MedFest a Vendrogno, 'scrigno' culturale della Muggiasca tra codici e dipinti
Il cuore della giornata è stato, nel pomeriggio, il rito dei vespri con l’ensemble vocale “Harmonia Cordis” diretto da Giuditta Comerci, nella chiesa parrocchiale di San Lorenzo: eseguiti gli inni e i salmi secondo le partiture dell’Antifonario di Muggiasca, un codice trecentesco per secoli conservato a Vendrogno e ora custodito dalla Biblioteca Ambrosiana a Milano.
A fare da cornice una conferenza mattutina proprio per spiegare l’importanza dell’antifonario vendrognese con il prefetto dell’Ambrosiana monsignor Marco Navoni: il racconto del musicologo lecchese Angelo Rusconi sul ritrovamento sempre nella parrocchiale di Vendrogno di altre preziose partiture stampate a Venezia; le visite guidate alla chiesa di Sant’Antonio con uno strabiliante ciclo di affreschi del Cinquecento e a quella di San Sebastiano a Comasira con affreschi cinquecenteschi nel presbiterio e lacerti quattrocenteschi su un’altra parete.
Tutto ciò a ricordare come Vendrogno, oggi un paese di poco più di trecento abitanti quasi “sperduto” in una valle di una bellezza selvaggia ma ormai poco frequentata e dall’economia sofferente, nemmeno più Comune autonomo facendo ormai parte di Bellano, fosse invece un tempo talmente ricco e importante da potersi permettere codici e pitture preziosi.
E’ stata la giornata di sabato – 7 settembre – del Medfest, la rassegna medievale promossa dall’associazione lecchese Res Musica e che nelle terza edizione di quest’anno ha allargato i propri confini geografici interessando cinque province. «Quasi sei» aveva scherzato la direttrice artistica del festival Ancilla Oggioni presentando il calendario degli appuntamenti: oltre a Lecco, ufficialmente anche Monza, Bergamo, Sondrio e Varese. Ma in fondo anche Como, visto che il tempietto di San Fedelino sul lago di Novate Mezzola – che ha ospitato il secondo appuntamento della rassegna – è su terra comasca anche se raggiunto in barca dalla provincia di Sondrio.
L’antifonario, dunque. Risale alla Milano dei Visconti e contiene l’intero repertorio dei canti della liturgia ambrosiana, alcuni risalenti allo stesso Ambrogio, con le correzioni imposte dalla riforma dell’arcivescovo Carlo Borromeo nel Cinquecento. Un antifonario che ha consentito di recuperare le musiche di antichi brani che erano andati perduti e che da quattro secoli non si sentivano più, come ha spiegato monsignor Navoni. Diviso in due volumi, uno per i riti invernali e l’altro per quelli estivi, l’Antifonario di Muggiasca – così come è conosciuto – si deve a Fazio De Castoldi che operava nella chiesa milanese di San Michele Arcangelo ed è arricchito da miniature che da sole fanno immaginare un costo non indifferente dei volumi e suggeriscono quindi come Vendrogno dovesse essere una comunità particolarmente ricca per potersi permettere un doppio antifonario per l’epoca costosissimo.
Da parte sua, Rusconi ha parlato della scoperta non molto tempo addietro di altri tre libretti che si sono rivelati altrettanti gioielli. Rusconi era salito a Vendrogno proprio per consultare l’antico antifonario, allora ancora conservato nella cassaforte della parrocchia, quando si imbatté appunto in tre libretti, i cosiddetti “Mottetti C” con brani della grande polifonia rinascimentale, stampati nel Cinquecento in quella che era la più straordinaria tipografia musicale di Venezia, la stamperia di Ottaviano Petrucci che poi è stato il primo stampatore di musica nel territorio italiano. Sono libri rari e costosissimi e tali erano anche nel XVI secolo. L’edizione originaria di “Mottetti C” era articolata in quattro volumi (uno per ogni singola parte canora). Una collezione completa non è sopravvissuta. Ne esistono solo raccolte mancanti di uno o più volumi”. Solo sette raccolte in tutto il mondo, quella di Vendrogno (tre volumi su quattro) è l’ottava. Apparteneva a un tale Pietro Antonio Musoni de Battaglia di Mugiasca. Probabilmente un prete locale a testimoniare come nel Cinquecento ci fosse un clero che aveva grande cultura e grande disponibilità economiche.
Musoni, peraltro, è un nome che ritorna. Un altro Pietro Musoni, infatti, è il committente di una pregevole Deposizione affrescata nella chiesa di Sant’Antonio. E dunque, ecco le visite guidate (a cura di Gabriella Monti in Sant’Antonio e di Matteo Di Leo in San Sebastiano e San Lorenzo) a svelare un tesoro d’arte che sembrerebbe impossibile possa trovarsi in un piccolo paese dall’incerto destino nonostante chi ci viva s’impegni per valorizzarne le particolarità e prefigurare un futuro che non sia di abbandono.
Eppure, un tempo, nel Medioevo e fino a secoli più recenti (certo il Settecento e parte dell’Ottocento), Vendrogno e le varie frazioni che gli fanno corona contava circa mille abitanti, aveva terrazzamenti a vigne ed era soprattutto in una valle strategicamente importante. Dalla Muggiasca, passavano infatti – sul versante solatio dove sorge il paese e su quello opposto dove sarebbe poi stata realizzata la moderna carrozzabile – i collegamenti tra Milano e il Nord Europa, lungo le strade che giungevano a Lecco e risalivano in Valsassina per poi scendere verso il lago a Bellano e risalire verso la Valtellina e i Grigioni o la Valchiavenna, con tanto di diramazioni che raggiungevano altri valichi come quello verso la Repubblica Veneta. Vendrogno dunque si trovava in un punto cruciale del mondo globalizzato di allora. Altro che marginalità.
“Il viaggio” è il tema di quest’anno del festival – ha sottolineato Rusconi – e quale miglior rappresentazione del viaggio che una strada. Ma come viaggiavano gli uomini, viaggiavano anche i libri: l’Antifonario arrivato a Vendrogno da Milano, i “Mottetti C” arrivati da Venezia.
A fare da cornice una conferenza mattutina proprio per spiegare l’importanza dell’antifonario vendrognese con il prefetto dell’Ambrosiana monsignor Marco Navoni: il racconto del musicologo lecchese Angelo Rusconi sul ritrovamento sempre nella parrocchiale di Vendrogno di altre preziose partiture stampate a Venezia; le visite guidate alla chiesa di Sant’Antonio con uno strabiliante ciclo di affreschi del Cinquecento e a quella di San Sebastiano a Comasira con affreschi cinquecenteschi nel presbiterio e lacerti quattrocenteschi su un’altra parete.
Tutto ciò a ricordare come Vendrogno, oggi un paese di poco più di trecento abitanti quasi “sperduto” in una valle di una bellezza selvaggia ma ormai poco frequentata e dall’economia sofferente, nemmeno più Comune autonomo facendo ormai parte di Bellano, fosse invece un tempo talmente ricco e importante da potersi permettere codici e pitture preziosi.
L’antifonario, dunque. Risale alla Milano dei Visconti e contiene l’intero repertorio dei canti della liturgia ambrosiana, alcuni risalenti allo stesso Ambrogio, con le correzioni imposte dalla riforma dell’arcivescovo Carlo Borromeo nel Cinquecento. Un antifonario che ha consentito di recuperare le musiche di antichi brani che erano andati perduti e che da quattro secoli non si sentivano più, come ha spiegato monsignor Navoni. Diviso in due volumi, uno per i riti invernali e l’altro per quelli estivi, l’Antifonario di Muggiasca – così come è conosciuto – si deve a Fazio De Castoldi che operava nella chiesa milanese di San Michele Arcangelo ed è arricchito da miniature che da sole fanno immaginare un costo non indifferente dei volumi e suggeriscono quindi come Vendrogno dovesse essere una comunità particolarmente ricca per potersi permettere un doppio antifonario per l’epoca costosissimo.
Da parte sua, Rusconi ha parlato della scoperta non molto tempo addietro di altri tre libretti che si sono rivelati altrettanti gioielli. Rusconi era salito a Vendrogno proprio per consultare l’antico antifonario, allora ancora conservato nella cassaforte della parrocchia, quando si imbatté appunto in tre libretti, i cosiddetti “Mottetti C” con brani della grande polifonia rinascimentale, stampati nel Cinquecento in quella che era la più straordinaria tipografia musicale di Venezia, la stamperia di Ottaviano Petrucci che poi è stato il primo stampatore di musica nel territorio italiano. Sono libri rari e costosissimi e tali erano anche nel XVI secolo. L’edizione originaria di “Mottetti C” era articolata in quattro volumi (uno per ogni singola parte canora). Una collezione completa non è sopravvissuta. Ne esistono solo raccolte mancanti di uno o più volumi”. Solo sette raccolte in tutto il mondo, quella di Vendrogno (tre volumi su quattro) è l’ottava. Apparteneva a un tale Pietro Antonio Musoni de Battaglia di Mugiasca. Probabilmente un prete locale a testimoniare come nel Cinquecento ci fosse un clero che aveva grande cultura e grande disponibilità economiche.
Musoni, peraltro, è un nome che ritorna. Un altro Pietro Musoni, infatti, è il committente di una pregevole Deposizione affrescata nella chiesa di Sant’Antonio. E dunque, ecco le visite guidate (a cura di Gabriella Monti in Sant’Antonio e di Matteo Di Leo in San Sebastiano e San Lorenzo) a svelare un tesoro d’arte che sembrerebbe impossibile possa trovarsi in un piccolo paese dall’incerto destino nonostante chi ci viva s’impegni per valorizzarne le particolarità e prefigurare un futuro che non sia di abbandono.
Eppure, un tempo, nel Medioevo e fino a secoli più recenti (certo il Settecento e parte dell’Ottocento), Vendrogno e le varie frazioni che gli fanno corona contava circa mille abitanti, aveva terrazzamenti a vigne ed era soprattutto in una valle strategicamente importante. Dalla Muggiasca, passavano infatti – sul versante solatio dove sorge il paese e su quello opposto dove sarebbe poi stata realizzata la moderna carrozzabile – i collegamenti tra Milano e il Nord Europa, lungo le strade che giungevano a Lecco e risalivano in Valsassina per poi scendere verso il lago a Bellano e risalire verso la Valtellina e i Grigioni o la Valchiavenna, con tanto di diramazioni che raggiungevano altri valichi come quello verso la Repubblica Veneta. Vendrogno dunque si trovava in un punto cruciale del mondo globalizzato di allora. Altro che marginalità.
“Il viaggio” è il tema di quest’anno del festival – ha sottolineato Rusconi – e quale miglior rappresentazione del viaggio che una strada. Ma come viaggiavano gli uomini, viaggiavano anche i libri: l’Antifonario arrivato a Vendrogno da Milano, i “Mottetti C” arrivati da Venezia.
D.C.