Dagli esordi... 'sotto il Jolly' ai campioni sfornati: i 100 anni dell'Olginatese in pillole. Con gli auguri di mister Dionisi
Sullo stemma si legge distintamente 1968, 56 anni fa. È lunga quasi il doppio, però, la linea temporale dell'USD Olginatese, prossima a festeggiare il suo primo secolo di attività e dunque, sostanzialmente, il centenario del calcio giocato nel paese a pochi chilometri da Lecco.Tante, tantissime le vite che si sono intrecciate grazie a una società che, attraverso i cambiamenti del tempo, ha saputo mantenere intatta la propria vocazione, quella di lavorare per la crescita e la valorizzazione dei giovani in un contesto, comunque, di calcio vero, dal quale non a caso sono "nati" giocatori poi rimasti stabilmente nel professionismo. Come Jacopo Scaccabarozzi, ora in Serie C alla Turris, e Alessio Iovine, attuale capitano del Como neo promosso nel massimo campionato, solo per citare due esempi recenti.
Giocatori ma anche allenatori, come quell'Alessio Dionisi che ha visto decollare la propria carriera in panchina proprio a Olginate - la stessa squadra dove ha appeso gli scarpini al chiodo - nella stagione di Serie D 2014-15. E che ora, dopo tre annate in A con il Sassuolo, ha accettato la sfida di guidare l'ambizioso Palermo in cadetteria. "Ricordo con affetto l'esperienza all'Olginatese, dove si è conclusa la mia carriera da calciatore ed è iniziato il mio percorso da allenatore", il suo breve ma graditissimo commento dalla Sicilia, dove lo abbiamo raggiunto in questo inizio di stagione. "La parentesi da mister, seppur breve, è stata formativa e mi ha permesso di intraprendere questo viaggio con grande passione e determinazione. In occasione del centenario, auguro al club il meglio per il futuro".
Dionisi a parte, forse non basterebbe un libro per raccontare cento anni di storia (che a onor di cronaca sono un po' di meno, considerando che la società, già messa "in stand by" nel periodo a cavallo tra le due guerre, è stata poi rifondata nel 1968). Qualche aneddoto che i protagonisti portano ancora nel cuore, però, potrebbe aiutare.
"Alla mia epoca non avevamo nemmeno le strutture, andavamo a giocare al Bione. Gli allenamenti? Eh, in qualche modo ci si arrangiava... In inverno sfruttavamo il salone sotto al cinema Jolly, anche perché di sera senza luce artificiale era dura!". A parlare, qui, è Flavio Redaelli. Sì, uno di quei Redaelli, coloro che all'Olginatese hanno legato indissolubilmente la loro vita, a partire dal compianto Gianpaolo che, non a caso, è diventato per tutti, negli anni, "il Presidentissimo". Ma che, prima ancora, era più semplicemente il fratello di Flavio. "Io sono stato il primo capitano nel 1968, quando con la rifondazione siamo partiti dal CSI vincendo un torneo" racconta quest'ultimo. "Con me e Gianpaolo c'era il nostro gruppo storico, gente come Iginio Ravasio (che ora dà il nome al Palazzetto comunale di Olginate, ndr.), Giuseppe Fappiano e Ignazio Sacchi, che poi è stato il primo capitano nel momento del passaggio in FIGC. Che è scattato in modo naturale, perché il CSI era una realtà più giovanile, oratoriana, mentre noi puntavamo ad altro. E allora siamo partiti dalla Terza categoria, con tanto entusiasmo. Nel 2005 sono anche diventato presidente, ma al mio fianco c'era sempre mio fratello".
Il bianco e il nero a colorare giorni, mesi e anni, in poche parole. Non solo dei Redaelli – la cui dinastia è poi proseguita anche con Fabrizio, figlio di Flavio -, ma anche di Giuseppe Fappiano, uno per il quale la squadra "di casa" è più... di una squadra: "L'Olginatese è la mia vita: lì sono nato e lì morirò. Ci sono arrivato nel 1968, quando Paolo mi chiese di lasciare il Cisano. Non me ne sono più andato e non ho intenzione di farlo", le sue parole. "Fino a qualche anno fa allenavo, la Juniores principalmente, ma all'Olginatese ho fatto di tutto, pure il magazziniere e il collaboratore della Prima squadra. Ora sono un volontario, mi muovo tra il bar e la biglietteria ma anche altrove a seconda delle esigenze. I ricordi più belli? Te ne dico uno su tutti. Siamo in Seconda categoria, e nel girone di andata abbiamo fatto sette punti: il presidente chiede a me – che guidavo sempre la Juniores – di prendere in mano la squadra, per tentare l'impresa; ci salviamo a quota ventuno, incredibile. Di ragazzi bravi ne sono passati tanti, in generale. Adesso faccio un po' fatica con i nomi, ma i volti li ricordo quasi tutti. Io ho allenato Bianchimano, che è arrivato in Serie B. E poi Rada, Iovine, Scaccabarozzi... Gli ultimi tempi mi sono piaciuti meno, lo ammetto. Paolo, il mio presidente, non avrebbe mai approvato quella fusione con i meratesi, che infatti è andata come andata. Parlo assolutamente a titolo personale, lo preciso, ma sono contento che siamo di nuovo quelli di una volta".
Che poi, in questo caso, si tratta di tornare a un passato molto recente, di cui ha fatto parte anche Luca Dozio: ex assessore a Olginate, è letteralmente cresciuto nella società bianconera, in cui ha militato per oltre diciassette anni come portiere (e capitano) dalle giovanili fino alla Serie D, mollando il colpo solo nel 2000 per ragioni lavorative. Ma restando comunque in stretto contatto con l'USD, anche quando nel 2005, insieme ad altri amici, ha deciso di fondare il GSO, il Gruppo Sportivo dell'Oratorio San Giuseppe. "Non c'è mai stata nessuna concorrenza, gli obiettivi erano molto diversi" assicura. "Io l'Olginatese l'ho vista crescere in tanti modi, passando da una realtà a misura di "paesino", dalla dimensione familiare, a una società quasi professionistica se parliamo di organizzazione, sempre impegnata nella ricerca di giovani talenti e in grado di fare un calcio vero, con una qualità riconosciuta almeno a livello regionale. Per un lungo periodo, del resto, si è giocato contro squadre come Lecco, Oggiono, di cui l'Olginatese ha saputo diventare persino più importante. Ora sono cambiate tante cose, la società ha fatto le sue scelte, ma mi sembra di capire che la missione di fondo sia rimasta sempre la stessa, ovvero la valorizzazione dei giovani promettenti, che immagino sia fondamentale per andare avanti". "Il mio ricordo più bello? La vittoria al cardiopalma del campionato di Eccellenza: era forse il 1998, ce la siamo giocata ai rigori nello spareggio finale" racconta ancora Dozio. "Qualche anno prima, tra l'altro, avevamo trionfato in Promozione perdendo una sola partita in tutta la stagione. E poi abbiamo portato a casa anche la Coppa Italia regionale, un'esperienza molto gratificante".
Da un portiere a un altro, ecco Fabio Corti, alias "il Gatto". Il suo cuore è diviso a metà tra il Lecco - in cui ha disputato 272 partite detenendo tuttora il record di imbattibilità (807 minuti) - e l'Olginatese, la squadra del suo paese. "Per me è famiglia, dopo i blucelesti", ci confida. "In bianconero ho giocato circa quattro anni, sul finire della carriera, dopodichè ho allenato (in interregionale, occupandosi ovviamente anche dei portieri, ndr). Devo tutto a Fabio Galbusera, Giovanni Vassena e alla famiglia Redaelli: le nostre strade poi si sono divise, ma ogni tanto penso che mi piacerebbe tornare. Adesso, da una decina di anni, ho la mia Gatto School per la formazione dei "numero uno" del domani. Lavoro con vari club, per me ogni momento di calcio è un'esperienza utile per imparare qualcosa e crescere. Chissà, magari la festa del 7 settembre sarà un'occasione per parlarne anche con l'Olginatese...".
Non potrà essere presente alle celebrazioni per il centenario, invece, Jacopo Scaccabarozzi, nato e cresciuto proprio in paese, a poca distanza dal Centro sportivo di via dell'Industria, dove tuttora vive la sua famiglia. La sua carriera, del resto, è ancora in pieno svolgimento, nel panorama della Serie C e nello specifico alla Turris, in Campania: "Sarò sempre grato all'Olginatese, alle persone che mi hanno portato nel calcio "dei grandi" e mi hanno fatto esordire in Prima squadra ad appena 16 anni, in Serie D. Doveva essere solo un "test", invece poi sono rimasto lì, in maniera un po' inaspettata. I miei ricordi più belli sono legati alle persone, al Presidentissimo Redaelli e a tutti coloro che ogni giorno dedicano tempo ed energie al calcio, rappresentando un punto di riferimento per tanti giovanissimi. A livello sportivo, ovviamente, per me l'Olginatese ha rappresentato un passaggio fondamentale. Come allenatori ho avuto Falsettini e Delpiano, da cui ho imparato tanto: eravamo in Serie D, abbiamo vissuto due buone annate. Se magari tornerò in futuro? Chissà, mai dire mai… Galbusera mi chiede di farlo ogni volta che ci sentiamo, ma per ora non ci penso (ride, ndr)".
L'Olginatese, intanto, è pronta a scrivere nuovi capitoli della sua lunga storia. Sempre correndo dietro a un pallone, con i colori bianconeri ad avvolgere il cuore.
Giocatori ma anche allenatori, come quell'Alessio Dionisi che ha visto decollare la propria carriera in panchina proprio a Olginate - la stessa squadra dove ha appeso gli scarpini al chiodo - nella stagione di Serie D 2014-15. E che ora, dopo tre annate in A con il Sassuolo, ha accettato la sfida di guidare l'ambizioso Palermo in cadetteria. "Ricordo con affetto l'esperienza all'Olginatese, dove si è conclusa la mia carriera da calciatore ed è iniziato il mio percorso da allenatore", il suo breve ma graditissimo commento dalla Sicilia, dove lo abbiamo raggiunto in questo inizio di stagione. "La parentesi da mister, seppur breve, è stata formativa e mi ha permesso di intraprendere questo viaggio con grande passione e determinazione. In occasione del centenario, auguro al club il meglio per il futuro".
Dionisi a parte, forse non basterebbe un libro per raccontare cento anni di storia (che a onor di cronaca sono un po' di meno, considerando che la società, già messa "in stand by" nel periodo a cavallo tra le due guerre, è stata poi rifondata nel 1968). Qualche aneddoto che i protagonisti portano ancora nel cuore, però, potrebbe aiutare.
"Alla mia epoca non avevamo nemmeno le strutture, andavamo a giocare al Bione. Gli allenamenti? Eh, in qualche modo ci si arrangiava... In inverno sfruttavamo il salone sotto al cinema Jolly, anche perché di sera senza luce artificiale era dura!". A parlare, qui, è Flavio Redaelli. Sì, uno di quei Redaelli, coloro che all'Olginatese hanno legato indissolubilmente la loro vita, a partire dal compianto Gianpaolo che, non a caso, è diventato per tutti, negli anni, "il Presidentissimo". Ma che, prima ancora, era più semplicemente il fratello di Flavio. "Io sono stato il primo capitano nel 1968, quando con la rifondazione siamo partiti dal CSI vincendo un torneo" racconta quest'ultimo. "Con me e Gianpaolo c'era il nostro gruppo storico, gente come Iginio Ravasio (che ora dà il nome al Palazzetto comunale di Olginate, ndr.), Giuseppe Fappiano e Ignazio Sacchi, che poi è stato il primo capitano nel momento del passaggio in FIGC. Che è scattato in modo naturale, perché il CSI era una realtà più giovanile, oratoriana, mentre noi puntavamo ad altro. E allora siamo partiti dalla Terza categoria, con tanto entusiasmo. Nel 2005 sono anche diventato presidente, ma al mio fianco c'era sempre mio fratello".
Il bianco e il nero a colorare giorni, mesi e anni, in poche parole. Non solo dei Redaelli – la cui dinastia è poi proseguita anche con Fabrizio, figlio di Flavio -, ma anche di Giuseppe Fappiano, uno per il quale la squadra "di casa" è più... di una squadra: "L'Olginatese è la mia vita: lì sono nato e lì morirò. Ci sono arrivato nel 1968, quando Paolo mi chiese di lasciare il Cisano. Non me ne sono più andato e non ho intenzione di farlo", le sue parole. "Fino a qualche anno fa allenavo, la Juniores principalmente, ma all'Olginatese ho fatto di tutto, pure il magazziniere e il collaboratore della Prima squadra. Ora sono un volontario, mi muovo tra il bar e la biglietteria ma anche altrove a seconda delle esigenze. I ricordi più belli? Te ne dico uno su tutti. Siamo in Seconda categoria, e nel girone di andata abbiamo fatto sette punti: il presidente chiede a me – che guidavo sempre la Juniores – di prendere in mano la squadra, per tentare l'impresa; ci salviamo a quota ventuno, incredibile. Di ragazzi bravi ne sono passati tanti, in generale. Adesso faccio un po' fatica con i nomi, ma i volti li ricordo quasi tutti. Io ho allenato Bianchimano, che è arrivato in Serie B. E poi Rada, Iovine, Scaccabarozzi... Gli ultimi tempi mi sono piaciuti meno, lo ammetto. Paolo, il mio presidente, non avrebbe mai approvato quella fusione con i meratesi, che infatti è andata come andata. Parlo assolutamente a titolo personale, lo preciso, ma sono contento che siamo di nuovo quelli di una volta".
Che poi, in questo caso, si tratta di tornare a un passato molto recente, di cui ha fatto parte anche Luca Dozio: ex assessore a Olginate, è letteralmente cresciuto nella società bianconera, in cui ha militato per oltre diciassette anni come portiere (e capitano) dalle giovanili fino alla Serie D, mollando il colpo solo nel 2000 per ragioni lavorative. Ma restando comunque in stretto contatto con l'USD, anche quando nel 2005, insieme ad altri amici, ha deciso di fondare il GSO, il Gruppo Sportivo dell'Oratorio San Giuseppe. "Non c'è mai stata nessuna concorrenza, gli obiettivi erano molto diversi" assicura. "Io l'Olginatese l'ho vista crescere in tanti modi, passando da una realtà a misura di "paesino", dalla dimensione familiare, a una società quasi professionistica se parliamo di organizzazione, sempre impegnata nella ricerca di giovani talenti e in grado di fare un calcio vero, con una qualità riconosciuta almeno a livello regionale. Per un lungo periodo, del resto, si è giocato contro squadre come Lecco, Oggiono, di cui l'Olginatese ha saputo diventare persino più importante. Ora sono cambiate tante cose, la società ha fatto le sue scelte, ma mi sembra di capire che la missione di fondo sia rimasta sempre la stessa, ovvero la valorizzazione dei giovani promettenti, che immagino sia fondamentale per andare avanti". "Il mio ricordo più bello? La vittoria al cardiopalma del campionato di Eccellenza: era forse il 1998, ce la siamo giocata ai rigori nello spareggio finale" racconta ancora Dozio. "Qualche anno prima, tra l'altro, avevamo trionfato in Promozione perdendo una sola partita in tutta la stagione. E poi abbiamo portato a casa anche la Coppa Italia regionale, un'esperienza molto gratificante".
Da un portiere a un altro, ecco Fabio Corti, alias "il Gatto". Il suo cuore è diviso a metà tra il Lecco - in cui ha disputato 272 partite detenendo tuttora il record di imbattibilità (807 minuti) - e l'Olginatese, la squadra del suo paese. "Per me è famiglia, dopo i blucelesti", ci confida. "In bianconero ho giocato circa quattro anni, sul finire della carriera, dopodichè ho allenato (in interregionale, occupandosi ovviamente anche dei portieri, ndr). Devo tutto a Fabio Galbusera, Giovanni Vassena e alla famiglia Redaelli: le nostre strade poi si sono divise, ma ogni tanto penso che mi piacerebbe tornare. Adesso, da una decina di anni, ho la mia Gatto School per la formazione dei "numero uno" del domani. Lavoro con vari club, per me ogni momento di calcio è un'esperienza utile per imparare qualcosa e crescere. Chissà, magari la festa del 7 settembre sarà un'occasione per parlarne anche con l'Olginatese...".
Non potrà essere presente alle celebrazioni per il centenario, invece, Jacopo Scaccabarozzi, nato e cresciuto proprio in paese, a poca distanza dal Centro sportivo di via dell'Industria, dove tuttora vive la sua famiglia. La sua carriera, del resto, è ancora in pieno svolgimento, nel panorama della Serie C e nello specifico alla Turris, in Campania: "Sarò sempre grato all'Olginatese, alle persone che mi hanno portato nel calcio "dei grandi" e mi hanno fatto esordire in Prima squadra ad appena 16 anni, in Serie D. Doveva essere solo un "test", invece poi sono rimasto lì, in maniera un po' inaspettata. I miei ricordi più belli sono legati alle persone, al Presidentissimo Redaelli e a tutti coloro che ogni giorno dedicano tempo ed energie al calcio, rappresentando un punto di riferimento per tanti giovanissimi. A livello sportivo, ovviamente, per me l'Olginatese ha rappresentato un passaggio fondamentale. Come allenatori ho avuto Falsettini e Delpiano, da cui ho imparato tanto: eravamo in Serie D, abbiamo vissuto due buone annate. Se magari tornerò in futuro? Chissà, mai dire mai… Galbusera mi chiede di farlo ogni volta che ci sentiamo, ma per ora non ci penso (ride, ndr)".
L'Olginatese, intanto, è pronta a scrivere nuovi capitoli della sua lunga storia. Sempre correndo dietro a un pallone, con i colori bianconeri ad avvolgere il cuore.
Benedetta Panzeri