In viaggio a tempo indeterminato/342: l'indipendenza indonesiana
Agosto in Italia è sinonimo di vacanze, di caldo torrido, di fette di anguria ghiacciate.
In Indonesia, invece, vuol dire indipendenza.
Il 17 Agosto qui si è festeggiata l'indipendenza indonesiana.
È una festa che coinvolge tutti, grandi e piccini, e per la quale ci si prepara settimane, se non addirittura mesi prima. Un evento così importante e sentito che, devo ammettere, mi ha stranito e commosso vedere come viene vissuto.
Ma andiamo per ordine... indipendenza da chi?
La storia indonesiana non credo rientri nei libri di storia che si studiano a scuola, anche se è connessa a noi più di quanto si possa pensare.
Sì perché noi europei siamo andati a mettere lo zampino praticamente ovunque. Dal Sud America che parla spagnolo, al Vietnam che mangia baguette, passando per il tè inglese dell'India. E nemmeno l'Indonesia è stata risparmiata da quel barbaro e insensato fenomeno chiamato "colonizzazione".
In questo caso i colonizzatori sono stati gli olandesi che per più di 300 anni hanno controllato questa zona del mondo.
Centinaia di anni fa, prima che l'Indonesia fosse una nazione unita, questo vasto gruppo di isole era composto da piccoli regni, ognuno con una propria lingua e proprie tradizioni.
Tra tutti questi, i due più potenti erano un regno buddista nel sud di Sumatra e un regno indù nel centro di Giava.
Questa divisione terminò definitivamente nel 1300 quando tutte le isole indonesiane, insieme a Singapore, Brunei, Malesia, Filippine e Thailandia vennero inglobate nell'Impero Majapahit. I Majapahit governarono 200 anni lasciando poi il posto al Sultanato di Mataram, l'ultimo regno indipendente a governare l'Indonesia. Fu durante questo periodo che l'Islam si diffuse in tutto il Paese.
Nel 1595 la prima flotta olandese salpò dall'Olanda per raggiungere quelle lontane isole da cui arrivavano la maggior parte delle spezie.
In meno di dieci anni gli olandesi riuscirono a prendere il controllo su tutte le isole, schiavizzando la popolazione locale e costringendola a coltivare prodotti destinati soltanto all'esportazione e vendita in Europa.
Fu questo il destino dei poveri indonesiani per più di tre secoli, fino al 1942 quando i Giapponesi invasero l'Indonesia.
All'inizio i giapponesi vennero accolti come i liberatori, ma ben presto si dimostrarono ancora più brutali degli olandesi. È proprio il caso di dire, dalla padella alla brace.
Nel 1945 i giapponesi uscirono sconfitti dalla Seconda guerra mondiale e dovettero cedere le colonie. Così il 17 agosto 1945, l'Indonesia fu dichiarata indipendente dal primo presidente, Sukarno.
Finita qui? Eh no!
Nonostante la dichiarazione, gli olandesi si rifiutarono di riconoscere l'indipendenza dell'Indonesia e ne seguì una sanguinosa guerra civile.
Solo dopo quattro anni di guerra, gli olandesi finalmente cedettero riconoscendo l'indipendenza.
Ok, un bello spiegone di storia, fondamentale però per capire perché oggi la festa dell'indipendenza è uno dei giorni più importanti del calendario indonesiano.
Per organizzare al meglio l'evento, una delle prime cose da fare è la pulizia delle strade e delle case e la decorazione con bandiere indonesiane rosse e bianche. Vengono appese davvero ovunque. Sui muri degli edifici. Su dei lunghi pali di bambù da esporre davanti ai cancelli di casa. Sulle macchine e sui taxi blu condivisi che girano in città.
Il bianco e il rosso diventano i due colori principali di ogni strada, vietta o vicolo.
E mentre gli adulti decorano e addobbano, i bambini e i ragazzi tirano a lucido le loro divise per la sfilata dell'anno.
Nella settimana che precede il 17 Agosto, ogni giorno città e villaggi si fermano qualche ora per assistere alle sfilate.
Ci sono i più piccolini vestiti da poliziotti, pompieri, militari, principi e principesse che vengono fatti sedere nel retro di grandi furgoni.
Quelli più grandi invece marciano in gruppo, composti e ordinati nelle loro impeccabili divise della scuola.
Poi ci sono i ragazzi delle superiori che sfilano suonando e sbandierando.
Sono mesi che nelle scuole ci si prepara e i bambini sono molto coinvolti. Ci è capitato spesso di vedere dei gruppetti per strada il pomeriggio provare i passi della marcia o le canzoni da intonare.
E quando passa la sfilata, tutto si ferma. Le persone sistemano le sedie davanti casa e attendono. Le strade vengono chiuse. I motorini e le macchine sono parcheggiati a bloccare il traffico.
E alla fine in mezzo alla sfilata ci siamo finiti anche noi. Eravamo in motorino e stavamo cercando di tornare al nostro hotel, la strada però era chiusa per la sfilata. Appena ci hanno visto arrivare, le persone hanno iniziato a farci spazio insistendo perché ci infilassimo tra un gruppo e l'altro di ragazzi marcianti.
Non l'avessimo mai fatto!
L'attenzione si è spostata immediatamente su di noi, i due "bule" in motorino. Tutti hanno iniziato a salutarci, a urlarci "hello Mr" e "dari mana?" (da dove venite). Noi sorridevamo imbarazzati rispondendo "dari Italia". La gente rideva e ci batteva le mani, felice di vederci.
È stata una delle esperienze più surreali di sempre. Quelle persone erano lì riunite a festeggiare un'indipendenza tanto sofferta e voluta. Un'indipendenza dagli europei, da noi. Eppure ci stavano accogliendo con così tanto calore sincero.
Che lezione di umanità in questo gesto. Una dote di cui i colonizzatori di ieri e di oggi, sembrano non essere provvisti.
In Indonesia, invece, vuol dire indipendenza.
Il 17 Agosto qui si è festeggiata l'indipendenza indonesiana.
È una festa che coinvolge tutti, grandi e piccini, e per la quale ci si prepara settimane, se non addirittura mesi prima. Un evento così importante e sentito che, devo ammettere, mi ha stranito e commosso vedere come viene vissuto.
Ma andiamo per ordine... indipendenza da chi?
La storia indonesiana non credo rientri nei libri di storia che si studiano a scuola, anche se è connessa a noi più di quanto si possa pensare.
Sì perché noi europei siamo andati a mettere lo zampino praticamente ovunque. Dal Sud America che parla spagnolo, al Vietnam che mangia baguette, passando per il tè inglese dell'India. E nemmeno l'Indonesia è stata risparmiata da quel barbaro e insensato fenomeno chiamato "colonizzazione".
In questo caso i colonizzatori sono stati gli olandesi che per più di 300 anni hanno controllato questa zona del mondo.
Centinaia di anni fa, prima che l'Indonesia fosse una nazione unita, questo vasto gruppo di isole era composto da piccoli regni, ognuno con una propria lingua e proprie tradizioni.
Tra tutti questi, i due più potenti erano un regno buddista nel sud di Sumatra e un regno indù nel centro di Giava.
Questa divisione terminò definitivamente nel 1300 quando tutte le isole indonesiane, insieme a Singapore, Brunei, Malesia, Filippine e Thailandia vennero inglobate nell'Impero Majapahit. I Majapahit governarono 200 anni lasciando poi il posto al Sultanato di Mataram, l'ultimo regno indipendente a governare l'Indonesia. Fu durante questo periodo che l'Islam si diffuse in tutto il Paese.
Nel 1595 la prima flotta olandese salpò dall'Olanda per raggiungere quelle lontane isole da cui arrivavano la maggior parte delle spezie.
In meno di dieci anni gli olandesi riuscirono a prendere il controllo su tutte le isole, schiavizzando la popolazione locale e costringendola a coltivare prodotti destinati soltanto all'esportazione e vendita in Europa.
Fu questo il destino dei poveri indonesiani per più di tre secoli, fino al 1942 quando i Giapponesi invasero l'Indonesia.
All'inizio i giapponesi vennero accolti come i liberatori, ma ben presto si dimostrarono ancora più brutali degli olandesi. È proprio il caso di dire, dalla padella alla brace.
Nel 1945 i giapponesi uscirono sconfitti dalla Seconda guerra mondiale e dovettero cedere le colonie. Così il 17 agosto 1945, l'Indonesia fu dichiarata indipendente dal primo presidente, Sukarno.
Finita qui? Eh no!
Nonostante la dichiarazione, gli olandesi si rifiutarono di riconoscere l'indipendenza dell'Indonesia e ne seguì una sanguinosa guerra civile.
Solo dopo quattro anni di guerra, gli olandesi finalmente cedettero riconoscendo l'indipendenza.
Ok, un bello spiegone di storia, fondamentale però per capire perché oggi la festa dell'indipendenza è uno dei giorni più importanti del calendario indonesiano.
Per organizzare al meglio l'evento, una delle prime cose da fare è la pulizia delle strade e delle case e la decorazione con bandiere indonesiane rosse e bianche. Vengono appese davvero ovunque. Sui muri degli edifici. Su dei lunghi pali di bambù da esporre davanti ai cancelli di casa. Sulle macchine e sui taxi blu condivisi che girano in città.
Il bianco e il rosso diventano i due colori principali di ogni strada, vietta o vicolo.
E mentre gli adulti decorano e addobbano, i bambini e i ragazzi tirano a lucido le loro divise per la sfilata dell'anno.
Nella settimana che precede il 17 Agosto, ogni giorno città e villaggi si fermano qualche ora per assistere alle sfilate.
Ci sono i più piccolini vestiti da poliziotti, pompieri, militari, principi e principesse che vengono fatti sedere nel retro di grandi furgoni.
Quelli più grandi invece marciano in gruppo, composti e ordinati nelle loro impeccabili divise della scuola.
Poi ci sono i ragazzi delle superiori che sfilano suonando e sbandierando.
Sono mesi che nelle scuole ci si prepara e i bambini sono molto coinvolti. Ci è capitato spesso di vedere dei gruppetti per strada il pomeriggio provare i passi della marcia o le canzoni da intonare.
E quando passa la sfilata, tutto si ferma. Le persone sistemano le sedie davanti casa e attendono. Le strade vengono chiuse. I motorini e le macchine sono parcheggiati a bloccare il traffico.
E alla fine in mezzo alla sfilata ci siamo finiti anche noi. Eravamo in motorino e stavamo cercando di tornare al nostro hotel, la strada però era chiusa per la sfilata. Appena ci hanno visto arrivare, le persone hanno iniziato a farci spazio insistendo perché ci infilassimo tra un gruppo e l'altro di ragazzi marcianti.
Non l'avessimo mai fatto!
L'attenzione si è spostata immediatamente su di noi, i due "bule" in motorino. Tutti hanno iniziato a salutarci, a urlarci "hello Mr" e "dari mana?" (da dove venite). Noi sorridevamo imbarazzati rispondendo "dari Italia". La gente rideva e ci batteva le mani, felice di vederci.
È stata una delle esperienze più surreali di sempre. Quelle persone erano lì riunite a festeggiare un'indipendenza tanto sofferta e voluta. Un'indipendenza dagli europei, da noi. Eppure ci stavano accogliendo con così tanto calore sincero.
Che lezione di umanità in questo gesto. Una dote di cui i colonizzatori di ieri e di oggi, sembrano non essere provvisti.
Angela (e Paolo)