Giir di Mont… letteralmente/12: ultima tappa con vista sul Legnone. Siamo a Deleguaggio, il più alto e selvaggio tra gli alpeggi premanesi

Dopo aver conosciuto i due “parenti” Solino e Piancalada, giungiamo all’ultimo alpeggio del nostro Giir di Mont… letteralmente. Dopo più di un mese di viaggio, attraverso luoghi magnifici, storia e curiosità, il nostro percorso sta per concludersi. Manca però un ultimo alpeggio da conoscere. È il più alto (1690 m.s.l.m.), isolato e selvaggio (è l’unico non ancora raggiunto dalla VASP) ed è situato proprio ai piedi del Monte Legnone: parliamo dell’alpe Deleguaggio.
Deleguaggio_1.jpg (140 KB)Il dodicesimo alpeggio del premanese si trova in un ambiente di alta montagna, in cui gli alberi si diradano per lasciare spazio alla vegetazione tipica di quelle quote. La goliardia campanilistica con gli altri mont lo descrive come scomodo e poco sfruttato in quanto troppo distante dal paese (circa due ore di salita a piedi). Quando si giunge in alpeggio, però, l’ambiente rustico, la natura, la pace e la semplicità di vita come un tempo lo rendono il luogo perfetto per rilassarsi e passare del tempo in allegria.
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A Deleguaggio nel periodo estivo gli alpigiani trascorrono quasi tutta la giornata in compagnia e talvolta si ritrovano anche in cascina a condividere la cena. Alle nove di ogni sera una campana segnala che è l’ora della recita del Santo Rosario, al cui termine gli alpigiani si fermano a chiacchierare oppure si radunano alla raal (il grande prato di fronte alle baite) a guardare le stelle. Anche a Deleguaggio – come su alcuni degli altri mont – è presente uno spiazzo che una volta era un bocciodromo e che oggi, dopo essere stato ampliato, rappresenta invece il campo da calcio e da pallavolo dell’alpeggio. E non è raro che alpigiani di tutte le età vi si ritrovino a giocare insieme!
lago_di_sotto_3.jpg (120 KB)Il mont più alto del premanese vanta poi una grande ricchezza di acqua (chissà che invidia a Chiarino…), grazie alla presenza a monte di due grandi laghi, il Lago di Sopra e il Lago di Sotto. Veri simboli dell’alpeggio e nota meta di escursioni, i due specchi d’acqua si trovano a circa quarantacinque minuti di cammino da Deleguaggio – infatti, gli alpigiani spiegano nella canzone del Grest del 1985 che “[…] se facciamo un salto fino ai Laghetti torneremo in tempo a mangiar spaghetti” - e alimentano il torrente che scorre alle spalle delle baite.
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Fino a qualche decennio fa era lo storico riàal che portava l’acqua fino alla cascina - dove permetteva di azionare la zangola e di tenere il latte al fresco – oltre ad alimentare il fontanòn (un grande pozzo) e la sère (la piccola pozza per i bambini, che, tra l’altro, è relativamente calda, in quanto l’acqua scorre su rocce sempre esposte al sole). Con gli anni, tutto il sistema è stato interrato ed oggi l’approvvigionamento d’acqua avviene attraverso l’acquedotto.
Ol_calecc.jpg (217 KB)Restando in tema, uno dei luoghi più cari agli alpigiani di Deleguaggio è certamente ól calècc, una freschissima sorgente d’acqua che, sia in inverno che d’estate, ha sempre la stessa temperatura. Si trova a qualche minuto di cammino dalle baite e - come fosse un rito - prima di pranzo e prima di cena gli alpigiani ci si recano in compagnia a riempire le brocche. E pensate che quest’anno la fonte era “presidiata” da uno stambecco, che sembrava quasi attendere l’arrivo degli alpigiani. “C’è l’acqua fresca che ci disseta se dal Legnone torniamo con fatica” recitano le stesse strofe dell’85.
madonna_lago_di_sotto_2.jpg (123 KB)Tornando qualche centinaio di metri più in alto, ricordiamo che al Lago di Sotto ci sono una baita e una bella statua della Madonna, benedetta nel luglio del 2008. Anche al Lago di Sopra si incontra un segno devozionale: si tratta in questo caso di un volto di Cristo in bronzo, posto in loco, per grazie ricevuta, da don Angelo Olgiati e da Giovanni Fazzini “Mat” il 25 agosto 1968. Entrambi, qualche tempo prima, erano usciti incolumi da due diversi incidenti stradali. La sottostante piccozza ricorda invece Graziano Buttera, giovane tragicamente perito in Grigna nel maggio del 1972. Infine, i due laghi sono la casa del cosiddetto “omîn da laach”, figura mitologica che – si raccontava, e si racconta, ai piccoli per farli andare a dormire – scendeva a Deleguaggio alla sera se i bambini non andavano a letto.
incendio_1944.jpeg (185 KB)Scendendo nuovamente in alpeggio, è interessante riportare alcuni fatti storici. Nella baita Rizzi, il 4 agosto del 1913, volendo poi salire il giorno dopo al Monte Legnone, pernottò Monsignor Achille Ratti, il quale nel 1921 divenne Papa Pio XI (alla baita a ricordo è stata affissa una targa). L’alpeggio fu anche protagonista di episodi di guerra. Nel 1944 i militi tedeschi bruciarono tutte le baite; gli alpigiani però ricostruirono gli edifici in breve tempo e così riprese la monticazione di mucche e capre. Nelle strofe di “Ól Giir di mónt” si certifica che “A Deleguàc sót al Lignóon ai fa formàc ma de quel bóon” (“A Deleguaggio, sotto al Legnone, fanno il formaggio, ma quello buono”), probabilmente perché anche l’erba per mucche e capre era ed è di ottima qualità.
Madonna_nei_pressi_dell_alpeggio.jpg (251 KB)Muovendoci infine verso l’ambito religioso – oltre ai segni devozionali presenti in corrispondenza dei due laghi – in alpeggio troviamo una statua della Madonna, posta nel 1983 in una grotta incavata nella roccia (situata qualche decina di metri sopra le baite). A Deleguaggio, infatti, da diverso tempo si reclamava la presenza di un simbolo religioso presso il quale ci si potesse radunare per la recita comunitaria del Rosario. Ai piedi dell’alpeggio – lungo la strada che da Premana sale verso Deleguaggio – troviamo inoltre la grande chiesetta di Maséntîghe, tipico punto per un’ultima sosta nell’ascesa, prima di raggiungere le baite. La cappella ospita una bella statua dell’Immacolata posta sull’altare e protetta da una campana di vetro. Proprio quest’anno si è celebrato il trentesimo anniversario della sua restaurazione pittorica: gli alpigiani hanno festeggiato con messa e gnocchi in compagnia.
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Lungo il sentiero che porta all’alpeggio troviamo inoltre una lapide posta a ricordo di Gloria Lizzoli, giovane premanese, e alpigiana di Deleguaggio, morta prematuramente sul Legnone nel 1997. A Gloria è dedicata anche la cronoscalata da Premana a Deleguaggio che si tiene ogni anno il 10 agosto (giorno del past). Infine, menzioniamo anche la chiesetta – incastonata nella roccia della basòlte – fatta erigere nel 1972 da Ferdinando Lizzoli, uscito illeso da una rovinosa caduta in quel punto.

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Che dire? “Lo spettacolo è finito”, come declamavano gli antichi romani. Il nostro tour degli alpeggi premanesi sta per terminare, non ci resta che ridiscendere verso Premana, dove anche noi taglieremo il nostro meritatissimo “traguardo”, come fanno ogni anno i tanti atleti che gareggiano sulle strade del Giir di Mont. Prima di lasciarci, però, due note conclusive.

Prima di tutto, i doverosissimi ringraziamenti: ai tanti alpigiani che hanno collaborato alla realizzazione di questa rubrica, contribuendo con i loro fantastici racconti, le loro affascinanti spiegazioni, le fotografie d’epoca e quelle recenti, e in generale la grande e disinteressata disponibilità e un po’ di puro entusiasmo premanese; un grazie anche a chi, settimana dopo settimana, ha seguito questa rubrica, con la quale chi scrive ha cercato di restituire uno spaccato curioso dei dodici alpeggi premanesi, tornando un po’ alle origini del Giir di Mont.

Per concludere, ecco un semplice elenco dei mont (così, giusto per non rischiare di dimenticarsene qualcuno nel caso facciate un salto a Premana…) con la loro traduzione in dialetto premanese:

In Val Marcia: alpe Chiarino (Ciarìin, 1.560 m.s.l.m.)

Nella Valle dei Forni: alpe Barconcelli (Barconscéi, 1.415 m.s.l.m.), alpe Casarsa (Caśarse, 1.180 m.s.l.m.), alpe Forno Sopra (Fórno Zzóre) e Forno Sotto (Fórno Zzót, 1.200 m.s.l.m.), alpe Vegessa (Veğèse, 1.200 m.s.l.m.)

In Val Fraina: alpe Fraina (Fraìne, 1.395 m.s.l.m.), alpe Caprecolo (Cavrècol, 1.360 m.s.l.m.), alpe Rasga (Raśghe, 1.080 m.s.l.m.)

Versante Nord-Ovest (sopra Premana): alpe Premaniga (Promanìghe, 1.400 m.s.l.m.), alpe Solino (Solìin, 1.600 m.s.l.m.), alpe Piancalada (Piancalàde, 1.480 m.s.l.m.), alpe Deleguaggio (Deleguàc, 1.690 m.s.l.m.)

E per “gli appassionati” ecco la versione integrale della filastrocca “Ól Giir di mónt”, le cui strofe ci hanno accompagnato per tutto il viaggio. Rileggendola, è possibile ripercorrere il percorso attraverso i dodici alpeggi, ricordandoli attraverso le peculiarità che abbiamo individuato per ognuno di essi. Vediamo se siete stati attenti…

(N.B. le strofe non tradotte sono quelle alle quali non abbiamo riferimento nella descrizione dell’alpeggio. Inoltre, ai due alpeggi di costituzione più recente, ossia Vegessa e Solino, la “datata” filastrocca non fa accenno)

“Chìcche carghe su in Ciarìin ai s’à da üsà a bèef ól vìin, perché lasü ai è ün pòo sfortünèe, se nól piööf ai patìs la sèe (Quelli che salgono in Chiarino [in estate a monticare le bestie] devono abituarsi a bere il vino, perché lassù sono un po’ sfortunati, se non piove patiscono la sete).

Laghèe stà quìj de Barconscéi, che a dile ciàre al è ün mónt de quìj bèi daan se pürtròp, quest a mél sa, gh’è sü tant pighès da maridà.

Ént in Casàrse, queste a l’è vége, ai à da fa ün böc in-tè la corège; daan s’a l’è pòche l’è èrbe bóne racomandèves a la Madóne (In Casarsa, questa è vecchia, devono fare un buco nella cintura; anche se è poca è erba buona, raccomandatevi alla Madonna).

Quìj dal Fórno de bòte ai sén dà perché ai gh’à còos che i òltri nói gh’à; quìj de sót ai gh’à ól viin bóon, quìj de sóre ai gh’à ól bèch dól Macaróon (Quelli del Forno si vantano perché hanno cose che gli altri non hanno; quelli sotto hanno il vino buono, quelli sopra hanno il becco del Macaróon).

Quìj da Fraìne ai sé conténte: cürte l’è l’èrbe bóon la polénte, àglie mange cól formàc magro, ai bèef l’aque bóne dól Ciarél Quadro (Quelli di Fraina si accontentano: l’erba è corta e la polenta è buona, la mangiano con il formaggio magro, bevono l’acqua buona del Ciarél Quadro).

Quìj da Cavrècol, mónt importànt daan s’al è mighe di püsèe granc, ai pèle gió tüc i Sas de Granóon per fà trè bèrle de sciargnóon (Quelli di Caprecolo, alpeggio importante anche se non è tra i più grandi, ripuliscono tutti i Sas de Granóon per raccogliere [solo] tre gerle di fieno selvatico).

Quìj da la Rasghe, cós ài da dì se marmotèe nóma per scì, ai à da stà ént trii miis al an i’ méz al mósch e ai tavàan (Quelli della Rasga cosa devono dire se vi lamentate per così poco, devono stare tre mesi all’anno in mezzo alle mosche e ai tafani).

Quìj che carghe a Promanìghe ai cöös ól lac có’ ‘ne branche de vvrìghe e  ól risòt àglie fa cöös da mat, stèe püür següür ch’al sà da gat (Quelli che salgono a Premaniga [in estate a monticare il bestiame] cuociono il latte con un mazzo di erica e il risotto lo fanno cuocere moltissimo, state pure sicuri che sa di bruciato).

Quìj che carghe in Piancalàde per pasà sü ‘j à da fa la cordàde, ‘j à da stà atènti sìre e matìin che nól ghè sé vie gió èl galìin (Quelli che salgono in Piancalada [in estate a monticare le bestie] per andare su devono fare la cordata, devono stare attenti mattina e sera che le galline non cadano a valle).

A Deleguàc sót al Lignóon ai fa formàc ma de quel bóon, ma ai sa mighe in dó’ trà la mèrde: i’ méz ai sàs al vée mighe sü èrbe.” (A Deleguaggio, sotto al Legnone, fanno il formaggio, ma quello buono, però non sanno dove spandere il letame: in mezzo ai sassi non cresce erba).

Rubrica a cura di Alessandro Tenderini
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