori e ragazzi di tutte le provenienze, riusciti a modo loro, a rallegrargli le giornate come a farlo arrabbiare per le piccole cose di tutti i giorni. “Per loro – è stato letto in un ricordo proposto alla fine della funzione – ti sei sempre prodigato, a loro ti sei dedicato con amicizia disinteressata accostata ad affetto schietto, senza fronzoli”. Quell'affetto evidentemente ricambiato, con giovani arrivati anche a commuoversi nell'accompagnare Micheli nel suo ultimo viaggio terreno.
Ma, oggi, ha detto in apertura di cerimonia don Agostino, parlando a una navata ben affollata tanto da richiamargli alla mente il valore dell'unità e dello stare dunque insieme, deve essere anche il giorno della gioia, che “deve prendere il sopravvento, perché Valerio incontra il Padre”. Un incontro a cui arriva preparato, “perché ha capito che il tema d'esame è la carità”.
Dall'altare, affiancato dal parroco don Isidoro Crepaldi e da un altro confratello, don Agostino ho voluto sinterizzare anche alcuni doni ricevuti da Valerio, uomo della fedeltà (per ben 58 anni ha condiviso la sua esistenza con la sua Gianna, aprendo, prima ancora della Cascina le porte della sua casa a bambini bisognosi di accoglienza); uomo devoto a don Guanella; uomo veramente legato alla terra, con la sua asprezza e la sua dolcezza; uomo che si è fatto prezioso collaboratore, vigoroso nello stringerti la mano, pronto a offrire la sua energia e a trasmettere la sua dedizione al lavoro.
Doni offerti a chi lo ha incontrato in Cascina, doni da cui scaturisce il grazie che oggi, senza troppe parole, come sarebbe piaciuto anche a lui, gli è stato tributato dai tanti intervenuti al funerale. E che dovrà ora essere “trafficato”, per essere Chiesa in uscita e unita, come sottolineato da don Frasson.
“Ul Mandell” - come l'84enne era soprannominato per via delle sue origini, essendo cresciuto al Moregallo quando ancora “l'enclave” mandellese, sulla sponda opposta del Lario, era raggiungibile solo via lago - con l'avvento di quel “visionario” di don Agostino a Valmadrera aveva vissuto una seconda vita, vedendo rinascere su impulso dell'Opera don Guanella quegli appezzamenti destinati altrimenti all'abbandono di cui lui stesso, prima come mezzadro dei Gavazzi e poi come affittuario, a lungo si era occupato.
E così, lui, contadino da sempre, si era prestato a far da grande saggio, trasmettendo, senza mai far mancare il proprio appoggio, quei saperi appresi letteralmente sul campo a operatori e ragazzi di tutte le provenienze, riusciti a modo loro, a rallegrargli le giornate come a farlo arrabbiare per le piccole cose di tutti i giorni. “Per loro – è stato letto in un ricordo proposto alla fine della funzione – ti sei sempre prodigato, a loro ti sei dedicato con amicizia disinteressata accostata ad affetto schietto, senza fronzoli”. Quell'affetto evidentemente ricambiato, con giovani arrivati anche a commuoversi nell'accompagnare Micheli nel suo ultimo viaggio terreno.
Ma, oggi, ha detto in apertura di cerimonia don Agostino, parlando a una navata ben affollata tanto da richiamargli alla mente il valore dell'unità e dello stare dunque insieme, deve essere anche il giorno della gioia, che “deve prendere il sopravvento, perché Valerio incontra il Padre”. Un incontro a cui arriva preparato, “perché ha capito che il tema d'esame è la carità”.
Dall'altare, affiancato dal parroco don Isidoro Crepaldi e da un altro confratello, don Agostino ho voluto sinterizzare anche alcuni doni ricevuti da Valerio, uomo della fedeltà (per ben 58 anni ha condiviso la sua esistenza con la sua Gianna, aprendo, prima ancora della Cascina le porte della sua casa a bambini bisognosi di accoglienza); uomo devoto a don Guanella; uomo veramente legato alla terra, con la sua asprezza e la sua dolcezza; uomo che si è fatto prezioso collaboratore, vigoroso nello stringerti la mano, pronto a offrire la sua energia e a trasmettere la sua dedizione al lavoro.
Doni offerti a chi lo ha incontrato in Cascina, doni da cui scaturisce il grazie che oggi, senza troppe parole, come sarebbe piaciuto anche a lui, gli è stato tributato dai tanti intervenuti al funerale. E che dovrà ora essere “trafficato”, per essere Chiesa in uscita e unita, come sottolineato da don Frasson.