Per i 25 anni, Fondazione comunaria lecchese 'regala' alla città una Officina... di idee

La Fondazione comunitaria del Lecchese festeggia i 25 anni inaugurando la nuova sede dell’Officina Badoni in corso Matteotti, lo stabile che ospitava la mensa degli operai della storica e gloriosa azienda e ora ristrutturato e restituito alla città perché tra le aspirazioni vi è quello di farne un luogo di incontro e di confronto, nuova officina non più metallurgica ma di idee. 
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Alla storia della Fondazione, partita nel 1999, e alla presentazione dell’Officina è dedicato questo fine settimana. Con i primi appuntamenti nella giornata di oggi, venerdì 13: al mattino con la presentazione alla stampa in un incontro al quale sono intervenuti la presidente della fondazione Maria Grazia Nasazzi, il segretario Paolo Dell’Oro, l’architetto che ha progettato la ristrutturazione Elena Bianchi, l’impresa che ha eseguito i lavori con l’ingegner Paolo Valassi, il coordinatore del progetto di gestione Simone Buzzella e la creatrice del nuovo logo Mariangela Tentori di Teka Edizioni. Nel pomeriggio, il taglio del nastro vero e proprio con l’intervento delle autorità e anche del presidente emerito della fondazione Mario Romano Negri. Sabato e domenica, invece, giornate aperte con la possibilità per tutti i cittadini di visitare la struttura.
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La presidente Maria Grazia Nasazzi
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La Fondazione comunitaria del Lecchese, è nata il 18 febbraio 1999, germogliata dall’esperienza della Fondazione Cariplo, e fu la prima esperienza del genere in Italia e pertanto senza punti di riferimento ai quali guardare, con la necessità quindi di individuare giorno per giorno il percorsi da seguire e anzi tracciando la strada per altre istituzioni analoghe che sarebbero poi sorte nel Paese. Guidata per vent’anni da Mario Romano Negri, dal 2020 è presieduta da Maria Grazia Nasazzi. 
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Il segretario generale Paolo Dell'Oro
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La storia, i progetti per il territorio, i contributi erogati ad associazioni ed enti pubblici, gli interventi per affrontare le situazioni di emergenza su vari fronti, sono raccontati in un volume pubblicato proprio per celebrare il venticinquesimo. Tre i capitoli: un primo che racconta il periodo della nascita e della crescita dal 1999 al 2017; un secondo dedicato al divenire della fondazione una “piattaforma territoriale” e cioè una sorta di volano per una serie di progetti maturati all’interno delle singole comunità e quindi guardando agli anni tra il 2018 e questo 2024 che è anche il periodo caratterizzato dalla pandemia di covid che non poco ha influito sulla società; infine, la cosiddetta “Agenda 2030” e quindi il futuro da prefigurare partendo proprio dalle nuove esperienze che potranno prendere forma all’Officina.
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La mensa Badoni, sotto il nuovo auditorium

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Le ultime vestigia di una delle fabbriche simbolo della città, la “Antonio Badoni”, sono una palazzina di tre piani affacciata direttamente su corso Matteotti e per un certo periodo impropriamente chiamata “broletto”. Si tratta di un edificio realizzato nel 1842 in stile definito neogotico per via di quelle finestre dall’arco acuto che ne fanno la caratteristica peculiare. Aveva ospitato la centrale elettrica alimentata dalla storica fiumicella del Gerenzone e la mensa degli operai. Era destinata a una radicale ristrutturazione, seguendo il destino residenziale e commerciale dell’intera area industriale dismessa, sennonché proprio nel 1999 – una coincidenza che è quasi un presagio – la Sovrintendenza mise un vincolo che di fatto ne impedì lo sventramento.
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La facciata su Corso Matteotti prima e dopo i lavori

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Le successive traversie che hanno coinvolto la società edificatrice hanno finito con far diventare quella palazzina un rudere. Che non interessava ormai più a nessuno, non a caso quattro aste indette dal tribunale per la vendita dello stabile andarono deserte.
Finché, nel 2018, la Fondazione comunitaria ne decise l’acquisizione con il convincimento che altro destino se non sociale quell’immobile non avrebbe potuto avere. Nel 2021, quindi, l’affidamento all’architetto Elena Bianchi l’incarico di progettare la ristrutturazione e successivamente l’appalto dei lavori all’impresa Valassi Costruzioni.
Nel frattempo, c’era da risolvere qualche questione burocratica e contrattuale (è stato necessario riacquistare dal Comune una parte del complesso che al Comune era destinata dalla convenzione stipulata per consentire il via ai progetti urbanistici) e si è anche promosso un concorso di idee su destinazione e utilizzo con la partecipazione di una ventina tra enti e associazioni. E se sono stati premiati i primi tre classificati, in realtà la fondazione ha fatto tesoro di tutte le idee emerse nei vari elaborati presentati: «Non abbiamo perso per strada nessuno – ha detto Nasazzi -Anzi, si è aggiunto qualcuno».
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I nuovi spazi interni
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Si è così arrivati alla situazione odierna con la costitutizione di un’associazione temporanea di scopo – come viene definitiva in termine tecnico – tra alcune associazioni che operano nel settore sociale e scolastico (Acea, consorzio Consolida, cooperativa “Il grigio”, formazione professionale dell’Enaip, Fondazione Luigi Clerici, Les Cultures, Sineresi), affiancate da una rete di appoggio che coinvolge altri soggetti. Sarà proprio questa associazione a gestire gli spazi – complessivamente quasi 900 metri quadri su tre piani – dell’Officina.
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Al piano inferiore è stato realizzato un bar – chiamato, con una felice intuizione, Offi Coffee – e una sala studio collegata. Il bar (aperto a tutti) e la sala studio – è stato ripetuto più volte – vorrebbero essere un punto di riferimento soprattutto per giovani e studenti ma non solo. Al piano intermedio hanno trovato posto già dal luglio scorso gli uffici della Fondazione e c’è spazio per un’altra sala studio che potrebbe ospitare laboratori, doposcuola o altre attività didattiche.
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Infine, al piano superiore una grande sala destinata a ospitare mostre e conferenze e che già sta facendo registrare notevole interesse, visto che il calendario per il suo utilizzo è già esaurito fino al mese di dicembre compreso.
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I nuovi loghi
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Alle linee architettoniche fa riferimento anche il nuovo logo che la Fondazione ha deciso di adottare in occasione dei suoi 25 anni nel corso dei quali a rappresentare l’organismo era l’affresco di un soffitto della sede di Villa Locatelli, quartier generale anche dell’amministrazione provinciale. Ora c’è un logo più stilizzato ideato da Mariangela Tentori che richiama le finestre gotiche e che fa immaginare anche persone con le braccia alzate, nonché un ricciolo della grata in ferro a ricordare la tradizione metallurgica.
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Presentando le iniziative di questo fine settimana, sono stati anche proiettati un paio di filmati-spot realizzati da due giovani collaboratori – Roberto Milani e Simone Ripamonti – in qualche modo a indicare come l’Officina Badoni possa davvero diventare fucina di nuove iniziative per la città. 
L’Officina sarà visitabile domani (sabato 14) e domenica 15 dalle 10 alle 17. Nei due giorni, è inoltre programmata un’altra serie di appuntamenti: domani alle 16,30 trekking urbano lungo il Gerenzone con arriva all’Officina e proiezione del documentario “Gente di fiume” a cura di “Officina Gerenzone” mentre alle 18,30 musica con le associazioni giovanili “Briup” e “Rifugio”; domenica alle 11 incontro per gli iscritti al Fai con una proiezione sul restauro dei beni del Fondo e alle 18 musica con jazz set di “Biscotti biscotti” per chiudere alle 20 con “Stand up comedy” a cura dell’associazione giovanile “Ogvn”. Tra oggi e mercoledì prossimo si terranno inoltre incontri con amministratori pubblici, parroci, responsabili dei Fondi di comunità, soci e lavoratori coinvolti nella gestione dell’Officina Badoni, donatori e beneficiari della Fondazione.
A guidare i visitatori alla scoperta della struttura saranno i giovani del Fai. Scelta non casuale, è stato spiegato. Proprio i giovani del Fai avevano guidato lo scorso anno a visitare i cantieri in un’iniziativa che sorprese gli stessi organizzatori e i responsabili della Fondazione per l’alto numero di partecipanti. A dimostrare – è stato sottolineato – la capacità di mobilitazione del Fai ma anche di come l’edificio di corso Matteotti quale simbolo di un’era passata, sia nel cuore dei lecchesi. E infatti c’è stato che si è presentato a consegnate una un busta-paga del 1942 appartenente al papà operaio alla “Badoni”: «E’ giusto che la teniate voi».
Altre informazioni sul sito https://officinabadoni.it/
D.C.
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