In viaggio a tempo indeterminato/346: abbiamo perso un (bel) pezzo
59 sono i giorni che ci abbiamo messo per percorrere l'isola di Sulawesi da sud a nord.
59 così ci avanzava un giorno del visto che non si sa mai.
59 giorni sono tanti per restare su una sola isola.
59 giorni sono pochi se si pensa all'infinità di avventure che si possono vivere in un luogo del genere.
Sulawesi è uno di quei posti che nel nostro viaggio segneranno un prima e un dopo.
Diventerà un nuovo metro di giudizio per misurare valori come la genuinità e il senso di comunità.
Ma ci servirà anche per ricordarci che quella vocina aveva ragione.
No, non sentiamo le voci per ora, ma qualcosa da tempo ci diceva che a Sulawesi avremmo trovato quello che cercavamo.
La nostra piccola isola del tesoro, quella che su una mappa dei pirati sarebbe indicata con il simbolo di un forziere pieno di monete d'oro.
Poter vivere e filmare certe situazioni è stato per noi un regalo immenso.
E avendo una scarsa memoria, i video sono anche un buon modo per ricordare dettagli e luoghi.
Purtroppo però nel nostro album dei ricordi da scrollare, mancherà il finale della storia.
Perché la tecnologia ci ha abbandonato proprio alla fine, quando ormai Sulawesi l'avevamo salutata. Forse è stato il destino a decidere per noi, come volesse dirci "dovete tornare lì".
Un'altra vocina che dovremo ascoltare in futuro.
Certo sta vocina avrebbe dovuto alzare un po' il volume per farsi sentire, soprattutto quando a gran voce invocavamo gli dei dell'informatica.
Per farla breve e eliminare qualunque elemento fiabesco al racconto di Sulawesi, il viaggio è finito con un bel messaggio: "Errore scheda SD. Formattare."
Formattare vuol dire eliminare tutto il contenuto salvato su quella minuscola schedina rossa e nera che sembra un innocuo pezzettino di plastica ma contiene al suo interno ore di vissuto.
Niente di grave se quel contenuto è già stato salvato da qualche altra parte.
Un disastro se invece il contenuto l'hai appena finito di filmare.
Ovviamente noi ci trovavamo nella seconda situazione
E nonostante i tentativi nostri e di un pazientissimo tecnico informatico che ci ha visto arrivare disperati un sabato mattina, la situazione non è migliorata.
Abbiamo perso quasi due settimane di filmati del viaggio.
Ma non è tanto quello che ci è dispiaciuto, quanto la possibilità persa di mostrare un'altra faccia di Sulawesi.
Perché il sud e il centro dell'isola, nella loro complessità e profondità, ci hanno colpito nel profondo e ci hanno davvero conquistato.
Il nord dell'isola, invece, ci ha fatto vivere emozioni diverse.
Sicuramente il primo cambiamento l'abbiamo notato nel paesaggio. Sono spuntati vulcani ovunque.
Dalle piccole isole vulcano alle alte cime, questo pezzetto di Sulawesi è disseminato di sbuffanti coni che da un momento all'altro potrebbero eruttare.
Credo che vivere ai piedi di un vulcano sia un po' come abitare con un vicino focoso che da un momento all'altro potrebbe arrabbiarsi e farti andare via.
Un vicino che nella maggior parte dei giorni non ricordi nemmeno di avere perché se ne sta tranquillo e si fa i fatti suoi.
Ma anche se non lo noti e non si fa sentire, sai che c'è ed è lì in agguato.
Ecco il vulcano Lokon mi ha dato questa impressione.
Un montagnone di 1580 metri con la perfetta forma a cono del vulcano ma con una particolarità, il cratere non è sulla cima ma sul fianco, molto più in basso.
Vederlo da vicino, sentirne i rumori e osservare gli sbuffi di zolfo devo dire che mi ha fatto un certo effetto.
Il cerchio perfetto del cratere e quelle venature grigiastre sembrano dipinte e non reali.
Uno di quei paesaggi che in genere si definiscono come "lunari", forse perché tutti gli aggettivi terrestri non sembrano essere sufficienti a descriverli.
Molte delle clip che abbiamo perso raccontavano proprio della nostra salita al cratere, degli scivoloni sul sentiero bagnato, dell'odore di uovo marcio tipico dello zolfo.
Il tutto condito con le nostre facce arrossate e affaticate, ma felici e soddisfatte.
Decisamente meno compiaciuti erano invece i nostri sguardi nei video dell'ultima tappa del viaggio "sulawesiano".
Bunaken, il paradiso delle immersioni, famosa in tutto il mondo per la sua incredibile barriera corallina, diciamo che per noi non è stato il grande colpo di scena finale che ci aspettavamo.
Sicuramente il non aver fatto immersioni e aver passato più tempo bagnati per la pioggia che per l'acqua di mare, hanno contribuito a non rendere memorabile la nostra esperienza.
Ma non sono stati tanto il paesaggio, il clima o la natura a non convincerci, quanto più l'atmosfera generale. Abbiamo trovato un po' più di riservatezza nelle persone e un po' meno voglia di un incontro senza secondi fini. C'è da dire che questa è stata la zona dove abbiamo incontrato più turisti stranieri in assoluto a Sulawesi e questo sicuramente incide non poco sull'umore delle persone.
Ma a parte questi piccoli dettagli, l'esperienza generale su questa isola è stata incredibile.
E mi sa che questo è uno di quei casi in cui servirebbe un aggettivo "extraterrestre" per descrivere quello che abbiamo provato perché tutti gli aggettivi "terrestri" sarebbero riduttivi.
59 così ci avanzava un giorno del visto che non si sa mai.
59 giorni sono tanti per restare su una sola isola.
59 giorni sono pochi se si pensa all'infinità di avventure che si possono vivere in un luogo del genere.
Sulawesi è uno di quei posti che nel nostro viaggio segneranno un prima e un dopo.
Diventerà un nuovo metro di giudizio per misurare valori come la genuinità e il senso di comunità.
Ma ci servirà anche per ricordarci che quella vocina aveva ragione.
No, non sentiamo le voci per ora, ma qualcosa da tempo ci diceva che a Sulawesi avremmo trovato quello che cercavamo.
La nostra piccola isola del tesoro, quella che su una mappa dei pirati sarebbe indicata con il simbolo di un forziere pieno di monete d'oro.
Poter vivere e filmare certe situazioni è stato per noi un regalo immenso.
E avendo una scarsa memoria, i video sono anche un buon modo per ricordare dettagli e luoghi.
Purtroppo però nel nostro album dei ricordi da scrollare, mancherà il finale della storia.
Perché la tecnologia ci ha abbandonato proprio alla fine, quando ormai Sulawesi l'avevamo salutata. Forse è stato il destino a decidere per noi, come volesse dirci "dovete tornare lì".
Un'altra vocina che dovremo ascoltare in futuro.
Certo sta vocina avrebbe dovuto alzare un po' il volume per farsi sentire, soprattutto quando a gran voce invocavamo gli dei dell'informatica.
Per farla breve e eliminare qualunque elemento fiabesco al racconto di Sulawesi, il viaggio è finito con un bel messaggio: "Errore scheda SD. Formattare."
Formattare vuol dire eliminare tutto il contenuto salvato su quella minuscola schedina rossa e nera che sembra un innocuo pezzettino di plastica ma contiene al suo interno ore di vissuto.
Niente di grave se quel contenuto è già stato salvato da qualche altra parte.
Un disastro se invece il contenuto l'hai appena finito di filmare.
Ovviamente noi ci trovavamo nella seconda situazione
E nonostante i tentativi nostri e di un pazientissimo tecnico informatico che ci ha visto arrivare disperati un sabato mattina, la situazione non è migliorata.
Abbiamo perso quasi due settimane di filmati del viaggio.
Ma non è tanto quello che ci è dispiaciuto, quanto la possibilità persa di mostrare un'altra faccia di Sulawesi.
Perché il sud e il centro dell'isola, nella loro complessità e profondità, ci hanno colpito nel profondo e ci hanno davvero conquistato.
Il nord dell'isola, invece, ci ha fatto vivere emozioni diverse.
Sicuramente il primo cambiamento l'abbiamo notato nel paesaggio. Sono spuntati vulcani ovunque.
Dalle piccole isole vulcano alle alte cime, questo pezzetto di Sulawesi è disseminato di sbuffanti coni che da un momento all'altro potrebbero eruttare.
Credo che vivere ai piedi di un vulcano sia un po' come abitare con un vicino focoso che da un momento all'altro potrebbe arrabbiarsi e farti andare via.
Un vicino che nella maggior parte dei giorni non ricordi nemmeno di avere perché se ne sta tranquillo e si fa i fatti suoi.
Ma anche se non lo noti e non si fa sentire, sai che c'è ed è lì in agguato.
Ecco il vulcano Lokon mi ha dato questa impressione.
Un montagnone di 1580 metri con la perfetta forma a cono del vulcano ma con una particolarità, il cratere non è sulla cima ma sul fianco, molto più in basso.
Vederlo da vicino, sentirne i rumori e osservare gli sbuffi di zolfo devo dire che mi ha fatto un certo effetto.
Il cerchio perfetto del cratere e quelle venature grigiastre sembrano dipinte e non reali.
Uno di quei paesaggi che in genere si definiscono come "lunari", forse perché tutti gli aggettivi terrestri non sembrano essere sufficienti a descriverli.
Molte delle clip che abbiamo perso raccontavano proprio della nostra salita al cratere, degli scivoloni sul sentiero bagnato, dell'odore di uovo marcio tipico dello zolfo.
Il tutto condito con le nostre facce arrossate e affaticate, ma felici e soddisfatte.
Decisamente meno compiaciuti erano invece i nostri sguardi nei video dell'ultima tappa del viaggio "sulawesiano".
Bunaken, il paradiso delle immersioni, famosa in tutto il mondo per la sua incredibile barriera corallina, diciamo che per noi non è stato il grande colpo di scena finale che ci aspettavamo.
Sicuramente il non aver fatto immersioni e aver passato più tempo bagnati per la pioggia che per l'acqua di mare, hanno contribuito a non rendere memorabile la nostra esperienza.
Ma non sono stati tanto il paesaggio, il clima o la natura a non convincerci, quanto più l'atmosfera generale. Abbiamo trovato un po' più di riservatezza nelle persone e un po' meno voglia di un incontro senza secondi fini. C'è da dire che questa è stata la zona dove abbiamo incontrato più turisti stranieri in assoluto a Sulawesi e questo sicuramente incide non poco sull'umore delle persone.
Ma a parte questi piccoli dettagli, l'esperienza generale su questa isola è stata incredibile.
E mi sa che questo è uno di quei casi in cui servirebbe un aggettivo "extraterrestre" per descrivere quello che abbiamo provato perché tutti gli aggettivi "terrestri" sarebbero riduttivi.
Angela (e Paolo)